Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
In questi giorni prosegue l’unanime e “spontaneo” moto di opinione pubblica per spingere alle dimissioni il sindaco di Napoli Jervolino e il suo protettore, il governatore della Campania Bassolino. Nessun commentatore ha sinora ricordato come, sino a poco più di dieci anni fa, Bassolino era il beniamino dei media, che avevano inventato a sua gloria un inesistente “rinascimento bassoliniano”; un rinascimento di cui era incaricato di cantare le lodi nel mondo anche Renzo Arbore, bravissimo e simpaticissimo uomo di spettacolo, ma anche, purtroppo, noto collaboratore di centrali statunitensi di psychological war.
Nell’ambito della guerra psicologica americana, Arbore aveva svolto parecchie operazioni importanti.
Ad esempio, a metà degli anni ’80, aveva confezionato uno spettacolo televisivo di enorme successo, “Quelli della Notte”, che costituì un contenitore non solo di propaganda anticomunista, ma anche di propaganda anti-araba ed anti-islamica. Il tutto veniva insinuato attraverso un’abile illusione di spontaneità e casualità: l’attore Maurizio Ferrini ridicolizzava in ogni puntata il personaggio di una sorta di comunista tipico - ottuso e conformista -, la cui battuta/tormentone era “non capisco ma mi adeguo”.
L’attore americano Andy Luotto si esercitava invece nella parodia di un arabo; una parodia che, a suo dire, egli fu costretto a sospendere a causa di minacce di morte da parte di alcuni sconosciuti di provenienza araba. Insomma, lo scherzo, il divertimento, la finta improvvisazione diventavano il veicolo di messaggi da fissare nella mente degli spettatori, che così si abituavano alle due equazioni: comunista uguale a stupido, arabo/islamico uguale a terrorista.
Perché negli anni ’90 un agente della psychological war statunitense come Arbore divenne il cantore delle virtù di Bassolino?
Semplicemente perché in quel periodo Bassolino, allora ancora sindaco di Napoli, stava indebitando il Comune di Napoli con fondi di investimento statunitensi, attraverso l’emissione di BOC, Buoni Ordinari del Comune. Il generoso finanziamento americano avrebbe consentito a Bassolino di rinnovare il parco autobus del Comune.
All’epoca tutta l’opinione pubblica venne convinta che questi crediti erano stati concessi per la fiducia che la personalità di Bassolino aveva saputo ispirare agli investitori statunitensi; mentre il vero motivo era un altro: la garanzia costituita dal patrimonio immobiliare di proprietà del Comune di Napoli, certamente tra i più preziosi al mondo.
Per la finanza americana i patrimoni immobiliari europei costituiscono una preda di notevole importanza, se si considera che invece negli Stati Uniti gran parte dei patrimoni immobiliari è soggetta a gravi problemi di deperimento: a causa delle tecniche di costruzione, la durata media di una casa americana è di pochi decenni, mentre anche i grattacieli diventano strutture sempre meno longeve, che richiedono periodici abbattimenti.
In questo contesto, appropriarsi dei terreni edificabili diventa l’unica solida garanzia.
Il sospetto che il crollo delle dighe di New Orleans sia stato provocato a bella posta, è motivato proprio dal fatto che grazie a quel crollo i vecchi quartieri popolari della città sono scomparsi, lasciando spazio all’arrivo delle immobiliari legate alla cosca Bush-Cheney.
Con la sua suprema saggezza, il nostro ministro dell’Economia Tremonti ha ammonito dicendo che “il denaro non può creare denaro”; cosa che in effetti non ha mai pensato nessun finanziere, in quanto ogni speculatore finanziario sa benissimo che il capitale deve sempre passare per la rendita fondiaria per diventare e rimanere tale. A questa conclusione sul carattere decisivo della rendita fondiaria, era giunto persino Marx nel libro terzo de “Il Capitale”, in cui smentiva ciò che aveva detto nei due precedenti libri.
Anche nell’epoca dell’industria e dell’alta tecnologia, i patrimoni immobiliari rimangono il fondamento della ricchezza.
Il ministro Tremonti, per conto delle finanziarie statunitensi di cui è sicario, si sta occupando di rastrellare i patrimoni immobiliari delle Università e del Demanio pubblico. Č chiaro che però tutto questo non può bastare, poiché ci sono ancora i patrimoni dei Comuni su cui mettere le mani.
Il movente delle privatizzazioni è alla base di molte inchieste giudiziarie. Senza “Mani Pulite” - o “Tangentopoli”, che dir si voglia - non sarebbe stato possibile privatizzare molte aziende pubbliche. Il sistema dei partiti doveva essere assolutamente smantellato attraverso quelle inchieste, perché altrimenti non avrebbe ceduto la sua principale fonte di finanziamento.
In molti si sono chiesti cosa abbia cambiato la privatizzazione della SIP, divenuta Telecom. La differenza è che, in questo passaggio, il patrimonio immobiliare della SIP si è “volatilizzato” misteriosamente; cosa ben strana, trattandosi di “beni immobili”.
In tutte le diatribe sulle “toghe nere” e “toghe rosse”, non si è mai voluta prendere in considerazione la terza ipotesi, e cioè che le inchieste giudiziarie costituissero lo strumento di cosche affaristiche, in gran parte di provenienza statunitense, sempre affamate di patrimoni immobiliari da saccheggiare.
Alla caduta del sindaco Jervolino seguirebbe una scontata emergenza sui conti finanziari delle casse comunali, che giustificherebbe drastici provvedimenti di privatizzazione. Qui non si ricorre all’immaginazione, ma alla semplice memoria, poiché si tratta di copioni già visti e rivisti. All’inizio degli anni ’90, anche l’allora sindaco di Napoli, Polese, fu fatto fuori da un’inchiesta giudiziaria, con il risultato che il sindaco successivo, Tagliamonte, proclamò il dissesto del Comune, che servì a giustificare la privatizzazione delle aziende municipalizzate e dei relativi patrimoni immobiliari.
Dopo i patrimoni immobiliari del Banco di Napoli, dell’azienda del Risanamento, delle aziende municipalizzate napoletane, e mentre si avvia la privatizzazione dei patrimoni di quattro Università storiche napoletane (Federico II, Istituto Orientale, Politecnico, Secondo Policlinico), il patrimonio immobiliare del Comune, sarebbe l’ennesimo da saccheggiare. Non c’è male per una città che la propaganda colonialistica presenta come povera e dipendente dall’assistenza.
Niente di strano che ad occuparsi degli "Incontrolados" spagnoli del '36 e degli attuali "No control" greci, su "La Repubblica" di domenica 4 gennaio sia stato chiamato un supercontrollato come Guido Rampoldi, che, per narrare dei fatti del '36, ricorre a qualche smaccata mistificazione della
propaganda stalinista e franchista dell'epoca; mentre, per parlare di oggi, saccheggia il solito repertorio dei luoghi comuni pseudo-sociologici che imperversano sulle riviste pubblicate dalle varie polizie. Anche per informarci sugli Indios dell'Amazzonia, Rampoldi si rivolge a quella fonte imparziale che sono i fazenderos impegnati nel loro sterminio.
A coronare il tutto, c'è anche una citazione fuori contesto dell'anarchico Camillo Berneri, fatto passare per un guerrafondaio; così Rampoldi pensa di aver dato il suo contributo alla strategia della confusione attuata dai media.
Ma la cosa più curiosa dell'articolo, è la pretesa di Rampoldi di essere l'unico a sapere e capire di anarchismo; quindi gli anarchici, se vogliono poter esercitare, dovrebbero andare a prendere la patente da lui. Rampoldi non si accontenta di essere un controllato - come tutti i giornalisti -, ma
si sente una vocazione di controllore. Auguri!
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