Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il 7 ottobre scorso vi è stata la ricorrenza dei dieci anni dell'intervento della NATO in Afghanistan, un'occasione per mettere in piedi uno dei consueti rituali propagandistici di finta autocritica che cercano di far credere che esista una coscienza inquieta dell'Occidente che si confronta con i propri errori e le proprie manchevolezze. Certo, se si valutano questi dieci anni in base agli scopi dichiarati dell'intervento, allora la missione può essere considerata un fallimento; ma se si considera l'Afghanistan in termini di modello coloniale, in effetti il successo non può essere negato. Se infatti l'Afghanistan non avesse prodotto qualche risultato dal punto di vista degli interessi coloniali delle multinazionali, non vi sarebbe stata nel marzo scorso l'aggressione della NATO alla Libia per cercare di imporre quel modello anche lì.
L'irriducibilità della resistenza afgana e l'elevato numero di perdite da parte della NATO costituiscono a propria volta un fatto, ma va anche considerato che la guerra "legale" in Afghanistan consente al Pentagono di attribuire al fronte afgano i caduti su tutti i fronti illegali in cui le truppe statunitensi sono impegnate, compresi l'Iraq, la Somalia ed il Pakistan. Attribuire poi alla resistenza afgana una capacità di controllo del territorio maggiore alla realtà, risulta molto utile per scaricare sui Talebani la responsabilità dell'aumento della produzione e del traffico di oppio, che invece è gestito direttamente dalla NATO. La responsabilità della NATO nella produzione e nel traffico d'oppio costituisce un dato così evidente, che alla fine le autorità russe si sono decise a rilevarlo, anche se ancora senza accuse troppo esplicite; forse perché vorrebbero partecipare anche loro all'affare.[1]
La "ricostruzione" dell'Afghanistan procede a misura dei business delle multinazionali, che invadono ormai ogni aspetto della vita economica e sociale. A gestire l'istruzione superiore in Afghanistan è arrivata Goldman Sachs, ovviamente su formale "invito" del governo Karzai, ed infatti la multinazionale del credito ha messo su a Kabul un'università privata laddove prima era allocato l'antico palazzo reale, accaparrandosi anche i terreni circostanti, con tanto di sfratto dagli edifici abitati. La costruzione di questa nuova università privata non costituisce per Goldman Sachs soltanto l'occasione di un gigantesco business immobiliare, ma anche la prospettiva di coltivare una classe dirigente locale a proprio uso e consumo in vista degli affari del futuro.[2]
Sempre sotto la diretta tutela della NATO, Goldman Sachs infatti conduce in Afghanistan anche un programma di istruzione per le donne abbienti, in modo da iniziarle ai segreti del management e della gestione aziendale; circostanza che conferma il ruolo pedagogico che la multinazionale finanziaria è chiamata ufficialmente a svolgere nell'ambito dell'occupazione militare. Ce lo rivela enfaticamente il sito della stessa NATO.[3]
Si trema al pensiero di ciò che Goldman Sachs potrà insegnare ai giovani ed alle donne afgane, ed un'idea ce la si può fare in base ai precedenti di questa multinazionale, le cui gesta leggendarie spiccano nelle bibbie del crimine finanziario. Immaginiamoci i volenterosi studenti afgani che ascoltano incantati il racconto di come Goldman Sachs negli scorsi anni si era fatta affidare dal governo libico l'amministrazione di un miliardo e trecento milioni di dollari, e di come questi soldi siano spariti senza lasciare tracce. Per la verità Goldman Sachs ha tenuto a precisare che di quei soldi è sparito solo il 98%, quindi rimarrebbe ben un 2% a riprova della sua buona fede.[4]
Pare che il governo libico fosse ugualmente un po' infuriato e, per rabbonirlo, Goldman Sachs aveva offerto alla Libia di diventare azionista della multinazionale. Poi però tanta generosità da parte di Goldman Sachs non è stata più necessaria, dato che dal febbraio scorso Gheddafi è finito nel mirino del mobbing della "comunità internazionale", cioè della NATO. Anzi, il congelamento dei beni libici a causa delle sanzioni "umanitarie" contro Gheddafi, consente oggi a Goldman Sachs di detenere nelle proprie casse altri seicentocinque milioni di dollari libici in aggiunta ai soldi già "spariti".
L'altra grande multinazionale finanziaria statunitense, la JP Morgan, si è dovuta accontentare invece di poco più di cinquecentotredici milioni, sempre sottratti alla Libia. Lanciare accuse contro uno "Stato canaglia" costituisce un espediente molto semplice ed efficace per derubarlo del suo denaro depositato in banche estere; perciò non c'è da sorprendersi se in questi giorni anche l'Iran si trova improvvisamente fatto oggetto di accuse di terrorismo ed attentati contro le ambasciate saudite ed israeliane a Washington.[5]
Dopo aver incamerato dall'amministrazione Obama vari miliardi di dollari di fondi TARP a salvataggio delle banche, Goldman Sachs ha potuto così giovarsi di questo ulteriore premio, forse in considerazione del fatto che aver derubato un regime dittatoriale come quello libico di oltre un miliardo di dollari deve considerarsi un atto molto democratico. Il governo statunitense ha prelevato per sé una parte dei fondi libici sequestrati, accampando motivi "umanitari", cioè per pagarsi l'aggressione militare alla Libia e le relative bombe umanitarie; ma comunque non un prelievo tale da disturbare le due banche.[6]
Il nuovo governo "democratico" appena insediato in Libia dalla NATO non ha sinora preteso che Goldman Sachs restituisse i soldi; forse perché la NATO non lo considererebbe una prova di maturità democratica.
[1]
http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://english.ruvr.ru/2010/12/08/36436890.html&ei=CiqTTuOGB8qhOu6sgcwN&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=6&ved=0CE0Q7gEwBQ&prev=/search%3Fq%3Dopium%2Bnato%2Bafghanistan%2Brussia%26hl%3Dit%26sa%3DG%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26prmd%3Dimvns
[2]
http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.embassyofafghanistan.org/documents/AUAFFactSheet.pdf&ei=MBmTTob9MoKAOvrq6MsN&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=10&sqi=2&ved=0CHMQ7gEwCQ&prev=/search%3Fq%3Dgoldman%2Bsachs%2Bafghanistan%2Buniversity%26hl%3Dit%26rlz%3D1R2ACAW_it%26biw%3D960%26bih%3D507%26prmd%3Dimvns
[3]
http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.nato.int/cps/en/natolive/news_72069.htm&ei=3b-VTo-LEMSWOozNidcH&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=4&ved=0CDYQ7gEwAw&prev=/search%3Fq%3Dgoldman%2Bsachs%2Bnato%2Botan%26hl%3Dit%26sa%3DG%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26prmd%3Dimvns
[4]
http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2011-05-31/goldman-libia-flirt-finito-155358.shtml?uuid=Aa9fG7bD
http://online.wsj.com/article/SB10001424052702304066504576347190532098376.html?mod=WSJEurope_hpp_MIDDLETopStories
http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://www.guardian.co.uk/business/2011/may/31/goldman-sachs-libya-investment
[5]
http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201110112056-ipp-rt10246-terrorismo_usa_sventato_attentato_iran_amb_saudita_e_israele
[6]
http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://www.nypost.com/p/news/local/manhattan/mo_money_in_city_banks_uZuSUN6kXI3nzPeDztk00I
Al recente convegno dei "veri democratici" Rosy Bindi ha dichiarato che il primo impegno del prossimo governo di centrosinistra dovrà essere una legge sul conflitto di interessi. Regolare la materia costituirebbe in effetti una pietra tombale per il berlusconismo, ma se nessuno dei due governi di centrosinistra succedutisi nell'arco di questi ultimi quindici anni ha mai neppure provato ad abbozzare una legge in tal senso, ci sarà pure un motivo.
Berlusconi ha costituito certamente l'esasperazione e la caricatura del conflitto di interessi, cioè della coesistenza nello stesso soggetto di interessi legalmente incompatibili. Ma una legge che colpisse Berlusconi in tal senso, avrebbe rischiato di coinvolgere Romano Prodi, noto anch'egli per un suo personale conflitto di interessi, cioè la sua posizione di consulente per la multinazionale finanziaria Goldman Sachs. Si tratta della stessa situazione di incompatibilità che riguarda oggi anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, consulente della Goldman Sachs dal 2007, un dato che però l'opposizione di centro sinistra si è ben guardata dal sottolineare. Questo silenzio non doveva servire a proteggere soltanto Prodi, ma anche il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, e persino il successore in pectore di Berlusconi, cioè l'ex commissario europeo Mario Monti, tutti e due, manco a dirlo, legati a Goldman Sachs.[1]
C'è poi il conflitto d'interessi "a posteriori", per il quale esponenti della politica, non appena usciti di scena vanno ad occupare poltrone in multinazionali del credito, come è capitato all'ex Presidente del Consiglio Giuliano Amato, attualmente senior advisor di Deutsche Bank, nella quale Amato è stato accolto nel 2010, con sperticate dichiarazioni di elogio da parte dell'amministratore delegato della multinazionale, Josef Ackermann.[2]
Il macroscopico e plateale conflitto di interessi di Berlusconi è sinora servito a mettere in ombra queste ed altre situazioni di incompatibilità.
Non c'è quindi da sorprendersi che la lettera del presidente della Banca Centrale Europea, Trichet, che, oltre ai contenuti criminosi, di fatto delegittimava la funzione del ceto politico, non sia stata oggetto di reazioni indignate, semmai di approvazioni codine. Gli esponenti del ceto politico affidano infatti le loro speranze di carriera alla cooptazione in qualche gruppo dirigente di multinazionali finanziarie; ed anche un Enrico Letta spera evidentemente di seguire lo zio Gianni in Goldman Sachs.
Eppure di recente nientemeno che il "Wall Street Journal" è arrivato ad occuparsi delle numerose situazioni di conflitto di interessi in cui Goldman Sachs è implicata. Secondo il "Wall Street Journal", Goldman Sachs consiglia ai suoi investitori di speculare nei confronti del debito pubblico spagnolo, e ciò nello stesso momento in cui svolge i suoi servizi di consulenza finanziaria presso il governo della Spagna. La notizia ha riscosso un po' di attenzione anche sulla stampa nostrana.[3]
Il sito della Borsa italiana nello scorso luglio si è a sua volta interessato dei conflitti di interessi che riguardano il Fondo Monetario Internazionale, nel quale ha militato anche Trichet. Nel FMI le carriere dei dirigenti sono contrassegnate dalla provenienza da multinazionali del credito, tanto che si è cominciato ad insinuare il sospetto che le politiche di "sviluppo" (cioè di privatizzazioni) che il FMI impone ai Paesi con cui entra in relazione, vadano in realtà a vantaggio di quelle stesse multinazionali, soprattutto Goldman Sachs e JP Morgan. Guarda un po', ma chi l'avrebbe mai immaginato.[4]
Che la stampa specializzata in finanza cominci ad accennare alle questioni dei conflitti di interesse, in sé non è sorprendente, poiché si tratta di informazione rivolta al settore intermedio degli affari, che ha le sue possibilità di verificare l'attendibilità delle dritte, perciò può essere ingannato solo sino ad un certo punto.
Ciò non vale per la normale opinione pubblica, a cui si possono propinare le dichiarazioni dei banchieri come se fossero veri e propri vaticini. Lo scorso 20 dicembre arrivò in soccorso del già boccheggiante Berlusconi addirittura una dichiarazione ottimistica del dirigente supremo della JP Morgan, la più grande banca del mondo. Il regalo natalizio per il governo fu recapitato di persona dal presidente e amministratore delegato della JP Morgan, James Dillon, che deve molto del suo prestigio personale al fatto di avere un nome da sceriffo più che da banchiere. Dillon affermò con sicurezza che l'Italia non era stata risucchiata dalla crisi del debito e che contribuiva più di altri Paesi alla ripresa economica europea.
Ciò smentisce la storia che Berlusconi sarebbe stato solo lui, contro il mondo, a negare l'aggravarsi della recessione in Italia, ma congeda, nel contempo, anche la fiaba complementare di un Berlusconi in conflitto coi "poteri forti" sovranazionali, ai quali invece, in questa fase di turbolenza, fa gioco la sua inconsistenza politica ed umana, che allontana il rischio di sorprese.[5]
Poche settimane prima del regalo natalizio al suo fantoccio Berlusconi, il capo di JP Morgan aveva concesso un'intervista ad "Il Sole-24 ore" in cui aveva rassicurato gli Stati europei circa la volontà delle banche internazionali di non speculare sul loro debito (che disarmante sincerità!). Dopo aver ipocritamente rassicurato circa i pericoli di un default degli Stati europei, Dillon si era poi dedicato al suo argomento preferito, cioè l'emergenza previdenziale, cioè il rischio di un default del sistema pensionistico. Insomma, mentre ti allento (per il momento) il timore di un default, però te ne prospetto immediatamente un altro, giusto per continuare a tenerti sulla corda.[6]
Il motivo di tanta umana partecipazione alla sorte dei pensionati è forse dovuta al fatto che JP Morgan si è lanciata da tempo in questo settore, nell'ambito di un piano di privatizzazione del sistema pensionistico a livello mondiale; cosa che spiega anche perché i media abbiano trasformato l'emergenza previdenziale in un dogma sociale di cui non è ammesso dubitare.[7]
I banchieri costituiscono una categoria sicuramente odiata, ma ciò non toglie che detengano l'assoluta egemonia sul piano ideologico. Come tutte le caste sacerdotali che li hanno preceduti, anche i banchieri alimentano i propri privilegi agitando la paura del "default", un termine che può essere tradotto in molti modi, tra cui "mancanza".
Molte antiche caste sacerdotali, non solo quelle dei Maya e degli Aztechi, fondavano il proprio ruolo sul mito catastrofico dell'esaurimento del sole. Per impedire che il sole venisse a mancare, i sacerdoti imponevano sacrifici umani per rigenerare con il sangue la sua energia in via di esaurimento. C'è qualcosa che somiglia vagamente alla cronaca di questi anni. Il vantaggio che gli antichi avevano sui moderni, è che gli antichi non si illudevano di essere moderni.
Le pensioni non sono neppure l'unico business "povero" a cui JP Morgan è interessata, dato che oggi questa multinazionale finanziaria trae gran parte dei suoi profitti dalla gestione privata di un servizio pubblico come i buoni pasto per gli indigenti.
Gli indigenti ormai sono milioni, quindi ecco servita per le banche una miniera, questa sì inesauribile, da sfruttare per i prossimi decenni.[8]
L'assistenza per i poveri si rivela in realtà come un assistenzialismo per i ricchi. Se la miseria per le banche è un business, anzi il più grosso dei business, c'è parecchio da dubitare che le stesse banche siano effettivamente interessate al superamento della recessione.
[1] http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/03/06/prodi-con-goldman-sachs-fara-anche-il.html
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2007/06/letta-goldman.shtml?uuid=909fc446-1d74-11dc-ab9f-0000e251029&DocRulesView=Libero http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/12/14/mario-monti-advisor-di-goldman-sachs.html
http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www2.goldmansachs.com/
[2] http://www.db.com/italia/en/content/917.html
[3] http://www.achab50.it/article-le-profezie-che-si-auto-realizzano-godman-ribassista-sull-euro-83379480.html
[4] http://www.borsaitaliana.it/notizie/speciali/fondo-monetario-internazionale/crisi-finanziarie/fmi-finanza-globale/fmi-interlocutori-e-limiti-di-un-player-globale2.htm
[5] http://www.blitzquotidiano.it/economia/crisi-jpmorgan-italia-crisi-debito-687048/
[6] http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-12-03/dimon-senso-fallire-stati-063544.shtml
[7] http://www.soldionline.it/notizie/obbligazioni-italia/fondi-pensione-a-jp-morgan-altri-due-mandati-per-servizi-di-custodia
[8] http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://www.jpmorgan.com/tss/General/J_P_Morgan_Helps_Deliver_Early_Food_Stamps_Benefits_to_/1159375798116
http://www.youtube.com/watch?v=3lA016FzmYg
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