Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Sulla vicenda dell'aggressione NATO alla Libia dello scorso anno, quella parte della "sinistra" che ha aderito alla fiaba della rivoluzione democratica contro Gheddafi, potrebbe sempre accampare l'alibi di essere stata presa di sorpresa da una campagna propagandistica senza precedenti. Il fatto strano è che l'adesione acritica di quella parte della "sinistra" alla fiaba ufficiale si stia puntualmente ripetendo nel caso della Siria.
Il maggiore polemista e militante antimperialista negli Stati Uniti degli inizi del '900 è stato Mark Twain, il quale diceva che una bugia fa in tempo a fare il giro del mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe. Nel caso siriano però sono passati diciotto mesi dall'inizio dell'aggressione della NATO, perciò alla fine anche la verità è riuscita a mettersi le scarpe ed a fare un bel po' di strada.
Alla fine del 2011 le notizie sulle gesta dell'emiro del Qatar in Siria avevano libero corso già sulla stampa turca, dato che è appunto in Turchia che si sono installate dall'inizio dello scorso anno le basi dei mercenari che si infiltrano quotidianamente in territorio siriano. [1]
Ma ormai anche sul resto della stampa occidentale non si cerca più neppure di negare il ruolo decisivo del denaro, della televisione, delle armi e dei mercenari dell'emiro del Qatar, Al Thani, nella "rivoluzione" in Siria. Anzi, l'agosto scorso il quotidiano britannico "The Guardian" ha ritenuto che fosse persino il caso di pubblicare un articolo celebrativo sui moventi tutti "morali" che spingerebbero il Qatar a questo attivismo contro Assad. Il quotidiano britannico si spinge al punto di augurarsi che questo attivismo disinteressato del Qatar costituisca l'alba di una palingenesi morale e politica del Mondo Arabo. [2]
Il ruolo internazionale del minuscolo - ma danarosissimo - Emirato risale al vertice NATO di Istanbul del 2004, quando questo Paese è stato integrato a tutti gli effetti nell'imperialismo atlantico. In quell'occasione deve essere stato allestito il programma di aggressioni che abbiamo visto attuarsi negli ultimi due anni, con un ruolo enorme della emittente qatariota Al Jazeera. [3]
Da alcuni mesi vi sono segnali di tentativi di espansione del dominio televisivo di Al Jazeera anche in Italia, dove secondo il quotidiano "Il Sole-24 ore", l'emiro del Qatar starebbe cercando di acquisire la proprietà di La-7. [4]
Ancora più importante è l'accordo che la maggiore agenzia di notizie italiana, l'Ansa, ha stretto pochi giorni fa con l'omologa agenzia del Qatar, la QNA. Sono evidenti i risvolti di carattere militare di questo accordo, che va considerato un passo ulteriore nella militarizzazione dell'informazione riguardante i teatri di crisi nel Mediterraneo. [5]
Ma il controllo che il Qatar si assicura così sull'informazione italiana riguarda anche altri aspetti. Nell'aprile scorso il quotidiano "La Repubblica" anticipava qualcosa sulle manovre del Qatar per mettere le mani su Unicredit e Finmeccanica. Per quanto riguarda Unicredit, le manovre dell'emiro si sono concretizzate già dal giugno scorso con massicci acquisti azionari. [6]
Il Qatar è presente anche tra i potenziali acquirenti del piano di dismissioni del patrimonio pubblico messo in cantiere dal governo Monti, e gestito dall'attuale ministro dell'Economia, Grilli. Il Qatar ha assunto quindi un ruolo essenziale non solo nell'imperialismo militare della NATO, ma anche nel suo imperialismo finanziario e commerciale. Su tutti questi fatti non sono mancate le notizie di stampa, e neppure gli approfondimenti seri su internet, ma l'opinione pubblica italiana nel frattempo era stata attratta e distratta dalle consuete sceneggiate sulla corruzione della "Casta". [7]
All'emiro Al Thani è stato riconosciuto anche un ruolo di campione dei diritti umani. Nel momento in cui il Qatar aggredisce la Siria, lo stesso Qatar è membro del Consiglio dell'ONU per i Diritti Umani, quindi l'emiro può anche fare la parte del giudice super partes contro Assad. Abituato a recitare tutte le parti in commedia, l'emiro da una parte aggredisce Siria, dall'altra parte sollecita un intervento armato "pacificatore" della Lega Araba. [8]
Al Thani ha dimostrato di non essere un semplice esecutore, ma un gangster che sa il fatto suo; d'altra parte risulta un po' irrealistico ritenere che il Qatar abbia potuto assumere un ruolo così centrale soltanto in base alle proprie risorse. La storia del Qatar ci presenta questo Stato come un ex protettorato britannico, e lo stesso potere della famiglia Al Thani come una concessione della Gran Bretagna. [9]
Che il Qatar sia rimasto in effetti un protettorato britannico, è più di un sospetto, e spiegherebbe tanta fiducia nei suoi confronti da parte dei vertici della NATO. Anzi, il Qatar, più che una colonia britannica appare come una colonia della famiglia reale inglese, una specie di feudo familiare. Negli articoli celebrativi sul Qatar che affollano la stampa britannica, si ammette candidamente che l'emiro Al Thani può agire tranquillamente in Gran Bretagna grazie ai rapporti personali con la famiglia reale inglese. Il "Daily Mail" ha riportato una notizia secondo cui l'emiro ha potuto concludere un grosso affare immobiliare solo grazie ad una lettera privata di presentazione da parte del principe Carlo. [10]
I reali inglesi sono famosi soprattutto per le loro vicende mondane, ma il dato più significativo che li riguarda consiste nel fatto che controllino la più grande banca britannica, la storica Royal Bank of Scotland, che in questi mesi è stata salvata dal fallimento grazie al denaro dei contribuenti britannici. Nel 2009 il principe Carlo promosse personalmente una ristrutturazione dei vertici della banca, andata in passivo per le solite vicende di titoli tossici. [11]
Ma la stessa Royal Bank of Scotland può avvalersi di accordi che le conferiscono una sorta di status privilegiato in Qatar. Se il Qatar investe in Gran Bretagna, la famiglia reale inglese investe in Qatar, e ne alleva e seleziona la classe dirigente attraverso i programmi di "aiuto allo sviluppo" della Royal Bank of Scotland. In fatto di gangsterismo, Al Thani ed i suoi collaboratori sono quindi debitori del know-how alla famiglia reale inglese, la quale in questo campo certamente non ha nulla da farsi insegnare da nessuno. [12]
[1] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.turkishnews.com/en/content/2011/12/31/qatar-creates-anti-syria-mercenary-force-based-in-turkey/&prev=/search%3Fq%3Dqatar%2Bmercenaries%26hl%3Dit%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=8UlhUPuEAoTctAaXuIGQBw&ved=0CEkQ7gEwBA
[2] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/aug/08/qatar-syria-opposition&prev=/search%3Fq%3Dsyria%2Bqatar%26hl%3Dit%26biw%3D960%26bih%3D513%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=EotgUN_-K4_gtQbo64DwCw&sqi=2&ved=0CDEQ7gEwAA
[3] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=fr&u=http://www.nato.int/cps/fr/natolive/topics_52956.htm&prev=/search%3Fq%3Dqatar%2Bnato%2Botan%26hl%3Dit%26sa%3DN%26biw%3D960%26bih%3D513%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=0IxgUP2zD8TitQaD34CgDg&ved=0CC0Q7gEwAQ
[4] http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-07-05/mire-qatar-italiana-064153.shtml?uuid=AbPrdw2F
[5] http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cultura/2012/09/18/Firmato-accordo-Ansa-agenzia-Qatar-Qna-_7493280.html
[6] http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/04/17/lo-shopping-dell-emiro-del-qatar-nel.html
http://www.ilnuovomercato.it/?p=19965
[7] http://geopoliticamente.investireoggi.it/litalia-svende-il-qatar-compra/
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=print&sid=10851
[8] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.ohchr.org/EN/HRBodies/HRC/Pages/CurrentMembers.aspx&prev=/search%3Fq%3Dhuman%2Brights%2Bcouncil%2Bun%2Bmembership%26hl%3Dit%26biw%3D960%26bih%3D513%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=SkxhUIWvO87GswaOh4FI&ved=0CD4Q7gEwAg
http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Esteri/Siria-Qatar-intervento-militare-arabi/25-09-2012/1-A_002800416.shtml
[9] http://www.treccani.it/enciclopedia/qatar_(Dizionario-di-Storia)/
[10] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.dailymail.co.uk/news/article-2113159/Qatar-bought-Britain-They-Shard-They-Olympic-Village-And-dont-care-Lamborghinis-clamped-shop-Harrods.html&prev=/search%3Fq%3Dbritish%2Broyal%2Bfamily%2B%2Bqatar%26hl%3Dit%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=HVNhUL7lLcT2sgaj44CYDQ&ved=0CCYQ7gEwAA
[11] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.mirror.co.uk/news/uk-news/prince-charles-dumps-rbs-boss-372885&prev=/search%3Fq%3Droyal%2Bbank%2Bof%2Bscotland%2Bprince%2Bcharles%26hl%3Dit%26prmd%3Dimvnso&sa=X&ei=RjljUJScLoaWswbKn4HgBA&ved=0CCcQ7gEwAA
[12] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.ipfa.org/news/12957/rbs-pledges-its-expertise-to-support-long-term-qatar-growth&prev=/search%3Fq%3Dthe%2Broyal%2Bbank%2Bof%2Bscotland%2Bplc%2Bqatar%26start%3D10%26hl%3Dit%26sa%3DN%26biw%3D960%26bih%3D513%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=HFJhUOdpj8yzBov0gcAK&ved=0CGkQ7gEwCTgK
La scorsa settimana si è registrato un ritorno in grande stile dello spettro dello "scontro di civiltà", che sarebbe stato evocato dalla questione di un filmetto insignificante, di cui per un anno non era fregato niente a nessuno. Lo spettro agitato dai media ha consentito di aggirare quelle che erano le vere anomalie da spiegare, e cioè come mai l'ambasciatore statunitense risiedesse a Bengasi e non nella capitale ufficiale della Libia. Ritorna quindi la questione rimasta in sospeso un anno fa, quella famosa "presa di Tripoli" sulla quale non esiste ancora una versione attendibile. Che la Libia occidentale sia in realtà rimasta fuori del pieno controllo della NATO, ormai è più di un sospetto; ed il controllo della NATO pare vacillare persino in Cirenaica, tanto è vero che sono in arrivo i marines.
Se si considera la propaganda ufficiale come un fenomeno unico, con schemi ricorrenti, ci si accorge che il diversivo-distrazione costituisce una delle costanti riscontrabili in ogni tipo di questione. Ma la costante principale, quella che rende credibile ogni diversivo ed ogni piroetta nell'individuare il nemico dell'umanità di turno, è sempre l'odio razziale. Il bersaglio può essere, di volta in volta, costituito dai "dittatori" laici come Saddam Hussein, Gheddafi e Assad, oppure dall'integralismo islamico, ma non cambia mai quel senso di supremazia morale e razziale che rappresenta l'indispensabile falsa coscienza del colonialismo. Si tratta di quel senso di supremazia morale e razziale che si riassume nello slogan di "Occidente". Si tratta di uno slogan che riesce a commuovere anche chi si ritenga anticolonialista, perché è ormai consolidato il culto delle mitiche "libertà occidentali"; quelle che consentono di fare vignette contro Maometto, ma non di parlare in un telegiornale della presenza dei mercenari della NATO in Siria.
Lo schema propagandistico non muta neppure quando si tratta di individuare il nemico interno, cioè il lavoro. In questo caso è lo sfondo ideologico dell'odio di classe - un razzismo interno -, ad aver reso credibile un personaggio assurdo come Marchionne. Il sociologo Luciano Gallino ha avuto buon gioco a dimostrare che il rallentamento del mercato dell'auto non può spiegare il crollo della FIAT all'ultimo posto delle vendite. Oggi si è arrivati al punto di supplicare la Volkswagen di liberarci da Marchionne; ma il ruolo di deindustrializzatore dell'Italia e di sicario delle multinazionali americane svolto dallo stesso Marchionne, era già evidente due anni fa, eppure gli è stato sufficiente l'antioperaismo per poter giustificare tutto. Che il lavoratore in qualche modo abbia sempre torto, è una convinzione profonda, radicata anche in molti di coloro che sono convinti di stare dalla parte del lavoro, e ciò dà spazio ad ogni provocazione.
Un'altra notizia della scorsa settimana infatti ha riguardato gli strali lanciati da Mario Monti contro lo Statuto dei Lavoratori, una legge che sarebbe colpevole di aver sfavorito proprio coloro che voleva favorire, in quanto avrebbe scoraggiato le assunzioni. Ecco una bella esca per un dibattito "epocale", di quelli capaci di tirare in ballo l'eterno conflitto tra i "valori" e la "dura realtà del Mercato"; infatti il segretario del PD, Bersani, si è affrettato a definire "epocale" lo Statuto dei Lavoratori, cosa che non gli ha impedito di affossarlo pochi mesi fa in parlamento. A scusante di Bersani però va anche detto che fare il finto partito di sinistra negli anni '60 e '70 era molto più facile, perchè c'erano le industrie e la classe operaia aveva un peso oggettivo, mentre un'Armata Rossa ancora in sella impediva alla NATO di inventarsi un'avventura militare ogni cinque minuti.
Monti ha respinto le accuse di essere a capo di un governo delle banche, ed ha parlato di "caccia alle streghe", come se fosse una povera vittima dell'intolleranza e della superstizione. Sta di fatto però che nessuno è sinora riuscito a spiegare in che cosa le esili, e ormai residue, garanzie dello Statuto dei Lavoratori ostacolerebbero i famosi e fantomatici "investimenti", mentre al contrario si fanno strada dati e notizie sull'interesse crescente del lobbying bancario nell'alimentare precarizzazione e disoccupazione.
Sul quotidiano britannico "The Indipendent" del 18 agosto scorso si pubblicavano alcuni dati ufficiali che dimostrano come precari e disoccupati siano divenuti bersaglio prioritario dell'offerta di servizi di carta credito. Una volta allettati con condizioni di vantaggio, i clienti si trovano poi a pagare interessi che superano il 18%. L'aumento della disoccupazione in Gran Bretagna non ha quindi diminuito la possibilità di acquisire una carta di credito, ma ha persino reso inevitabile per disoccupati l'accedere a questo "servizio". Un'anomalia del tutto apparente, che si spiega con la possibilità di indebitarsi che queste "card" offrono. [1]
Mesi fa Mario Monti ci ha intrattenuto sulla "noia" costituita dal posto fisso, una condizione noiosa proprio perché non costringe a doversi necessariamente sottoporre ai patemi d'animo dell'indebitamento per sopravvivere. Nell'altro Paese all'avanguardia nella finanziarizzazione dei rapporti sociali e lavorativi, cioè gli Stati Uniti, le agenzie pubbliche per il controllo e l'assistenza alla disoccupazione sono infatti da tempo diventate esse stesse agenzie di collocamento per carte di credito e crescono anche gli spazi pubblicitari per questo tipo di "servizio", di cui i disoccupati diventano fruitori praticamente obbligati. In California l'EDD (Employment Development Department) è in realtà un ente assistenziale per banchieri, ed infatti fa da sensale a Bank of America per piazzare carte di credito ai disoccupati. [2]
In tal modo i disoccupati vengono anche costretti pressoché esclusivamente all'uso di denaro elettronico; cosa che riempirà sicuramente di gioia Milena Gabanelli, poiché impedirà ai disoccupati di evadere il fisco. [3]
[1] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.independent.co.uk/money/loans-credit/unemployed-targeted-by-credit-card-firms-8057304.html&prev=/search%3Fq%3Dunemployed%2Bcards%26hl%3Dit%26rlz%3D1G1GGLQ_ITIT293%26biw%3D853%26bih%3D386%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=bA1WUKTsEYij4gSvkIHICg&ved=0CEwQ7gEwBQ
[2] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://edd.ca.gov/About_EDD/The_EDD_Debit_Card.htm&prev=/search%3Fq%3Dunemployed%2Bcards%26hl%3Dit%26rlz%3D1G1GGLQ_ITIT293%26biw%3D853%26bih%3D386%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=bA1WUKTsEYij4gSvkIHICg&ved=0CCUQ7gEwAA
[3] http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-de9c6b68-61b6-4940-a62f-6709534774fb.html?refresh_ce
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