Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Adesso anche le ministre Cancellieri e Severino possono vantare il loro caso "nipote di Mubarak". Infatti il rapporto del Raggruppamento dei Carabinieri per le investigazioni "scientifiche" sul presunto "rimbalzo" dei lacrimogeni sulla facciata del Ministero della Giustizia, può certamente fare il paio in fatto di spudoratezza con quel voto parlamentare che sancì solennemente l'illustre parentela di Ruby. Ad un anno di distanza dall'inizio del suo mandato, si deve dunque constatare che Mario Monti non è riuscito a tenere fede neanche al suo impegno di "sobrietà", visti i tanti episodi farseschi che hanno contrassegnato l'esperienza del suo governo.
Purtroppo non esiste un monopolio italiano della cialtroneria, come sta dimostrando la triste vicenda dei cugini d'Oltralpe. Chi sperava che il nuovo presidente francese, François Hollande, potesse rappresentare una discontinuità rispetto al nefasto Nicholas Sarkozy, oggi non solo dovrebbe rimanere deluso, ma addirittura pietrificato. A differenza di Obama, il presidente Hollande non si è giovato di un alone mitologico in grado di affascinare le masse e di annullare i dati di fatto. Molte persone, letteralmente, non vogliono sapere nulla del denaro delle lobby che controllano Obama, o della sua Kill List, o della truffa di Medicare.
Ci si comincia invece già a rammaricare della scarsa determinazione che Hollande sta dimostrando nell'opporsi alla politica finanziaria imposta dal governo tedesco; ma la rinuncia francese alla propria indipendenza riguarda anche aspetti più decisivi. Come Sarkozy aveva fatto da battistrada per l'aggressione alla Libia, oggi Hollande sta agendo da testa di legno del Dipartimento di Stato USA per ciò che riguarda la questione siriana. Forse è ancora presto per stabilire se Hollande sia un mistificatore, oppure un impasto di velleitarismo ed ignavia. Sta di fatto che il suo attivismo anti-Assad vorrebbe dare l'impressione di un'iniziativa autonoma, mentre invece sta ricalcando punto per punto l'agenda dell'emiro del Qatar; quello stesso Qatar che in questi giorni è sede di un devoto pellegrinaggio/accattonaggio da parte di Mario Monti.
Nell'agosto scorso Hollande aveva annunciato che avrebbe offerto il suo riconoscimento diplomatico ad un governo siriano costituito dagli oppositori di Assad. Dopo la riunione degli anti-Assad in Qatar, questo governo si è formato, ed ora Hollande ha proclamato che lo riconosce come unica autorità legittima della Siria. Il primo atto di questa "autorità legittima" è stato quello di proclamare che non vi sarà alcun negoziato con Assad, quindi la guerra continua senza esclusione di colpi. Tanto c'è Hollande ad additare Assad come l'unico cattivo, mentre la questione dell'effetto destabilizzante dei soldi e dei mercenari del Qatar e dell'Arabia Saudita, non viene neppure considerata, come se non esistesse. Il tutto viene condito da continue minacce francesi di aggressione alla Siria, con i più vari pretesti. Anche la prospettiva di uno scontro con la Russia - partner commerciale di primaria importanza per la Francia - viene ignorata da Hollande in nome dei superiori interessi della NATO.[1]
A completare il quadro ci sono gli affari della multinazionale francese Total con il Qatar. In premio delle bravate di Hollande, la Total si è vista rinnovare con un accordo venticinquennale il contratto per lo sfruttamento di un giacimento. L'emiro Al Thani è assurto così al ruolo di grande elemosiniere dell'Europa, e ciò spiega la crescente piaggeria nei suoi confronti. Ci si è, giustamente, scandalizzati per i baciamani a Gheddafi; ma quelli erano eccessi personali del Buffone di Arcore, mentre negli affari la Libia agiva da socio alla pari. Oggi invece l'emiro Al Thani può permettersi di entrare nell'economia e nella finanza dell'Italia e dell'Europa con l'atteggiamento del padrone, poiché agisce in concerto con la NATO e con le multinazionali finanziarie sia britanniche che statunitensi.[2]
Il rientro a pieno titolo della Francia nella NATO, voluto nel 2009 da Sarkozy, costituisce una di quelle date cruciali del calvario della colonizzazione europea, come la caduta del Muro di Berlino o la fine dell'Unione Sovietica. La relativa indipendenza militare francese rappresentava infatti l'ultimo residuo di equilibrio di potenza a livello internazionale. Gli effetti di questo nuovo fattore di squilibrio non si sono fatti attendere. La cosiddetta "austerità", cioè il dominio incontrastato degli interessi della grande finanza, è stato il principale tra questi effetti. Non bisogna dimenticare che il Consiglio Atlantico della NATO costituisce la principale agenzia di lobbying delle grandi multinazionali finanziarie. Tra gli sponsor ufficiali del Consiglio Atlantico non ne manca nessuna, da Goldman Sachs, a Deutsche Bank a JP Morgan, ecc., ecc. La NATO perciò è esattamente come il Fondo Monetario Internazionale, con in più le bombe.
Il recente appello internazionale per fermare la guerra in Siria, è stato espresso certamente da motivazioni generose, ma invocare un negoziato per arrivare alla democrazia, mentre la NATO e le monarchie del Golfo sono del tutto determinate ad eliminare Assad, finisce per fare il gioco della NATO e delle monarchie. La democrazia è un'astrazione, mentre il denaro e le bombe non lo sono. In certi proclami, la politica estera sembra il luogo dei valori astratti, dimenticando che non sono le teorie economiche a determinare le scelte economiche, ma i rapporti di forza interni ed internazionali. I processi di colonizzazione, anche se localizzati, hanno sempre effetti globali. Senza la colonizzazione industriale della Polonia e della Serbia, non sarebbe stato possibile a Marchionne attuare i ricatti di Pomigliano e Mirafiori. Anche la colonizzazione della Siria esporrà l'Europa ad ulteriori ricatti energetici e finanziari. [3]
Hollande non soltanto non ha fatto nulla per sanare lo squilibrio di potenza, ma sta portando questa sudditanza francese nei confronti della NATO ad un livello che sembrava impensabile persino ai tempi del servilissimo Sarkozy. La Francia, in passato, non aveva mai approfittato più di tanto della propria indipendenza militare, basti pensare all'atteggiamento ambiguo del presidente Chirac di fronte all'aggressione statunitense contro l'Iraq del 2003; un'aggressione contrastata da Chirac in termini puramente retorici. Ma questa indipendenza allo stato latente era sufficiente per innervosire gli USA al punto da riempire di spunti di propaganda antifrancese i film ed i telefilm hollywoodiani dell'epoca. Oggi per la propaganda dei film statunitensi i Francesi sono di nuovo dei bravi ragazzi, ma ciò non basta a salvare la Francia da ben altri attacchi. Pochi giorni fa il settimanale britannico "The Economist" ha definito la Francia come la "bomba ad orologeria dell'Europa", esponendola come bersaglio delle prossime speculazioni finanziarie. Anche i Francesi sono in lista per essere spennati. [4]
Una NATO che ormai può permettersi di fare quello che vuole al suo esterno, può fare ciò che vuole anche al suo interno. Ogni volta che un cosiddetto "dittatore" viene eliminato, ciò significa che i rapporti di forza internazionali si sono ulteriormente spostati a favore degli interessi finanziari rappresentati dal Consiglio Atlantico.
La Merkel, come leader, non è certo più autonoma di Hollande. Ma la Merkel ha alle sue spalle il FMI (diretto da una "francese" come Christine Lagarde!) e gli interessi delle multinazionali finanziarie. Hollande può anche invocare la "crescita" nei vertici europei, ma intanto si dà la zappa sui piedi, poiché sta rinunciando all'unico potere contrattuale che il suo paese potrebbe vantare nei confronti della potenza finanziaria tedesca, e cioè l'indipendenza militare della Francia, che è pur sempre la terza potenza nucleare del mondo.
[1] http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=168753
http://www.agi.it/estero/notizie/201211171224-est-rt10047-siria_hollande_vede_capo_opposizione_ci_sara_ambasciatore
[2] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.ogj.com/articles/2012/11/total-qatar-extend-al-khalij-agreement.html&prev=/search%3Fq%3Dtotal%2Bqatar%26hl%3Dit%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=-5OoUOXJM9HMsgaMkIGIDQ&ved=0CEUQ7gEwAw
[3] http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2251:appello-internazionale-per-fermare-la-guerra-in-siria&catid=28:siria-cat&Itemid=116
[4] http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-16/francia-contro-economist-175620.shtml?uuid=AbSSpZ3G&fromSearch
Il corrispondente RAI da Pechino, Paolo Longo, sostiene che il congresso del partito comunista cinese si appresta ad effettuare un ricambio dei vertici politici; ricambio che, avverte Longo, avviene non come da noi alla luce del sole, ma nel chiuso dei palazzi del potere. Il che lascia supporre che Paolo Longo sia regolarmente invitato alle riunioni delle cosche finanziarie, ad esempio quelle statunitensi, quando decidono su chi investire miliardi di dollari per le campagne elettorali. Longo ci informa inoltre che i vertici del PCC sono in procinto di lanciare una grande campagna contro la corruzione; un fenomeno talmente diffuso che, secondo Longo, potrebbe minare le basi stesse del potere cinese.
Negli USA, invece, dove la corruzione è stata del tutto legalizzata tramite l'istituzionalizzazione del lobbying, essa finirebbe per avere effetti terapeutici e rigeneranti per la democrazia. Secondo Federico Rampini, corrispondente da New York per “Pubblico Servizio”, da queste elezioni USA ci viene una grande lezione di democrazia, perché mentre la campagna di Mitt Romney è stata foraggiata da banchieri e lobby delle armi, quella di Obama sarebbe stata finanziata dalle micro-donazioni degli elettori, fra i quali Rampini si è dimenticato di citare i Sette Nani e Biancaneve.
Si sarebbe tentati dal lasciarci andare alla commozione di fronte a queste imperdibili lezioni di democrazia, se non fosse per un dettaglio insignificante. Secondo dati ufficiali, tutte le principali companies statunitensi hanno speso in attività di lobbying molto più di quanto abbiano versato in tasse federali. La differenza con quanto avviene da noi, è che queste tangenti sono del tutto legali. Le imprese pagano non per violare la legge, ma per farsi approvare leggi a proprio uso e consumo.[1]
La persistente vulnerabilità del pubblico di sinistra nei confronti delle fiabe americanistiche, potrebbe sembrare un problema di semplice disinformazione. In realtà, grazie anche a film popolari come quelli di Michael Moore, ormai qualcosa si è imparato sulla potenza delle lobby negli USA. Persino sulle colonne di un settimanale addomesticato come "l'Espresso", il 3 novembre scorso lo scrittore indiano Suketo Mehta ha potuto sottolineare faziosamente che le spese elettorali negli USA sono ammontate a 5,8 miliardi di dollari; quindi, se Obama avesse dovuto basarsi sulle donazioni degli elettori, avrebbe potuto fare campagna in un paio di quartieri di Chicago e su qualche tv locale. Lo stesso Mehta citava il noto caso di "revolving door" di Billy Tauzin, presidente della commissione parlamentare per il controllo sui farmaci, il quale aveva fatto approvare una legge favorevole alle case farmaceutiche, per essere poi assunto, dopo essere andato in pensione dalla sua funzione di congressman, proprio da quella associazione delle case farmaceutiche da lui appena beneficata.[2]
Si dice spesso che destra e sinistra siano concetti storicamente superati, però non è così. La destra nel corso dei secoli ha sempre avuto posizioni ballerine su parecchie questioni. In economia le destre sono a volte mercatiste, altre volte dirigiste e protezioniste. Lo stesso vale per le posizioni strettamente politiche, così si sono avute destre nazionaliste, cosmopolite, mondialiste, regionaliste, ecc. Ci sono state destre che si sono avvolte nella bandiera e ci sono destre che la bruciano. Checché ne dicesse Norberto Bobbio, l'unica costante della destra non è stata affatto la "libertà", bensì l'odio verso l'uguaglianza, cioè una visione elitaria della società. Contrapporre a questa concezione del privilegio sociale una visione egualitaria, rimane quindi di attualità, eccome.
Si sa che i gruppi dirigenti della sinistra sono infiltrati; ma il problema più grave è che l'opinione di sinistra è stata spesso colonizzata in senso elitario attraverso il Cavallo di Troia dell'educazionismo, che in definitiva si risolve sempre nella colpevolizzazione dei deboli e delle vittime. L'educazionismo è una forma di infantilizzazione degli altri ed anche di se stessi, comporta di conseguenza un rapporto dissociato con la realtà; perciò l'educazionista automaticamente non si chiede più se un messaggio è vero o falso, ma se sia un messaggio positivo o negativo. A furia di "pensare positivo" non solo si perdono di vista i conflitti ed i rapporti di forza, ma si finisce anche per sospendere l'incredulità nei confronti delle fiabe della propaganda ufficiale se queste assumono un tono abbastanza edificante, tale da sembrare di poter elevare il tenore morale delle masse. Per l'educazionista "educare" non significa affatto cercare di dirti come stanno le cose, ma vuol dire plasmarti, fare qualcosa di te. L'educazionista è perennemente assetato di buoni esempi da proporti come modello; che poi i personaggi ed i luoghi siano del tutto mitologici, diviene secondario. Pare proprio ciò che sta accadendo oggi con la fiaba di Obama.
Le elezioni americane hanno sortito effetti anche nel senso della eccitabilità borsistica. Gli analisti finanziari spiegavano, il giorno successivo alle elezioni, che le borse europee salutavano con un'impennata l'elezione di Obama; tuttavia, nel corso della mattinata, l'impennata si sgonfiava a causa delle notizie delle dure manifestazioni antigovernative in Grecia. Eppure, secondo gli analisti, negli USA l'elezione di Obama avrebbe provocato un afflosciamento di Wall Street. La lettura dei movimenti di borsa si presta in effetti ad ogni tipo di interpretazione. Qualcuno potrebbe anche suggerire che le borse europee si siano galvanizzate per le bastonate che prendevano i manifestanti in Grecia, e si siano poi anch'esse afflosciate per l'elezione di Obama. Misteri dei "mercati" finanziari.
Ma il mistero dei misteri rimane quello dei veri dominatori del sistema borsistico, cioè le agenzie di rating. Nessuno a questo punto si sorprenderà venendo a sapere che anche il ruolo ed il prestigio di queste agenzie si fonda esclusivamente sulle loro milionarie spese di lobbying. L'anno scorso a Washington ci si stava ponendo la questione di una nuova regolamentazione del rating. Il quotidiano "Huffington Post" nell'agosto 2011 riportava però la notizia che agenzie come Moody's, Fitch Ratings e Standard & Poor's avevano speso dall'inizio dell'anno già un milione e settecentosessantamila dollari per esercitare pressioni sull'amministrazione Obama e sul Congresso. Che le nuove norme di controllo sul rating non siano mai arrivate all'approvazione, risulta del tutto ovvio. [3]
[1] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.dailyfinance.com/2011/12/13/30-major-u-s-companies-spent-more-on-lobbying-than-taxes/&prev=/search%3Fq%3Dlobbying%2Bunited%2Bstates%26start%3D10%26hl%3Dit%26sa%3DN%26biw%3D960%26bih%3D513%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=TUChUOH2L4jctAaO1YHoBg&ved=0CEUQ7gEwBDgK
[2] http://translate.googleusercontent.com/translate_c?depth=1&ei=Y42iUJWbA4TItAaP84DoCg&hl=it&prev=/search%3Fq%3Dbilly%2Btauzin%26start%3D20%26hl%3Dit%26sa%3DN%26biw%3D960%26bih%3D513%26prmd%3Dimvnso&rurl=translate.google.it&sl=en&u=http://www.washingtonpost.com/politics/billy-tauzin/gIQA5VNRAP_topic.html&usg=ALkJrhj-Ts-Y7IQEoijDotDx9AThGZLOMw
[3] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.huffingtonpost.com/2011/08/01/credit-raters-spend-millions-to-lobby-washington_n_915125.html&prev=/search%3Fq%3Dlobbying%2Brating%26hl%3Dit%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=cgSiUOT8NdDIswaQ1IH4Aw&ved=0CDUQ7gEwAg
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