Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
In base alla regola ferrea per la quale di fronte a nessuna tragedia si riesce a mantenersi seri, gli USA ed il Regno Unito hanno costituito una
commissione mista incaricata di svolgere indagini in Libia sull'attentato aereo di Lockerbie del 1988; un attentato che la versione ufficiale aveva attribuito ad agenti di Gheddafi. L'attuale governo fantoccio della Libia ha ovviamente assicurato la sua massima collaborazione alle indagini, entrando addirittura a far parte della commissione.
In effetti l'attentato di Lockerbie rimane a tutt'oggi
senza una spiegazione. Molti familiari delle vittime non hanno mai creduto alla pista libica, ed il presunto agente di Gheddafi condannato nel 2009 fu graziato per "motivi umanitari", in cambio della rinuncia a presentare appello contro la condanna nel processo di primo grado, che molti osservatori ritennero una farsa giudiziaria.
Ma ciò che rende ancora più paradossale la notizia dell'istituzione della nuova commissione d'indagine per Lockerbie, è il fatto che a distanza di oltre un anno gli Stati Uniti non soltanto non hanno fatto luce sull'uccisione a Bengasi del loro ambasciatore in Libia, Chris Stevens, ma vi è in corso da mesi un
braccio di ferro tra Obama ed i membri del Congresso, i quali accusano apertamente il governo di reticenza e persino di depistaggio. Suona strano che un governo che si dimostra incapace di fornire una versione qualsiasi su fatti di poco più di un anno prima, ora pretenda di riaprire le indagini su un attentato lontano un quarto di secolo.
La notizia del conflitto tra Obama ed il Congresso non è ancora arrivata all'opinione pubblica italiana, ma si può essere certi che qualora ciò avvenisse, in tal caso verrebbe spacciata come l'ennesima dimostrazione della vitalità della democrazia americana. Poco conterebbe il fatto che molti congressmen già ammettano tranquillamente di non aspettarsi più che la verità possa mai essere rivelata dal governo.
Molti indizi e parziali testimonianze hanno consentito di farsi un'idea sui veri motivi dell'attacco al consolato di Bengasi in cui morì Stevens. Secondo alcune ricostruzioni, alla base di tutto vi fu la decisione dell'allora segretario di Stato, Hillary Clinton, di prelevare le armi di Gheddafi per spedirle, tramite la Turchia, ai "ribelli" siriani anti-Assad. L'operazione era condotta dalla CIA, ed era sotto la
copertura diplomatica di Stevens, il quale finì così nel mirino di milizie che non avevano alcuna intenzione di cedere quelle armi. L'atteggiamento ambiguo e poco tempestivo tenuto dalla CIA nei momenti dell'attentato, con il conseguente ritardo nei soccorsi, ha rafforzato questi sospetti, tanto che si ipotizza persino che Stevens sia stato la vittima di una faida interna alla stessa CIA. Alla fine la pista libica non varrebbe neppure per l'uccisione di Stevens.
Per quanto queste ricostruzioni siano fondate, occorre comunque evitare l'ingenuità consueta in questi casi, e cioè che per inseguire la verità completa si perdano di vista le evidenze già a disposizione. Un po' come avvenne per l'attentato a Kennedy, quando, per badare all'eventuale sparatore dietro la collinetta erbosa, si lasciò in ombra il dato assurdo che il presunto attentatore Oswald era stato lasciato in custodia alla polizia locale, mentre l'assassinio del presidente era un reato di competenza federale. Ancora più assurdo fu che la colpevolezza di Oswald venisse fatta accertare da un'indagine governativa invece che da un'inchiesta giudiziaria, sbarazzandosi così senza pudori di ogni procedura dello Stato di Diritto e del tabù della separazione dei poteri.
Nella bistrattatissima Italia invece si ha molta più cura nel tenere in piedi la finzione della separazione tra esecutivo e giudiziario. Da noi tutto ciò che riguarda l'energia nucleare è rigorosamente sotto il segreto di Stato previsto dalla Legge 124/2007, eppure per l'attentato ad un dirigente di Ansaldo Nucleare addetto al traffico internazionale di scorie radioattive, si è allestita la messinscena di un'indagine giudiziaria e di un processo. Se non fosse stato per il fuori programma di un'imbarazzante e sarcastica pseudo-confessione da parte degli imputati, quasi nessuno si sarebbe accorto che il tribunale stava recitando un copione già scritto da altri.
Negli Stati Uniti invece si è smarrita ogni traccia di questo bon ton istituzionale, ed oggi l'evidenza è che l'amministrazione Obama può segretare impunemente le circostanze della morte di un ambasciatore, e nessuno può farci niente. La verità te la devi cercare da solo, esponendoti ancora di più ad intossicazioni e depistaggi che faciliteranno l'appiccicarti l'etichetta di "complottista".
Persino per l'intervento militare in Libia, l'Italia ha cercato di preservare l'ipocrisia della sovranità parlamentare. Il presidente Napolitano recentemente ha zittito i parlamentari che volevano interloquire sulla questione dell'acquisto dei caccia F-35, però lo stesso Napolitano nel 2011 aveva imposto un passaggio parlamentare per avallare la guerra. Al contrario, Obama aggirò questa procedura costituzionale, e si consentì di
ignorare il Congresso semplicemente invocando il pretesto dell'emergenza umanitaria degli immaginari bombardamenti aerei di Gheddafi sulla popolazione civile.
Basta evocare il pretesto un'emergenza qualsiasi, ed immediatamente si instaura un Assolutismo da far invidia a quelli del XVII secolo. Il Sacro Occidente è un sistema tossico, drogato di emergenza. Tutto si spiega se si considera che l'Emergenza è la Prima Persona della Santa Trinità, la Persona che genera le altre due: il Segreto e l'Impunità.
La stessa Libia è oggi segretata, per di più ignorata dai media. Poco più di due settimane fa, un "insegnante" statunitense è stato ucciso in Libia in circostanze rimaste non chiarite. Le poche notizie di stampa a riguardo ci assicurano che l'uomo era molto amato dalla popolazione, e adesso la
moglie dichiara di "perdonare" i suoi assassini, quasi ad anticipare che non saranno mai scoperti.
Una notizia positiva degli ultimi giorni ha riguardato la
sospensione dei negoziati per l'annessione dell'Ucraina all'unione Europea. Stavolta è stata la stessa UE a cercare orgogliosamente di assumersi la diretta responsabilità della rottura, adducendo a pretesto le "infondate" richieste economiche del governo ucraino.
L'Ucraina è strangolata da un enorme debito pubblico, che è sotto la
"sorveglianza speciale" da parte di uno dei due veri padroni dell'UE, e cioè il Fondo Monetario Internazionale. Il FMI pretende anche che il governo ucraino elimini i sussidi alla popolazione per il riscaldamento, cosa che rende poco attendibili le frenesie occidentalistiche delle piazze ucraine. Sarà pure vero che tra le lusinghe della UE ci sarebbe stata anche quella di favorire un accordo con il FMI per il debito ucraino; ma, vista la brutta fine che fanno i "sorvegliati speciali" del FMI, è molto difficile che la promessa risulti credibile.
Molti commentatori insistono nel presentare un'Ucraina ormai aperto terreno di scontro tra la Germania e la Russia; ma, considerando l'enorme volume d'affari tedesco con la stessa Russia, si spiegherebbe semmai il fatto che la cancelliera Merkel appaia oggi come la più prudente ed esitante nell'alimentare lo scontro polemico con Putin. Al contrario, non appare per niente prudente l'atteggiamento statunitense, al punto che si è potuto vedere il
senatore McCain esibirsi a Kiev, agitando la piazza e promettendo pieno sostegno alle proteste filo-UE.
La retorica europeistica può servire di volta in volta da paravento per gli interessi bancari rappresentati dal FMI, oppure per gli obiettivi espansionistici della NATO, l'altro padrone della UE. Ancora prima di McCain, era infatti stata la stessa NATO ad esporsi platealmente per fare pressione sul governo ucraino. Il vicesegretario generale della NATO, Vershbow, uno statunitense, si è sciolto anch'egli in accorati inni di fede europeistica, garantendo che il
futuro dell'Ucraina sarebbe in Europa.
L'Ucraina è attualmente legata alla NATO da un patto di collaborazione, ormai decennale, ma si tratta evidentemente di annettere in modo definitivo una preziosa area di confine all'apparato militare USA in Europa. Con basi navali in Ucraina, la USNavy potrebbe controllare il Mar Nero da entrambe le sponde, e portare così contro la Russia una pressione militare decisiva per realizzare l'obiettivo di smembrarla in più Stati.
I moniti della NATO sono espliciti: l'Ucraina è ad un bivio, deve scegliere se "civilizzarsi" entrando a pieno titolo nel Sacro Occidente, oppure rimanere all'ombra della tutela russa rischiando di esporsi alle aggressioni finanziarie ed alla cronica destabilizzazione interna delle "rivoluzioni colorate".
Il concetto di "rivoluzione colorata" non va frainteso nel senso che oggi la piazza ucraina sia tutta invasa da agenti della CIA. Le rivoluzioni colorate spesso fagocitano e mobilitano sacche di malcontento reale, e ciò viene ottenuto attraverso l'azione di organismi ibridi e ambigui, come fondazioni private ed organizzazioni non governative, associazioni che operano apparentemente nel settore della beneficenza e dei diritti umani. Il sistema di mobilitazione può basarsi anche sulla
denuncia di casi di effettiva corruzione. Un'indignazione autentica viene poi reindirizzata su falsi obiettivi di "occidentalizzazione", spacciata come sinonimo di buona amministrazione.
Sulla questione ucraina Putin non può permettersi di cedere, perché altrimenti rischierebbe di essere travolto da un colpo di Stato militare. La situazione in Ucraina ha qualche analogia con quanto accaduto in settembre per la Siria, quando la Marina russa ha fatto chiaramente capire di non essere disposta a rinunciare alla base navale siriana di Tartus.
La dipendenza energetica dell'Ucraina nei confronti della Russia è un dato storico, ma per Gazprom in questi anni l'Ucraina era stata soprattutto un pollo da spennare, e quindi gli aspetti della sicurezza russa erano stati sacrificati agli affari. Che qualcosa invece oggi stia cambiando nell'atteggiamento russo, è indicato anche dal fatto che per l'Ucraina
Putin si è deciso ad aprire i cordoni della borsa, sia facendo sconti sulle forniture di gas, sia acquistando titoli di Stato ucraini.
Ma è molto difficile che la NATO consideri chiusa la partita e rinunci a destabilizzare l'Ucraina, che non serve solo come base navale, ma anche come base missilistica. Appena il mese scorso, il segretario di Stato USA,
Kerry, ha ribadito che lo "scudo anti-missile" in Europa si farà, nonostante ogni opposizione russa. Attualmente è la Polonia ad essere individuata come principale sede del sedicente "scudo", ma solo perché l'Ucraina non fa ancora parte a pieno titolo della NATO.