Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Due anni fa il quotidiano "Libero" narrava del "ravvedimento" del quotidiano avversario, "La Repubblica", a proposito del giudizio nei confronti dei provvedimenti del ministro Renato Brunetta contro le assenze dei lavoratori per malattia. Secondo "Libero", il giornale di Ezio Mauro sarebbe passato, dalla critica spietata e barricadiera, al riconoscimento del buon lavoro svolto da Brunetta. Ovviamente quelle di "Libero" erano le tipiche menzogne recriminatorie della propaganda di destra, tutte tendenti a creare il fantasma di una "sinistra" dedita all'inflessibile opposizione, ma che deve ogni tanto arrendersi di fronte ai dati della "realtà".
La realtà vera è invece che nel 2008 fu, più di tutti, proprio "La Repubblica" a contribuire a creare ed alimentare il mito di un Brunetta castigamatti dei "fannulloni" della Pubblica Amministrazione. Nell'agosto di quell'anno il quotidiano di punta della "sinistra" dedicò un articolone, smaccatamente celebrativo, alla "cura Brunetta", con appena qualche larvato dubbio, esibito giusto per salvare la faccia.
Non fu solo l'odio ed il pregiudizio contro il lavoro a motivare il panegirico de "La Repubblica", bensì l'instancabile opera di lobbista della multinazionale IBM che distinse Brunetta in quegli anni. Il mito del cacciatore di "fannulloni" doveva servire appunto a coprire la vera attività del ministro. Brunetta e "La Repubblica" quindi agivano con ruoli diversi per lo stesso padrone. Lo stesso sito della IBM commemora con malcelata commozione la collaborazione della multinazionale con il ministro Brunetta. Dallo stesso sito si ricava anche la notizia che attualmente l'IBM costituisce non solo il principale fornitore di tecnologia della Pubblica Amministrazione, ma soprattutto il vero manager di tutto il settore, riconvertito agli interessi privati della multinazionale.
Spesso gli autori di fantascienza ci presentano un futuro in cui gli Stati sono sostituiti dal diretto potere delle Corporation. Ma in effetti non accade così: gli Stati conservano una loro funzione, sia come vacche da mungere, sia come esercito lobbistico di appoggio. Il vincolo statale funziona come un pastore che tiene unito il gregge, ma solo per metterlo a disposizione del predatore. La Pubblica Amministrazione è diventata così un allevamento di lobbisti IBM. Ormai da decenni il fenomeno non risparmia neanche i dirigenti scolastici, e la Fondazione IBM, sul suo sito, ci informa che non mancano neppure le ingerenze sulla didattica, in base all'ideologia generale della subordinazione, anche morale, del pubblico rispetto al privato.
Tanta invadenza della IBM in Italia si spiega se si considera il ruolo che la multinazionale dell'informatica svolge all'interno della NATO. L'IBM stessa ci fa sapere, attraverso il proprio sito, che la collaborazione con la NATO non riguarda solo la fornitura di tecnologia, ma un quadro generale di consulenza ed organizzazione delle strutture di comando. Non ci vengono risparmiate le dichiarazioni euforiche dei vertici NATO per l'ebbrezza di collaborare con l'IBM.
La cosa "strana" è che le tecnologie vendute dalla IBM sono in effetti tutte elaborate in ambito pubblico, e con denaro pubblico. Negli Stati Uniti è il Pentagono a finanziare e gestire la ricerca, ma poi tra pubblico e privato si genera quella particolare osmosi che va sotto il nome di "revolving door". Nel 2012 un assistente del Segretario alla Difesa, un certo Zachary Lemnios, passò con la massima disinvoltura dal ruolo governativo al management della IBM.
L'IBM ha realizzato un'alleanza con il gigante cinese dell'informatica, Lenovo, a cui è stata affidata la produzione e la commercializzazione dei computer. La "cinesizzazione" del settore computer è motivata dai costi di produzione più bassi, mentre l'IBM si riserva il più comodo ruolo ufficiale di fornitore di know-how. Ma il vero know-how della IBM consiste nelle tecniche di corruzione.
Da circa due anni ristagna il progetto di un film, di e con Brad Pitt, sul ruolo svolto dall'IBM nei campi di concentramento nazisti. Il film dovrebbe essere basato su un libro best-seller del 2001, scritto da Edwin Black, "IBM and The Holocaust", i cui diritti cinematografici sono stati acquistati da Pitt. Sarà interessante verificare se il film uscirà davvero, e, in quel caso, quanto sarà influenzato nei suoi contenuti dalla lobby IBM.
Ma nessuna rassegna cinematografica dei crimini passati, presenti e futuri dell'IBM cambierebbe le cose, poiché, mentre i crimini del comunismo - i veri e i presunti - urlano vendetta, quelli delle multinazionali cadono invece in prescrizione. Il cosiddetto "capitalismo" è infatti un fenomeno intrinsecamente apologetico, non è separabile da quella incessante attività di lobbying che deforma e distorce la percezione della realtà ad uso e consumo del business delle multinazionali. Così, mentre Pitt ancora attende di realizzare il suo film, intanto l'IBM sta realizzando il suo ulteriore business a spese del contribuente con la fornitura degli F-35. L'IBM è infatti il fornitore di tecnologia informatica per la multinazionale che produce gli F-35, la Lockheed Martin, la stessa dello scandalo degli Hercules del 1977.
Da alcuni mesi sono arrivate ad una parte della pubblica opinione alcune notizie concrete che vanno a smentire la mitologia delle virtù finanziarie della Germania, e perciò spiazzano gran parte del dibattito politico e mediatico. In particolare, desta interesse il fatto che la Germania non osservi vari parametri del Fiscal Compact, tra cui uno degli aspetti più importanti, e cioè il rapporto tra il PIL ed il debito pubblico. La Germania ha superato infatti di almeno il 20% la fatidica soglia del 60% debito-PIL, e questo stando ai dati ufficiali, poiché se si sgombra il campo da alcuni trucchi contabili, si scopre addirittura che quel rapporto è ormai quasi del 100%.
Alcuni commentatori si sono cominciati a domandare come mai i governi italiani debbano andare a chiedere di poter sforare i parametri del Fiscal Compact ad una Merkel che li trasgredisce già ampiamente. Qualcun altro potrebbe anche cominciare a fare due più due, notando che l'economia europea viene tenuta artificiosamente depressa con assurdi parametri di bilancio proprio alla vigilia dell'ingresso nel TTIP, quel Transatlantic Trade and Investment Partnership, la "NATO economica", che comporterà la totale annessione economica dell'Europa agli Stati Uniti. L'arroganza della Merkel sarebbe così individuata come un bersaglio fuorviante, ed il sub-imperialismo tedesco si rivelerebbe complementare all'imperialismo statunitense.
Per occultare evidenze come queste, i media hanno sempre pronta la soluzione: un bel depistaggio che sposti la discussione dai dati concreti ai massimi sistemi. Si potrebbero catalogare nella categoria dei "depistaggi culturali".
La vicenda dell'ex calciatore tedesco Uli Hoeness, diventato poi presidente della squadra del Bayern, ed ora condannato per frode fiscale, è diventata l'occasione per parlare di uno "spread morale" tra Italia e Germania; ciò per l'atteggiamento tenuto da Hoeness nei confronti della condanna, rinunciando al ricorso in ulteriori gradi di giudizio ed accettando la condanna al carcere. I confronti con le esibizioni vittimistiche del Buffone di Arcore di fronte alla propria condanna per lo stesso reato, forse non potevano mancare; ma questi confronti sono diventati l'occasione per un dibattito "culturale" che ha finito per individuare nell'arretratezza morale dell'Italia anche la causa della sua arretratezza economica. In questa campagna si è distinto il gruppo editoriale "la Repubblica-l'Espresso", che ha coinvolto anche la sua rivista più prestigiosa, "Micromega".
In realtà, se si segue la vicenda Hoeness sulla stampa estera, si nota che lo "spread morale" risulta molto meno ampio di quanto si vorrebbe far credere. Nel 2012 il governo tedesco della Merkel aveva anche cercato di varare una legge salva-evasori simile allo "Scudo Fiscale" di tremontiana memoria, ed era stata l'opposizione parlamentare di socialdemocratici e Verdi a bloccare il passaggio della legge. Inoltre Hoeness, rinunciando a ricorrere, può accedere ad altri benefici di sconti di pena, di cui la campagna mediatica in atto in Italia non ha dato sufficiente informazione. Hoeness è politicamente vicino al partito della Merkel, la CSU, che, per parare il colpo alla propria immagine, ha ripiegato dilungandosi sullo "stile" con cui lo stesso Hoeness avrebbe accettato la condanna.
Questa retorica della CSU non solo è stata ripresa acriticamente dai media italiani, ma è diventata l'espediente per riproporre una serie di luoghi comuni razzistici. Se dici che le razze nordiche sono superiori, allora sei un nazista; ma se dissimuli lo stesso concetto parlando di una superiorità della morale protestante nei confronti di quella cattolica, allora sei non solo una persona colta, ma anche un progressista. Il mito dell'etica protestante sostituisce egregiamente quello della razza ariana. Così, il fatto che in tal modo avalli anche le gerarchie economiche che si sono stabilite tra il Nord Europa ed il Sud Europa, e tra l'America anglosassone e l'America Latina, non significa mica che stai dalla parte del colonialismo, bensì che stai facendo una semplice ed "oggettiva" analisi storica. Allo stesso modo, anche il fatto che l'Italia abbia accettato supinamente tutti i vincoli europei, non indicherebbe affatto che al nostro interno opera una potente e ramificata lobby atlantica, bensì che siamo un popolo di masochisti che merita ciò che gli accade. Il "colpanostrismo" come velo ideologico della colonizzazione.
Probabilmente non è possibile una lettura della realtà che non sia mediata dall'ideologia, ed il pretendere di essere "non ideologici" risulta chiaramente pretestuoso. Ma è certo che l'ideologia compie pienamente il suo ruolo quando riesce a scacciare le evidenze dalla discussione. Nella recente intervista di Enrico Mentana a Beppe Grillo se n'è avuta una riconferma, allorché Grillo ha narrato di un invito a cena da lui ricevuto da parte dell'ambasciatore britannico in Italia, Christopher Prentice. Alla stessa cena avrebbe dovuto partecipare anche Enrico Letta, allora non ancora ufficialmente candidato alla poltrona di Presidente del Consiglio, ma Grillo afferma di essersi negato a tanto onore. Lucidamente lo stesso Grillo vede nella relazione tra Letta e l'ambasciatore un preciso indizio che le esplorazioni di Bersani ai fini della formazione di un governo fossero già fallite in partenza, e che Napolitano avesse già pronta tutt'altra soluzione.
D'altra parte l'intervista finiva per marginalizzare l'aspetto più macroscopico della notizia, e cioè il fatto che un ambasciatore straniero esercitasse una così manifesta ingerenza nella formazione di un governo italiano, al punto da essere informato in anticipo sulle sorti delle consultazioni. Tutti a cena dall'ambasciatore britannico, manco fosse la mensa della Charitas.
Se si fosse trattato dell'ambasciatore russo, Bernard-Henry Lévy e André Glucksmann ci avrebbero confezionato come minimo un libro e un documentario di denuncia. Ma il colpanostrismo imposto dalla lobby NATO induce a travisare ogni ingerenza atlantica come paterna sollecitudine verso i nostri guai. Così non si trova nulla di strano che Prentice possa praticare in Italia una sorta di divismo televisivo, entrando nel vivo del commento di attualità nei talk-show della politica. Sarebbe interessante chiedersi se ad un ambasciatore italiano sarebbe consentito altrettanto in un talk-show britannico o americano.
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