Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Al di fuori della comunicazione ufficiale, molti commentatori hanno opportunamente notato che le dichiarazioni di Matteo Renzi sul prossimo
abbandono dello scontrino fiscale in nome della mitica "tracciabilità", hanno come vero obiettivo l'eliminazione del contante per adottare il denaro elettronico, altrimenti detto, all'anglosassone, "denaro digitale". Una parte consistente della stampa di corte è andata immediatamente in appoggio delle dichiarazioni depistanti di Renzi, prospettando un quadro catastrofico dell'evasione fiscale che sarebbe favorita dallo scontrino. Per rendere credibili dei dati di dubbia consistenza, si è collocata alla testa della classifica dell'evasione la solita Napoli. Ancora una volta il razzismo antimeridionale è stato usato dalla propaganda ufficiale come veicolante per altre mistificazioni.
Ma per veicolare la propaganda a favore del denaro elettronico, ci si è serviti anche di un tema come la lotta all'evasione fiscale, ritenuta un cavallo di battaglia della "sinistra". In realtà l'utopia della giustizia fiscale consiste solo nella proiezione di un fantasma vittimistico della destra, che descrive i ricchi sempre sotto la minaccia di un presunto "esproprio proletario". Il vittimismo dei ricchi è sempre la coperta propagandistica dell'assistenzialismo per ricchi; in questo caso assistenzialismo per banchieri, poiché il denaro elettronico non soltanto rende obbligatoria la carta di credito, ma costringerà anche l'evasione fiscale a passare esclusivamente per le banche. Con adeguati software, l'elettronica può servire non solo a "tracciare", ma anche a stornare i profitti, magari intestandoli a società di comodo. Con la carta di credito occorre versare la tangente alle banche per ogni passaggio di denaro; con la carta di credito obbligatoria, la tangente sarà dovuta anche per l'evasione fiscale dei piccoli dettaglianti.
Il depistaggio informativo costituisce un espediente costante del lobbying finanziario. Anche il fumoso "Jobs Act" concentra l'attenzione su una "libertà di licenziare" che già esiste ampiamente, in modo da distrarre dal vero obiettivo, cioè una generale privatizzazione/finanziarizzazione della previdenza e degli ammortizzatori sociali. Si tratta, in definitiva, di svaligiare quella ben provvista cassaforte che è l'INPS, ed anche di dotare i lavoratori di carta di credito per poter riscuotere le indennità di disoccupazione. Non si capiva infatti perché i disoccupati sinora avessero il privilegio di essere esentati dal versare la tangente alle banche.
Ma nella circostanza sarebbe un errore sottovalutare lo squallore del personaggio Renzi, mancando di notare la puntualità servile della sua attività di lobbying. La maggiore lobby internazionale del denaro digitale è la "Bill e Melinda Gates Foundation", che da anni sperimenta in Africa l'introduzione di forme di
"banchizzazione" elettronica delle masse di poveri, ovviamente con il pretesto di sollevarli dalla loro misera condizione. Il sito della fondazione ci offre con dovizia di particolari la cronaca di questa evangelizzazione delle masse al nuovo credo digital-finanziario.
Bill Gates, il "fondatore" di Microsoft, fa parte, come i Steve Jobs e i Mark Zuckerberg, di quella cerchia di finti "capitalisti per caso", che si sono arricchiti commercializzando le tecnologie ottenute dalla ricerca finanziata dal Pentagono con il denaro pubblico. Attualmente Bill Gates, insieme con la moglie Melinda - che proviene anch'essa da Microsoft -, svolge a tempo pieno l'attività di "filantropo", cioè di lobbista e di allevatore di lobbisti a pro delle multinazionali.
La stampa compiacente ci "informa" sul fatto che Bill Gates e Mark Zuckerberg abbiano versato per la lotta contro l'epidemia-Ebola più di Cina e India messe assieme. Un dato del genere sarebbe sufficiente da solo per togliere all'emergenza-Ebola ogni attendibilità.
La coincidenza vuole che proprio negli stessi giorni in cui Melinda Gates era a Roma per essere ricevuta a Palazzo Chigi, Renzi abbia rilasciato le sue dichiarazioni contro lo scontrino fiscale ed a favore della "tracciabilità" che sarebbe consentita dal denaro elettronico.
La "visita" della Gates a Renzi ha dato immediatamente i suoi frutti.
Il colonialismo filantropico riduce gli Stati a feudi personali di soggetti privati, e ciò non vale solo per l'Africa. L'esponente di una fondazione privata è stata ricevuta da un capo di governo italiano con più onori di quelli tributati ad un capo di Stato.
La foto ufficiale dell'incontro fra Renzi e la Gates ci mostra il Presidente del Consiglio nella posa untuosa del paggetto timido e deferente, pronto a ricevere le istruzioni dal padrone.
Il Decreto "Sblocca-Italia" si caratterizza già per l'arroganza del suo nome, uno slogan che manifesta le pretese messianiche di tutta la comunicazione del governo Renzi. Come se il mondo non avesse aspettato altro che lui, Matteo Renzi si spaccia come un novello redentore che ordina all'Italia paralitica di alzarsi e di camminare. Ciò è in linea con le attuali tendenze del "management", sia pubblico che privato, in cui ogni nuovo dirigente si presenta come colui che è destinato alla missione di guarire le piaghe causate dalle gestioni precedenti. Ma l'arroganza pubblicitaria degli slogan ovviamente è solo la copertura di un'arroganza lobbistica, perciò il sedicente "Sblocca-Italia" si sta rivelando come uno sblocca-multinazionali. In questi giorni è arrivato agli onori delle cronache il caso della multinazionale americana GlobalMed che ha riscosso agevolmente dal governo la concessione per
ricerche petrolifere nel Salento, con tutte le prospettive di devastazione ambientale che ciò comporta.
Al di là della retorica ufficiale sui benefici mirabolanti derivanti dagli "investimenti esteri", gli effetti della calata delle multinazionali su un territorio sono invariabilmente quelli del saccheggio indiscriminato delle risorse locali. La distruzione non è un semplice effetto collaterale, ma un approccio brutale che tende a disarmare materialmente e psicologicamente un Paese. Una nazione ricca di risorse minerarie come la Nigeria, è oggi ridotta allo stremo dall'invadenza ed ingerenza delle grandi multinazionali del petrolio. La propaganda dei media occidentali scarica tutte le colpe del disastro nigeriano sulla "corruzione" locale, e dietro questo alibi anche l'Agip fa la sua parte nel
"saccheggia e distruggi".
Il calo del prezzo del petrolio non sta determinando un corrispondente calo della produzione, ma una crescente attività estrattiva per continuare ad aumentare in qualsiasi modo i profitti. La caduta del prezzo delle materie prime è trattata dai media con i consueti toni catastrofici, come se un petrolio al di sotto dei cento dollari al barile non continuasse a coprire di un centinaio di volte l'effettivo costo di produzione del petrolio stesso. Vittimismo ed emergenzialismo rappresentano infatti la linea comunicativa obbligata in qualsiasi questione in cui siano in gioco gli interessi delle multinazionali, poiché terrorizzando ed avvilendo l'opinione pubblica si può far passare come stato di necessità qualsiasi provvedimento a favore del business.
Dalla famosa messinscena delle
domeniche di "austerity" dell'inverno del 1973/1974, tutto ciò che concerne il petrolio è stato fatto vivere sotto la cappa dell'emergenza. In quel caso la colpa fu scaricata sulla protervia degli sceicchi e dell'OPEC, ma rimane il dato storico di una colossale mistificazione politico-mediatica a livello europeo, poiché un semplice aumento dei prezzi fu presentato addirittura come un blocco delle forniture.
L'ultimo decennio è stato caratterizzato dall'allarme crescente sull'
esaurimento delle risorse petrolifere del pianeta; così il petrolio si è avvalso narrativamente anche dell'alone romantico del moribondo. Oggi l'allarme si concentra invece sull'eccesso di produzione dovuto alle nuove tecniche estrattive, con tutti i rischi di riscaldamento globale e di caduta dei prezzi che ciò comporta. Da un'emergenza a quella opposta, ed all'opinione pubblica spetta invariabilmente di inchinarsi e di credere.
A fronte del vittimismo occidentale, la Russia di Putin sembra aver adottato invece un atteggiamento più "virile". Putin infatti si dichiara pronto a
gestire la crisi dei prezzi dell'energia, e contestualmente inasprisce la polemica contro gli USA, accusati di boicottare tutte quelle decisioni del G-20 che mettano in forse il predominio statunitense sugli organismi sovranazionali come il Fondo Monetario Internazionale. Se da un lato Putin ha buon gioco nel mettere in evidenza la storica inaffidabilità statunitense, dall'altro lato egli continua a dar credito a quel "mondialismo" che costituisce il migliore veicolo dell'invadenza delle multinazionali.