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"L'elettoralismo risulta così euforizzante perché è una forma di pornografia, attiene cioè al desiderio puro, magari con quella dose di squallore che serve a conferire un alone di realismo alla rappresentazione. Ma i desideri, i programmi e le promesse elettorali non sono la realtà, che è invece scandita dalle emergenze. L'emergenza determina un fatto compiuto che azzera ogni impegno precedente, ed a cui ogni altra istanza va sacrificata, come ad un Moloc. Carl Schmitt diceva che è sovrano chi può decidere sullo stato di eccezione. Ma nella democrazia occidentale vige uno stato di emergenza cronica, cioè uno stato di eccezione permanente, l'eccezione diventa la regola."

Comidad
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 08/01/2015 @ 02:14:42, in Commentario 2015, linkato 5239 volte)
I media "occidentali" non fanno mistero di sperare che l'Ungheria possa presto diventare una riedizione dell'Ucraina, ciò per la soddisfazione della NATO e di tutta l'opinione pubblica amante della libertà. Ci si fa sapere che addirittura cinquemila (sic!) manifestanti sono scesi in piazza contro il primo ministro Orban, colpevole nientemeno che di eccessive aperture nei confronti della Russia del "dittatore" Putin. L'accusa più specifica ad Orban è di "corruzione", cioè il fatto che preferisca prendere mazzette dalla multinazionale russa Gazprom, invece che da multinazionali anglo-americane come la BP o la Exxon.
Ce n'è abbastanza per catalogare anche Orban come un dittatore, un criminale da rimuovere con qualsiasi mezzo; sebbene in base agli standard "occidentali" egli, come del resto lo stesso Putin, risulti regolarmente eletto. Ma ciò non ha mai risparmiato ad alcuno la gogna mediatica, se considerato in qualche modo un intralcio agli affari. La vecchia e cara Ungheria, icona prediletta del "vittimacomunismo" dell'epoca della guerra fredda, sembra ormai un pallido ricordo. A quanto pare la piazza "occidentalista", specialmente se fomentata dal senatore McCain e dal finanziere Soros, può fregiarsi di una dignità morale e politica superiore, tale da additare al mondo come tiranno qualsiasi capo di governo venga preso a bersaglio.
Al contrario, in Italia un governo "occidentale" poche settimane fa non si è sentito minimamente delegittimato dal dissenso di un milione di manifestanti scesi in piazza contro i decreti sul lavoro. Il sacro discrimine tra il bene ed il male infatti non è la piazza, ma è l'Occidente; ed il Jobs Act è santo, visto che non ce lo impone Putin, bensì il Fondo Monetario Internazionale con i suoi lacchè della Commissione Europea. Se poi l'eventuale dissenso sindacale tocca nervi ancora più scoperti, allora non c'è più alcun limite alla criminalizzazione di ogni potenziale oppositore, tanto che i toni della propaganda contro il lavoro diventano apertamente quelli della guerra civile.
Nel novembre scorso i sindacati del pubblico impiego hanno fatto ricorso contro il blocco dei contratti e degli scatti di anzianità. Dal 1993 il pubblico impiego è sottoposto infatti ad una normativa privatistica, eppure dal 2010 i contratti sono bloccati per legge. Di fronte alla palese incostituzionalità di questa situazione, che ha fatto il governo? Ha ritenuto di strumentalizzare un episodio inquadrabile nel contenzioso tra la giunta comunale romana ed i suoi vigili urbani. Se gli sbirri ammazzano gente inerme, allora li si può perdonare; ma se si mettono in malattia in massa, in questo caso non conta nulla che abbiano esercitato un proprio diritto nel rispetto dei regolamenti vigenti. Ogni diritto del lavoro soccombe infatti di fronte al diritto all'ingerenza morale che il potere rivendica. I media perciò non hanno esitato a bollare come criminali questi "tutori dell'ordine", parlando del tutto fuori luogo di "certificati medici falsi", sebbene tali certificati siano stati erogati nel quadro dei controlli previsti dalla mitica "cura Brunetta", a cui sei anni fa i media, tutti allineati, avevano attribuito effetti taumaturgici.
Ma la pubblica amministrazione oggi è una preda per le multinazionali dell'informatica, perciò i lavoratori del pubblico impiego vengono bollati col marchio di infamia di "fannulloni". La guerra imperialistica e la guerra di classe adottano gli stessi schemi di criminalizzazione del bersaglio di turno; e non vi è nulla di strano, dato che si tratta di servire gli stessi potentati affaristici.
Multinazionali come la IBM, la Microsoft e la Apple esibiscono ogni tanto qualche querelle di facciata, ma di fatto agiscono come un cartello, che si presenta compatto all'appuntamento con gli appalti della pubblica amministrazione. Tra il 2001 ed il 2006 il ruolo di ministro per lo sviluppo tecnologico fu svolto da Lucio Stanca, un ex dirigente della IBM, il quale si ritrovò - guarda la coincidenza - a rilasciare appalti per l'informatizzazione della pubblica amministrazione proprio all'azienda di cui aveva fatto parte. Per tutti quegli anni il conflitto di interessi del Buffone di Arcore servì a mettere in ombra conflitti di interesse di questa portata; ma c'era il buon nome delle multinazionali da tutelare. Magari anche le attuali misure di indulgenza fiscale varate dal governo, servono a favorire qualche multinazionale, ma c'è ancora il Buffone a fare provvidenzialmente da paravento.
L'attuale compagine di governo però non ha un ministro dello Sviluppo tecnologico, poiché è lo stesso Presidente del Consiglio a voler svolgere questa funzione. Anche Renzi un lobbista? Non sia mai detto. In un'intervista al "Financial Times" Renzi ci fa sapere di tutto il disprezzo che prova per i lobbisti da cui Roma è infestata, ed ha rivendicato la sua estraneità ad un tale sistema.
Deve essere per questo che Renzi è diventato da anni uno spot vivente di Apple. Nelle sue attuali esibizioni in parlamento ed in tv, Renzi si presenta regolarmente bardato con tutti i più recenti prodotti Apple. Queste performance pubblicitarie datano già a quando era semplicemente sindaco di Firenze.
Ma Renzi non si limita a fare da testimonial pubblicitario. Nella sua avventura americana dello scorso settembre, ospite nella Silicon Valley, tra una denigrazione e l'altra nei confronti del proprio Paese, Renzi annunciò la digitalizzazione della pubblica amministrazione in Italia; ciò al fianco del direttore finanziario di Apple, Luca Maestri. Ovviamente soltanto un incallito malpensante potrebbe supporre che i due abbiano parlato di affari.
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Di comidad (del 31/12/2014 @ 02:45:31, in Commentario 2014, linkato 8180 volte)
Per tutti coloro che sono stati licenziati in questi anni, deve essere stato un po' sconfortante scoprire di aver vissuto finora in un Paese fatato, dove c'era un mitico articolo18 che bloccava la "libertà di licenziare". Dato definitivamente per morto già nel 2010 e poi nel 2012, l'articolo 18 risorge ciclicamente dalle proprie ceneri per le esigenze propagandistiche dei vari governi. Tutta la propaganda, ed il relativo "dibattito", che si sono sviluppati attorno al "Jobs Act" del governo Renzi, hanno lo scopo di alzare la solita cortina fumogena, chiamando l'opinione pubblica ad un "divertissement" collettivo, nel quale schierarsi pro o contro ipotesi inesistenti. Da ultimo è scoppiata anche la polemica sull'applicabilità o meno del "Jobs Act" ai lavoratori statali; una polemica ormai anacronistica, dato che non solo i lavoratori statali sono soggetti ad un contratto privatistico dal 1993, ma anche perché oggi lo Stato è il maggior datore di lavoro precario. In questo contesto di precarizzazione a tappeto, quello delle "tutele crescenti" è uno slogan che non ha nessun terreno solido su cui poggiare, ma il contraddirsi non è mai un problema per la propaganda.
Queste mistificazioni non richiedono nessuna particolare abilità, poiché è il meccanismo stesso dell'opinione pubblica ad essere intrinsecamente manipolabile. Tutta la scienza propagandistica del dottor Goebbels si riduceva a nozioni abbastanza ovvie: è più facile prendersela con i deboli che con i potenti, ed è molto più facile credere a ciò che si sente in continuazione, piuttosto che a ciò che non si è mai sentito prima. Il vittimismo dei ricchi presenta sempre gli intellettuali come critici severi ed instancabili; ma gli intellettuali invece hanno imparato sin troppo bene che l'unica critica che i ricchi sono disposti ad accettare, è quella di essere troppo buoni ed accondiscendenti con quegli avidi/ingrati dei poveri. Che chi fabbrica le opinioni preferisca seguire il denaro piuttosto che le briciole di Pollicino, non dovrebbe costituire ogni volta una sorpresa.
A spiegarci la vera natura del "Jobs Act", per fortuna è arrivata l'agenzia di rating Moody's, che ha profetizzato trionfalmente tempi d'oro per i profitti delle agenzie di lavoro "interinale", cioè temporaneo/precario. Pare che in questo Paese arretrato ed irriconoscente, solo una minima parte del rapporto di lavoro passi per le agenzie di lavoro interinale, ma col "Jobs Act" finalmente la musica dovrebbe cambiare. Almeno così ci rassicura Moody's.
In realtà il termine "interinale", un ispanismo dal suono cacofonico e vagamente osceno, è stato superato grazie all'attuale ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che mesi fa ha ribattezzato queste agenzie di intermediazione, come agenzie di "somministrazione" del lavoro. Il business del caporalato istituzionalizzato ha assunto quindi i contorni carezzevoli del soccorso, come se queste agenzie somministrassero farmaci salva-vita, o il metadone ai tossici in via di disintossicazione. C'è da ricordare che Poletti, in quanto dirigente della Lega delle Cooperative, era direttamente coinvolto nella "somministrazione". La Lega delle Cooperative controlla infatti una delle maggiori agenzie di lavoro interinale, "Obiettivo Lavoro", che vanta persino un'annessa fondazione, di cui, manco a dirlo, Poletti era consigliere. Ma Poletti ha rassegnato ufficialmente le dimissioni sia dalla Lega delle Cooperative che dalla fondazione "Obiettivo Lavoro", perciò ogni conflitto di interessi sarebbe svanito per incanto; anzi, non è mai esistito.
Leonardo Sciascia affermava che la definizione tecnica di mafia sarebbe "intermediazione parassitaria", perciò le agenzie di lavoro interinale potrebbero rientrare nel novero della mafia legalizzata. Ma, come forma di criminalità comune, il capitalismo è un po' meno ingenuo della mafia, in quanto esso si basa proprio sulla consapevolezza che, in definitiva, non c'è crimine che non sia legalizzabile. La società per azioni è un'associazione a delinquere finalizzata alla frode, eppure è perfettamente legale. Il capitalismo, in un certo senso, consiste in una continua "educazione alla legalità"; ma vallo a spiegare agli insegnanti.
Le agenzie di lavoro interinale non si limitano ad intermediare il lavoro dei precari, ma sono funzionali ad un quadro generale di finanziarizzazione del rapporto di lavoro. Altro che "Obiettivo Lavoro"; il vero obiettivo è l'indebitamento dei precari. La precarietà rende il lavoratore più vulnerabile non solo sul luogo di lavoro, ma anche nei confronti dell'usura, ovviamente legalizzata. Le agenzie di lavoro interinale infatti concedono generosamente ai loro "assistiti" la possibilità di accedere a dei prestiti da parte delle banche. In queste transazioni finanziarie i precari non risultano come dipendenti delle varie aziende in cui sono assunti temporaneamente, ma come dipendenti dell'agenzia di lavoro interinale a cui fanno riferimento, che costituisce così il loro filo di continuità nello sfruttamento.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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