Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Con il referendum di domenica scorsa, il governo greco ha guadagnato un po' di tempo. Lo stretto tempo necessario per far dimenticare alle opinioni pubbliche europee il risultato del referendum stesso; ed anche il tempo per allestire operazioni di delegittimazione morale ai danni di Syriza, magari con l'ausilio di qualche inchiesta giudiziaria. Nel Sacro Occidente si respira un dieci per cento di aria ed il novanta per cento di propaganda. Ma per il momento prosegue la navigazione a vista di Tsipras, il quale è stato gratificato da molti commentatori con i consueti luoghi comuni sull'astuzia negoziale e sul bizantinismo dei Greci.
In realtà in questi decenni ad essere ingannati sono stati soprattutto i Greci. Lo sono stati insieme con altri Stati Europei, quando si è fatto credere che l'euro potesse rappresentare il grande business di una moneta di pagamento internazionale in concorrenza con il dollaro. Non solo la Grecia, ma anche altri Stati Europei hanno truccato i conti pur di entrare nel business, ma l'euro come alternativa al dollaro è rimasto una chimera. L'unico capo di Stato che aveva provato a sostituire il dollaro con l'euro nelle transazioni di petrolio, fu Saddam Hussein nel 2003, e si è visto cosa gli è capitato.
L'altro inganno è stato perpetrato nel 2010, quando si è spacciato l'indebitamento con il Fondo Monetario Internazionale per una soluzione ai problemi finanziari della Grecia, mentre ora quel debito con il FMI costituisce il principale problema. L'ingresso del FMI nella crisi greca fu deciso alla fine di aprile del 2010 da Obama e dalla Merkel. Ad essere contrario all'ipotesi FMI, era l'allora presidente francese Sarkozy. Deciso una volta tanto nella vita ad evitare di fare cazzate, Sarkozy fu però indotto a cedere sotto le pressioni di USA e Germania e per le manovre del suo compatriota Dominique Strauss-Kahn, all'epoca direttore generale del FMI.
I fatti furono riportati con dettaglio dal quotidiano "Il Sole-24 ore", però con un titolo che cercava di minimizzare il tutto come bega in ambito francese (anche il presidente della BCE era allora un francese, Trichet).
Come in una commedia degli inganni, la Merkel ed il suo ministro dell'Economia, Schauble, svolsero la parte dei ruffiani al servizio degli Stati Uniti e del FMI. La stessa Merkel fu incaricata anche di svolgere il ruolo mediatico della "guardiana del rigore", per attirarsi gli odi e le antipatie in modo da depistare l'opinione pubblica dalle responsabilità degli USA e del FMI. La commedia degli inganni continuò l'anno dopo, quando uno Strauss-Kahn in pieno delirio di grandezza aveva in effetti cessato la sua utilità, perciò venne estromesso dalla direzione del FMI con uno scandalo sessuale organizzato negli USA.
Il solo commentatore a notare nel 2010 la stranezza dell'arrivo del FMI in una crisi europea, fu l'economista Jean-Paul Fitoussi, che osservò che la presenza del FMI implicava una vera e propria
"terzomondizzazione" dell'Europa. Dopo di allora Fitoussi non ha insistito più di tanto su questo aspetto, soffermandosi invece sulla litania della "crescita", mediaticamente più innocua.
Tsipras sinora non ha potuto sottrarsi alla commedia degli inganni, e sta continuando a fingere che la crisi greca sia un affare interno della UE. Un risultato, quantomeno temporaneo, comunque è stato raggiunto dal governo greco, poiché oggi i governi europei rinunciano a collegare la questione dell'insolvenza greca nei confronti del FMI all'uscita dalla zona euro. La minaccia vera non consisteva nell'essere cacciati dal "paradiso"- in realtà inferno - della moneta unica, ma nel far ritrovare la Grecia in una situazione critica anche dal punto di vista strategico-militare, poiché la zona euro è uno strumento della NATO per accerchiare la Russia, e non si può pensare di uscire dall'euro senza vedersela con la NATO.
L'euro in sé costituisce però solo uno strumento coloniale come tanti, le cui sorti sono legate all'avvento della "NATO economica", cioè il TTIP. Ma per un po' di tempo il TTIP è stato rallentato non solo per le timide resistenze europee, ma per contrasti interni agli stessi Stati Uniti, dove il Congresso era stato costretto a dar voce alle preoccupazioni delle aziende statunitensi che temono un ulteriore aumento dello strapotere delle corporation multinazionali. Per lo stesso motivo era stato bloccato un analogo trattato per l'area del Pacifico. Proprio alla fine di giugno il Congresso si è però calato le brache, per cui
il TTIP ora incombe di nuovo, e le residue speranze di salvezza sarebbero affidate alle opposizioni interne al parlamento europeo. Figurarsi.
Per la Grecia la NATO costituisce il maggiore degli inganni. Nel 2012 il quotidiano britannico "The Guardian" pubblicava un articolo in cui si poneva in evidenza l'ipocrisia tedesca riguardo alla pretesa secondo cui la Grecia prima del 2010 avrebbe "vissuto al di sopra dei propri mezzi", secondo la classica dizione fondomonetarista. In effetti l'unico settore dove le spese greche sono state folli è quello degli armamenti, in quanto le spese militari greche avrebbero superato in media il 7% del PIL, a fronte di una media europea del 2%. La maggior parte dello sforzo finanziario greco è andato all'acquisto di armi tedesche, perciò "The Guardian" non esita a parlare di
"ipocrisia tedesca".
L'ipocrisia è tanto più stridente se si considera
la rete di tangenti con la quale le multinazionali della "virtuosa" Germania hanno "lubrificato" i propri affari in Grecia ed in altri Paesi. La più investita da questi scandali di tangenti è stata la maggiore impresa tedesca, la Siemens; ma nonostante le inchieste giudiziarie ed i rinvii a giudizio, le effettive dimensioni e le articolazioni dell'edificio di corruzione non si sono affatto chiarite.
"The Guardian" non rinunciava ad una nota nazionalistica un po' ridicola, affermando che le spese reali sarebbero difficili da quantificare, poiché le spese per armamenti in Grecia non sarebbero trasparenti come nel Regno Unito (sic!). In realtà le spese militari non sono trasparenti in nessuno Stato, poiché vengono dissimulate in capitoli di spesa insospettabili. In Italia, ad esempio, le spese per le basi NATO sono capitolate come "fondi per lo sviluppo regionale". Ma l'articolo del quotidiano britannico, pur soffermandosi giustamente sull'ipocrisia tedesca, non sottolineava l'aspetto più paradossale dell'attuale situazione della Grecia. Nell'articolo, si osservava infatti che la paranoia militaristica della Grecia è soprattutto in funzione anti-turca, per l'annosa questione di Cipro; una questione che nel 1974 causò addirittura una guerra aperta tra Grecia e Turchia. Ma, all'epoca, come ora, la Grecia e la Turchia facevano entrambe parte della NATO, nella quale i due Paesi entrarono insieme nel 1952. Nel 2006 tra questi due "alleati" della NATO vi era stato persino uno scontro aereo; e, per tutto l'anno in corso, il governo greco ha continuamente denunciato
violazioni del proprio spazio aereo da parte della Turchia, la quale ritiene di poter compiere le sue esercitazioni militari senza chiedere alcuna autorizzazione.
Certo si può sempre dare la colpa di tutto ciò all'Impero di Bisanzio ed all'Impero Ottomano, se no a che serve il Liceo. Ma sta di fatto che la NATO non ha impedito una guerra aperta tra due suoi Paesi membri, e non cerca di impedire che quei due Paesi continuino a considerarsi nemici ed a provocarsi. Non lo impedisce perché non gliene frega nulla; anzi, gli affari delle armi vanno benissimo. La funzione della NATO non è di creare la pace e l'armonia tra i partner, ma aggredire gli altri.
Per il potere gli anni '80 non sono mai finiti, anzi continuano in questa assoluta convinzione di risolvere tutto con l'arroganza e la propaganda, tanto veri avversari non ce ne sono più. In
un'intervista alla rivista "Newsweek" l'ex segretario generale della NATO, il danese Rasmussen, ha ammonito il governo greco a non cercare più aiuti e sostegni in Russia. Secondo Rasmussen l'attuale Russia sarebbe persino più pericolosa della stessa Unione Sovietica.
L'affermazione di Rasmussen, dal punto di vista politico, costituisce un assoluto nonsenso. Se la Russia fosse davvero così aggressiva, Rasmussen si guarderebbe bene dal dirlo apertamente ed adotterebbe un registro molto più prudente. La totale mancanza di ritegno nella propaganda costituisce un segnale di assenza di autentici timori. La Russia di Putin continua infatti a muoversi su una linea di basso profilo, reagendo ad aggressioni e provocazioni il minimo indispensabile, dato che, prima di tutto, vengono gli affari di Gazprom. C'è quindi da dubitare dell'ipotesi che Putin si dia da fare per portare la Grecia fuori dalla NATO.
Sino all'anno scorso Matteo Renzi sosteneva in Europa la parte del Pierino che stuzzicava l'arroganza della Commissione Europea. Nei giorni cruciali della trattativa tra la "Troika" ed il governo greco, si è scoperto invece che il ruolo di Renzi nei confronti delle burocrazie sovranazionali è stato quello che, con espressione anglosassone, viene definito dello "yes-man", cioè di un servile esecutore di direttive.
Renzi beneficia in patria dei tipici privilegi del fantoccio coloniale, tra cui quell'alone di "irresistibilità", l'apparente capacità di paralizzare gli avversari; una "qualità" che molto difficilmente un leader prodotto da sole lobby interne può vantare. I conflitti puramente interni sono di solito senza esclusione di colpi, mentre solo i poteri sovranazionali sono in grado di incutere quel terrore che produce l'effetto di paralizzare tutte le possibili fronde. Nella vicenda greca l'Italia aveva a disposizione un oggettivo ruolo di mediazione, un ruolo che in prospettiva avrebbe potuto utilizzare anche a proprio vantaggio. A questo possibile ruolo invece Renzi ha completamente rinunciato; ed è questa rinuncia il pegno che ha pagato perché gli si conceda di fare la parte del padreterno in Italia.
Nella conferenza stampa congiunta di ieri, Renzi non solo si è posto nella posa dello scolaretto lecchino nei confronti della maestra Merkel, ma ha persino fatto ricorso ad una squallida demagogia in cui l'attuale Grecia allo stremo è stata descritta come un Paese di incalliti gaudenti. Nei giorni scorsi anche il ministro dell'Economia Padoan ha esibito uno sfrenato
zelo accusatorio nei confronti del governo greco, etichettato come unico responsabile del fallimento della trattativa. Per non smentire del tutto la retorica della "crescita" da lui condotta per tutto lo scorso anno, Padoan avrebbe potuto quantomeno fingere di fare un po' di "cerchiobottismo". Si potrebbe pensare che il timore di urtare le suscettibilità dei potenti sia stato troppo forte. Ma Padoan non si è limitato a mentire circa le responsabilità del governo greco, in quanto ha mentito soprattutto sull'identificazione delle parti in causa, come se davvero la partita si giocasse tra Unione Europea e Grecia, o come dicono i media ufficiali, tra Bruxelles e Atene.
Alle scuole medie ci hanno spiegato che, a differenza della favola, la fiaba non è vincolata ad un significato preciso, ma è un racconto che sviluppa liberamente delle suggestioni e delle situazioni. Eppure anche nelle fiabe si è costretti ad un minimo di coerenza narrativa. Se a svegliare Biancaneve, invece del Principe Azzurro, arriva Buffalo Bill, anche un bimbo capisce che qualcosa non torna. La fiaba europea non ha obbedito neppure a questa minima coerenza narrativa, dato che l'attore principale della "Troika" e della trattativa con la Grecia è stato un'istituzione che con la UE non c'entra nulla, cioè il Fondo Monetario Internazionale. Dato che Padoan proviene proprio dal Fondo Monetario Internazionale, si capisce nella circostanza il suo preciso interesse a mentire.
Durante la trattativa, l'amministrazione USA ha recitato ufficialmente il ruolo dell'osservatore accorato, ma imparziale. Non solo però il FMI ha sede a Washington (e non a Bruxelles!), ma gli USA ne sono persino il componente principale, quello con diritto di veto. Quindi Buffalo Bill c'era, ma nessun commentatore ha ritenuto di dare rilievo al fatto.
Si è detto che viviamo nella società dell'immagine, ma non viviamo neppure propriamente in una società della parola, in quanto la presenza/ingerenza del FMI è sempre stata riferita, senza però che venisse scalfita la credibilità della fiaba europea. Si potrebbe dire perciò che viviamo in una società del commento, in una società dell'opinione. Ciò che non viene indicato e commentato dagli opinionisti ufficiali, semplicemente non esiste. In tal modo gran parte dell'opinione pubblica si è fatta l'idea che la questione in ballo fosse la permanenza o meno della Grecia nella zona Euro, quando ciò invece non era e non poteva essere oggetto di trattativa.
La Grecia è indebitata sino al collo, ma non si tratta del debito pubblico che contraeva sino al 2010, bensì di un mega-debito con il FMI. A tenere per il collo la Grecia non sono gli investitori nel suo debito pubblico, e neppure l'Unione Europea, ma il FMI; ed in questi giorni è in scadenza un'altra rata del debito greco con il FMI. Agli inizi di giugno, il direttore generale del FMI, Christine Lagarde ha posto la questione del pagamento di questa rata con
un'aggressività da creditore privato, mentre lo stesso FMI vanterebbe addirittura lo status giuridico di agenzia ONU. Ciò va a tutto vantaggio della credibilità dell'ONU.
I media ufficiali danno per scontato il nesso consequenziale tra l'insolvenza della Grecia nei confronti del FMI e la sua uscita dall'euro, e addirittura dall'Unione Europea. A diffondere questa falsificazione tutti i media si sono affaccendati, ed in zelo propagandistico si è distinta la ex creatura di Corradino Mineo, RaiNews24, che è riuscita nell'impresa di far rimpiangere il TG4 di Emilio Fede.
Ma questo nesso tra insolvenza nei confronti del FMI ed uscita dall''euro, dal punto di vista giuridico non esiste, come il governo greco ha del resto rilevato, annunciando un
ricorso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che ha sede in Lussemburgo. Ma, se è per questo, non esistevano neppure le premesse giuridiche della cosiddetta "Troika", cioè del fatto che la gestione della crisi UE sia stata affidata, oltre che alla Commissione ed alla Banca Centrale Europea, anche ad un organo esterno come il FMI.
Se la Grecia uscisse dall'euro e dall'UE, farebbe un favore a se stessa. Ma non può farlo da un giorno all'altro, senza una strategia; e non per motivi strettamente finanziari. La Grecia infatti è nella NATO; anzi, la NATO è insediata in Grecia.