"
"Propaganda e guerra psicologica sono concetti distinti, anche se non separabili. La funzione della guerra psicologica è di far crollare il morale del nemico, provocargli uno stato confusionale tale da abbassare le sue difese e la sua volontà di resistenza all’aggressione. La guerra psicologica ha raggiunto il suo scopo, quando l’aggressore viene percepito come un salvatore."

Comidad (2009)
"
 
\\ Home Page : Archivio (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 03/10/2019 @ 00:35:12, in Commentario 2019, linkato 7127 volte)
Il caso del voto trasversale del parlamento europeo sui “crimini” del comunismo presenta alcune riconferme ed anche qualche questione irrisolta. Tra le ovvie riconferme ci sono la compiaciuta rottura del PD con la propria tradizione politica ed il carattere fittizio/truffaldino del sovranismo della Lega, che ancora una volta smentisce una delle premesse fondamentali del sovranismo stesso, cioè il non farsi impegolare nelle diatribe ideologiche del passato per non perdere di vista l’obbiettivo prioritario della liberazione nazionale.
La questione aperta riguarda invece il vero movente della criminalizzazione del comunismo da parte delle oligarchie capitalistiche. È difficile credere che i capitalisti soffrano per la sorte dei Kulaki e degli internati nei Gulag. Qual è dunque il vero “crimine” che la memoria del comunismo sovietico è chiamata continuamente a scontare?
Si tratta di un delitto di lesa maestà. L’Unione Sovietica, con la sua semplice esistenza, aveva costretto per quasi due decenni il capitalismo a derogare dalle sue ferree regole di avarizia ed a concedere un po’ di benessere materiale alle popolazioni. La minaccia del comunismo, la sua apparente capacità espansiva, ha determinato infatti la necessità per le oligarchie occidentali di cercare consenso. Ciò ha comportato in alcune fasi persino una condizione di quasi piena occupazione dei lavoratori, una situazione che è arrivata sino all’inizio degli anni ’70.
Solo a metà degli anni ’70, la percezione della crescente debolezza strutturale dell’Unione Sovietica ha permesso al capitalismo di ritornare alle vecchie pratiche pauperistiche e di restaurare le gerarchie sociali attraverso la disoccupazione ed il conseguente ricatto occupazionale nei confronti dei lavoratori. Il successivo crollo dell’Unione Sovietica ha consentito addirittura di rompere gli argini e di avviare sistematicamente pratiche deflazionistiche. La deflazione si è istituzionalizzata con la nascita dell’Unione Europea e della moneta unica, i cui effetti di stagnazione si esercitano non solo in Europa ma a livello globale. La deflazione dell’area-euro è oggi il buco nero dell’economia mondiale. La deindustrializzazione, la decadenza degli standard produttivi e delle infrastrutture, sono stati prezzi che il capitalismo ha pagato per garantirsi la restaurazione delle gerarchie sociali; ma sono stati prezzi pagati senza alcuna remora, sostituendo disinvoltamente la ricchezza reale con le bolle finanziarie. Ad esempio, venti anni fa la Telecom era ancora una delle maggiori aziende telefoniche del mondo, mentre oggi è ridotta ad una piattaforma informatica e qualche call center, di cui una parte è dislocata in Romania per comprimere i costi. L’azienda non detiene più un proprio personale tecnico e deve rivolgersi di volta in volta a soggetti avventizi, con ritardi mostruosi per le riparazioni. Se si volesse minimizzare a tutti i costi il caso Telecom ritenendolo un esempio troppo estremo, allora come abbassamento degli standard aziendali può essere considerata paradigmatica la vicenda della Volkswagen che truccava il rilevamento delle emissioni inquinanti. La persistenza del mito/luogo comune del capitalismo produttivistico/consumistico, ha impedito per decenni di riconoscere che la sua vera priorità consiste nel perpetuare comunque il dominio di classe. La stessa nozione di capitalismo è rimasta vaga, concretizzandosi solo nel principio giuridico secondo il quale il potere in un’azienda si calcola in base alle quote di capitale; mentre tutto il resto può essere annoverato sotto il capitolo dell’assistenzialismo per ricchi.

Alcuni fanno risalire la controffensiva restauratrice del capitalismo al documento della Commissione Trilaterale del 1975 sulla “crisi della democrazia”. In quel testo si puntava il dito contro il presunto inceppamento dei processi decisionali all’interno dei regimi democratici e si invocava un’emarginazione delle masse dalla politica per insediare processi di “governance”, un concetto che in Italia venne tradotto come “governabilità”.
La prosa fumosa di quel documento lasciava comunque intendere quali fossero le decisioni allora “paralizzate” che andavano sbloccate, cioè le privatizzazioni e l’eliminazione dei limiti alla circolazione internazionale dei capitali. In realtà accreditare associazioni private come la Trilateral di una capacità direttiva sul capitalismo mondiale è molto azzardato. Il lobbismo privato detiene il suo vero punto di sintesi e di forza in istituzioni, almeno formalmente, pubbliche.
Le informazioni sul deterioramento della situazione interna dell’URSS erano acquisite da organi come il Pentagono, la CIA, la NATO e dal loro complemento finanziario, il Fondo Monetario Internazionale. Non vi è stato neppure bisogno di prendere decisioni, poiché è stata la stessa debolezza del nemico sovietico a far riprendere sicumera e arroganza alle oligarchie occidentali. Il capitalismo non è affatto un sistema impersonale; anzi, in esso sono determinanti sentimenti “umani” come l’avarizia, il rancore, l’odio verso l’uguaglianza e la libidine del comando.
La Trilateral ha rappresentato semplicemente il terminale di pubbliche relazioni di questo nuovo stato d’animo di rivalsa e vendetta sociale. Come avrebbe scritto qualche decennio dopo il ministro di “centrosinistra” Tommaso Padoa Schioppa in un suo articolo-manifesto del neo-deflazionismo, occorreva insegnare nuovamente alle masse la “durezza del vivere”, cioè rieducarle alla catena delle gerarchie sociali attraverso il ricatto del bisogno e della povertà.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Di comidad (del 26/09/2019 @ 00:33:11, in Commentario 2019, linkato 7274 volte)
Ciclicamente ritorna l’offensiva per il “no cash”, l’abolizione del contante. Oltre l’instancabile Gabanelli, c’è stavolta Confindustria, con il suo centro studi, a proporre addirittura di tassare i prelievi di contante.
È molto improbabile che questo tipo di misure possa interessare in questo momento un governo alla disperata ricerca di popolarità. Il PD sta cercando anche di inseguire il consenso degli insegnanti, prospettando l’eliminazione di una delle misure più odiose per la categoria, il famigerato bonus al “merito”. Gli insegnanti sono una categoria che in maggioranza è ancorata al politicorretto e quindi stravede per l’Europa e per Greta, eppure il PD era riuscito nel capolavoro di perderne i consensi.
Un soccorso per il PD è giunto persino da Matteo Renzi, che se ne va con armi e bagagli dal partito portando con sé altri personaggi che comportavano un grossa emorragia di consensi elettorali, Maria Elena Boschi e lo zelota dell’euroliberismo Luigi Marattin.
Molti commentatori hanno cominciato ad elucubrare sulla genialità tattica di Renzi, il quale ora potrebbe ricattare il governo. In realtà Renzi avrebbe potuto ricattare il governo molto meglio dall’interno del PD, dove era ancora il padrone del partito, mentre la sua dipartita per Nicola Zingaretti è tutto grasso che cola in vista della restaurazione della finzione del PD come partito di “sinistra”. È più attendibile perciò che Renzi sia stato costretto ad andarsene e che qualche ricatto, probabilmente giudiziario, lo abbia subito proprio lui.
Se si elucubrasse di meno e si andasse un po’ più al sodo, anche la proposta “no cash” di Confindustria non avrebbe acceso il solito dibattito sui pro e sui contro del contante, bensì avrebbe attirato l’attenzione sul paradosso di una associazione di industriali che si mette a fare lobbying bancario. Non si comprende infatti quale possa essere per un industriale l’interesse di contrastare la piccola evasione fiscale favorita dal contante. A differenza della grande evasione fiscale, che se ne va tutta in speculazioni finanziarie, quella piccola invece alimenta la domanda di beni di consumo, quindi agli industriali dovrebbe far comodo. Chi invece ha un interesse preciso a tenere bassa la domanda e quindi l’inflazione, anzi a trasformarla in deflazione, è la grande finanza, poiché la deflazione mantiene inalterato nel tempo il valore dei crediti e costringe Stati e individui ad indebitarsi sempre di più.
L’allineamento crescente degli industriali con gli interessi della finanza ha però cause oggettive e profonde. Non si tratta solo della caduta tendenziale del saggio di profitto, che rende più remunerativi gli investimenti finanziari che quelli produttivi. Il punto è che il lobbying finanziario possiede un’intrinseca capacità di fagocitare gli interessi industriali.

Sebbene abbiano un astratto interesse prospettico all’aumento della domanda di beni, i mitici imprenditori hanno un interesse molto più concreto e immediato a ridurre la quota salari, cioè a risolvere i loro problemi con la compressione del costo del lavoro. E c’è un solo modo certo per ridurre i salari, cioè quello di aumentare la concorrenza tra i lavoratori creando disoccupazione. Il ricatto occupazionale è fondamentale per le imprese non solo per comprimere i salari, ma anche per i rapporti di potere sui luoghi di lavoro. Più il lavoratore rischia di perdere il suo posto e di non poterne trovare un altro, più sarà disponibile ad accettare umiliazioni.
La contraddizione principale del capitalismo industriale riguarda perciò la sua esigenza di mantenere e consolidare i rapporti di potere nella società; un’esigenza che rappresenta un oggettivo freno interno alle sue potenzialità di sviluppo. Al contrario, la finanza non vive questa contraddizione; anzi, i suoi interessi sia immediati che prospettici sono rigorosamente funzionali all’inasprimento della gerarchizzazione sociale. La finanza si pone quindi come erede naturale delle gerarchie sociali precedenti, anche le più arcaiche. Il nesso tra gerarchizzazione e pauperizzazione risulta di nuovo evidente, perciò l’illusione di un superamento della scarsità dovrebbe essere definitivamente tramontata. Il capitalismo, sia industriale che finanziario, non può fare a meno della povertà, che rimane la sua principale risorsa, la sua materia prima fondamentale.
Disoccupazione e povertà determinano deflazione e quindi maggiore dipendenza degli Stati nei confronti degli “investitori istituzionali”, cioè multinazionali bancarie e soprattutto fondi di investimento. Il creare disoccupazione rappresenta un terreno di interesse comune tra finanza e industria, ma l’alleanza tra finanza e industria contro il lavoro comporta il totale allineamento pratico e ideologico dell’industria al lobbying della finanza.
La resa incondizionata della società nei confronti del potere della finanza si manifesta oggi nella crescente applicazione delle tecniche biometriche al credito, una tendenza che non trova alcun ostacolo nella legislazione, a dimostrazione ulteriore che la Legge non sta affatto lì per proteggere il cittadino comune. Il progetto di poter sostituire la carta di credito e lo smartphone con l’impronta digitale o con la traccia dell’iride, apre scenari da film splatter. Se sei un indebitato, non avrai modo di sfuggire, poiché ogni debito sarà tracciabile attraverso il tuo corpo, con la prospettiva di doversi tagliare una mano o cavare un occhio pur di sfuggire ai creditori.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 274 275 276 277 278 279 280 281 282 283 284 285 286 287 288 289 290 291 292 293 294 295 296 297 298 299 300 301 302 303 304 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 316 317 318 319 320 321 322 323 324 325 326 327 328 329 330 331 332 333 334 335 336 337 338 339 340 341 342 343 344 345 346 347 348 349 350 351 352 353 354 355 356 357 358 359 360 361 362 363 364 365 366 367 368 369 370 371 372 373 374 375 376 377 378 379 380 381 382 383 384 385 386 387 388 389 390 391 392 393 394 395 396 397 398 399 400 401 402 403 404 405 406 407 408 409 410 411 412 413 414 415 416 417 418 419 420 421 422 423 424 425 426 427 428 429 430 431 432 433 434 435 436 437 438 439 440 441 442 443 444 445 446 447 448 449 450 451 452 453 454 455 456 457 458 459 460 461 462 463 464 465 466 467 468 469 470 471 472 473 474 475 476 477 478 479 480 481 482 483 484 485 486 487 488 489 490 491 492 493 494 495 496 497 498 499 500 501 502 503 504 505 506 507 508 509 510 511 512 513 514 515 516 517 518 519 520 521 522 523 524 525 526 527 528 529 530 531 532 533 534 535 536 537 538 539 540 541 542 543 544 545 546 547 548 549 550 551 552 553 554 555 556 557 558 559 560 561 562 563 564 565 566 567 568 569 570 571 572 573 574 575 576 577 578 579 580 581 582 583 584 585 586 587 588 589 590 591 592 593 594 595 596 597 598 599 600 601 602 603 604 605 606

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Aforismi (5)
Bollettino (7)
Commentario 2005 (25)
Commentario 2006 (52)
Commentario 2007 (53)
Commentario 2008 (53)
Commentario 2009 (53)
Commentario 2010 (52)
Commentario 2011 (52)
Commentario 2012 (52)
Commentario 2013 (53)
Commentario 2014 (54)
Commentario 2015 (52)
Commentario 2016 (52)
Commentario 2017 (52)
Commentario 2018 (52)
Commentario 2019 (52)
Commentario 2020 (54)
Commentario 2021 (52)
Commentario 2022 (53)
Commentario 2023 (53)
Commentario 2024 (46)
Commenti Flash (62)
Documenti (30)
Emergenze Morali (1)
Falso Movimento (11)
Fenêtre Francophone (6)
Finestra anglofona (1)
In evidenza (33)
Links (1)
Manuale del piccolo colonialista (19)
Riceviamo e pubblichiamo (1)
Storia (9)
Testi di riferimento (9)



Titolo
Icone (13)


Titolo
FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


21/11/2024 @ 14:05:32
script eseguito in 46 ms