Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Alla fine di giugno la Commissione Europea ha promulgato un “regolamento” sull’installazione delle antenne 5G, nel quale si afferma che questo tipo di opere non necessita di autorizzazione. La Commissione si è quindi limitata ad avallare quanto già si stava facendo, dato che un po’ ovunque i governi hanno approfittato dei lockdown, con la conseguente impossibilità per le popolazioni di protestare, per installare tutto l’installabile.
I lockdown sono stati giustificati ufficialmente con esigenze di salute pubblica; d’altra parte le considerazioni di tutela della salute pubblica non hanno avuto alcun peso nella vicenda del 5G. Gli studi sulla pericolosità per l’incolumità delle persone esposte alle radiazioni, provengono da ambienti scientifici e medici come l’ISDE, un’ organizzazione internazionale con tanto di riconoscimento ufficiale da parte dell’ONU e dell’OMS; nell’ISDE si inserisce anche l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente. Eppure tutte le segnalazioni e le denunce a riguardo sono state classificate nelle fake news.
Salute e scienza possono essere invocate o liquidate a seconda delle esigenze del business e della potenza del lobbying che sta dietro il business. La Commissione Europea non ha mancato di ammonire sull’importanza, presunta, della tecnologia del 5G per rilanciare l’economia prostrata dall’emergenza Covid. Anche la parola “economia” assume peso a misura della potenza del lobbying che sta dietro i vari business. Non ci si è fatti alcuno scrupolo nell’azzerare migliaia di attività produttive e commerciali col pretesto del Covid, ma ora i danni causati dall’emergenza Covid diventano un ottimo pretesto per veicolare e imporre il 5G. “Salute”, “scienza” ed “economia” si sono rivelate delle astrazioni che nella narrazione ufficiale sono state fatte agire come se fossero dei soggetti concreti.
L’azione dei personaggi della messinscena si articola più o meno nei termini seguenti. Stato si accorge che Salute ha un problema perciò si rivolge a Scienza per farsi consigliare su come risolverlo. I consigli che Scienza ha dato a Stato per aiutare Salute però creano problemi ad Economia. Per soccorrere Economia, Stato deve rivolgersi a Mercato per farsi prestare dei soldi. Il personaggio che dovrebbe conferire alla fiaba un lieto fine è Europa, un vecchio avaro che però, come lo Scrooge del racconto di Charles Dickens, ha potenzialmente un cuore d’oro. Per rendere la vicenda più “intriguing” c’è anche un settimo personaggio; l’antagonista, il “villain”, un certo Populismo Nazionalismo, uno Iago che vorrebbe mettere zizzania tra Stato ed Europa.
Questa è la narrazione mediatica da prima o seconda serata di Rai1, ma ci sono anche versioni più “pulp” per palati difficili. A proposito della gestione dell’emergenza Covid, lo scorso aprile il settimanale britannico “The Economist” ha pubblicato un serioso articolo che propone una variante alla messinscena. Secondo “The Economist”, Stato non deve sacrificare pregiudizialmente le esigenze di Economia per aiutare Salute ma deve affrontare il caso cinicamente, comparando costi e benefici in base a modelli probabilistici. L’inconsistenza delle tesi dell’articolo sta nel dare per scontato che esista un personaggio Scienza che possa fornire criteri di probabilità stabiliti secondo un modello condiviso. Sennonché Scienza si è rivelato Uno Nessuno e Centomila: nei mesi scorsi si è assistito ad una ridda di dichiarazioni da parte di scienziati, molti dei quali discettavano su basi puramente speculative, tanto che non si capiva dove si parlava di probabilità e dove invece di mera possibilità. Dato che in definitiva tutto è possibile, ma non tutto è probabile, non c’è alcun calcolo serio da fare.
Come si è visto, neppure Salute ed Economia sono personaggi che possano vantare un’identità stabile. L’articolo del settimanale “The Economist” è quindi un abile esercizio di retorica costruito per entusiasmare i fan della presunta razionalità capitalistica oppure, alternativamente, per indignare con un’esibizione oscena di pornocapitalismo le anime belle della sinistra politicorretta. Le scelte reali sul Covid non sono state dettate né da preoccupazioni sanitarie né da calcoli probabilistici, bensì dai rapporti di forza tra le lobby. Le lobby più potenti, quelle che possono vantare una saldatura col potere militare, sono riuscite ad imporre i propri interessi.
Il personaggio “Europa” è quello che dovrebbe essere oggetto di una demistificazione più urgente. L’europeismo nasce esclusivamente in funzione delle esigenze della NATO. L’avversario era un’Unione Sovietica isolata economicamente insieme con i suoi satelliti; in questo confronto militare l’economia ha svolto una funzione di arma. Si può definire “arma” tutto ciò che è in grado di danneggiare l’avversario. Sino agli anni ’70 l’unità europea è stata un veicolo di sviluppo economico per delineare un modello vincente e attrattivo da opporre alla stagnazione sovietica. Con il declino dell’URSS negli anni ’80 il ruolo espansivo dell’europeismo si è attenuato ma, con il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, si è addirittura rovesciato. Negli anni ’90 la Russia avrebbe voluto integrarsi nel sistema economico occidentale, perciò l’arma della NATO contro la Russia è diventata la deflazione, in modo da impedirne o rallentarne la crescita e l’integrazione con l’Europa. Il rallentamento della crescita europea, già delineato nei termini del Trattato di Maastricht, ha danneggiato la Russia rendendo meno appetibili le sue materie prime.
Nel 1992 l’Unione Europea di Maastricht nasce quindi come macchina deflazionistica. Per la lobby dei creditori è stata una benedizione. I creditori vogliono la deflazione per preservare il valore dei loro crediti e quindi la deindutrializzazione causata dal lockdown è andata benissimo per i loro interessi. Ciò spiega anche perché si continui a paventare l’eventualità di un ritorno al lockdown, dato che è un timore di per sé sufficiente a scoraggiare altri investimenti in attività produttive o di commercio tradizionale. Le lobby possono anche agire in cordata ed in effetti la persistenza della paura del contagio è un fattore trascinante per le multinazionali farmaceutiche e per la lobby dei vaccini.
Il digitale 5G a sua volta è fondamentale per la tecnologia militare dei droni e quindi tutto è lecito pur di installarla. Anche per le multinazionali del digitale, ovviamente, il lockdown e il "distanziamento sociale" hanno rappresentato una benedizione poiché sono stati un incentivo senza precedenti al commercio online.
Nella gestione della vicenda Covid hanno trionfato gli interessi delle lobby che avevano maggiori agganci col militarismo della NATO. Il quadro comunque non è univoco. Il conflitto militare a bassa intensità vede oggi un terzo attore, la Cina; proprio il Paese da cui è partita l’emergenza Covid. Per reagire all’aggressività statunitense, il governo cinese ha usato il Covid per imprimere un’accelerazione alla deflazione, ciò in base alla considerazione che gli USA sono diventati con lo scisto il maggior produttore di petrolio, perciò una brusca decrescita ed una conseguente caduta dei prezzi del petrolio metteranno nei guai soprattutto loro.
Il cialtrone Trump è stato considerato da molti un presidente estraneo alle lobby finanziarie e favorevole alle lobby industriali e commerciali. Se ciò fosse stato vero, il Cialtrone della Casa Bianca avrebbe cercato un accordo con la Cina per indurla a comprare petrolio statunitense. Al contrario, Trump ha persistito in un contenzioso inconcludente col governo cinese, avallando persino la rivoluzione colorata di Hong Kong, alla quale Pechino non poteva evitare di reagire; infatti è arrivata l’emergenza Covid. Sedata dapprima con le sole misure sanitarie, ora la rivolta di Hong Kong è affrontata senza più remore, tanto che il governo cinese ha insediato nella città un Ufficio per la Sicurezza Nazionale. Una misura così drastica era impensabile sino all’anno scorso, ma il clima di guerra fredda avviato dagli USA ha finito per conferire alla scelta l’alone di uno stato di necessità.
Ringraziamo Mara per le segnalazioni.
Oltre che per le solite banalità, il cosiddetto Piano Colao si caratterizza per aver ripresentato la proposta di limitazione alla circolazione del contante. Osservatori che si occupano da anni della questione, come Beppe Scienza, hanno notato che Vittorio Colao ha conferito alla misura della limitazione del contante una radicalità che supera persino i desiderata delle banche.
In un contesto economico in cui la prospettiva pare quella di un avvitamento recessivo, qualsiasi ostacolo ai piccoli scambi apparirebbe decisamente fuori luogo. In realtà non lo è se si riconosce che l’obbiettivo, non tanto di Colao ma di chi lo ha messo lì, sia appunto quello di favorire la spirale deflazionistica. L’abolizione del contante è uno dei cavalli di battaglia del politicorretto, poiché, senza alcun riscontro empirico, essa è spacciata come una misura contro l’evasione fiscale. Si tratta di un ulteriore esempio della saldatura storica tra la retorica falsamente di sinistra con gli interessi della lobby dei creditori, che teme più della peste una ripresa della produzione e della domanda, con le ovvie conseguenze inflazionistiche che andrebbero ad intaccare il valore dei crediti. Tra l’altro l’esperienza sul denaro digitale, confermata dal recente caso finlandese, indica che l’uso della carta di credito stimola l’indebitamento dei singoli e delle famiglie; ulteriori debiti privati che andrebbero a pesare sull’attuale deflazione da debiti.
Come personaggio Colao appare “fuori luogo” quanto le sue proposte, dato che il manager di un’impresa privata non si pone in un’ottica macroeconomica ma esclusivamente dal punto di vista dei suoi azionisti. Scegliendo Colao, il governo Conte ha compiuto perciò l’ennesima operazione di auto-delegittimazione della politica avallando il mantra secondo cui un Paese deve essere gestito come un’azienda. L’ex manager di Vodafone in questa circostanza non ha dalla sua neppure il consueto argomento del “ce lo chiede l’Europa”, semmai il contrario, vista la passione della Germania per il contante. Si tratta di un dettaglio che viene messo in evidenza da tempo da parte di osservatori indipendenti ma che non trova una sponda nella grancassa mediatica. La Germania e la sua leggendaria avarizia rimangono comunque il grande alibi mitologico della lobby della deflazione, che invece ha le sue roccaforti anche in un Paese come l’Italia, nei fatti molto più avaro della stessa Germania. Un’Italia avara ovviamente verso i suoi cittadini, mentre i soldi da versare al bilancio europeo o al MES si trovano sempre. Ma si tratta di soldi ben spesi perché sono sottratti alla spesa pubblica interna.
I miti della razza ariana non passano di moda e trovano sempre nuove declinazioni. In questi giorni si è arrivati a spiegare la limitata diffusione del Covid in un Paese come la Repubblica Ceca con i legami del suo popolo con la razza germanica. La mitologia razziale conserva un grande fascino anche in epoca di politicorretto e proprio a causa di esso e della sua ambiguità. La ricerca di modelli ideali a cui ispirare i propri progetti di palingenesi morale infatti si presta benissimo a suggestioni razzistiche, per quanto mascherate con un’opportuna retorica.
Intanto negli Stati Uniti le principali multinazionali germaniche continuano ad incappare nello spremiagrumi locale. Dopo Deutsche Bank e Volkswagen adesso sta toccando a Bayer. Il colosso farmaceutico tedesco ha dovuto versare quasi undici miliardi di dollari a titolo conciliativo per evitare cause in conseguenza degli avvelenamenti da parte di Monsanto con il suo erbicida glifosato. In molti hanno notato che negli USA azioni legali tenute in frigo per anni, improvvisamente sono state riattivate non appena Monsanto è stata acquisita da una multinazionale straniera come Bayer.
Nella fiaba mediatica nostrana la Merkel e i suoi colleghi di governo passano da padreterni e fulmini di guerra, ma nella vicenda Bayer-Monsanto si sono dimostrati degli sprovveduti, omettendo ogni vigilanza e plaudendo acriticamente ad un “affare” che tale non era. Talmente sprovveduti da credere che la furbizia consista nell’agire con slealtà e malafede. Nel dicembre del 2017, mentre il governo tedesco vietava il glifosato in Germania, lo imponeva al resto dell’Unione Europea per altri cinque anni, proprio per rendere conveniente l’acquisizione di Monsanto da parte di Bayer, dato che l’accordo tra le due multinazionali si stava concludendo in quei giorni. Con l’acquisto di Monsanto, la Germania è cascata nella tipica truffa all’americana, la cui tecnica (illustrata nel film del 1973 “La Stangata”) consiste appunto nel far credere al truffato di essere lui il truffatore. Una bella figuraccia anche per la UE ora che Bayer con il suo patteggiamento ha di fatto dovuto ammettere la pericolosità dell’erbicida.
La Germania è da anni sotto tiro da parte degli USA, soprattutto a causa del nuovo gasdotto Nord Stream 2 che dovrebbe collegarla ulteriormente sul piano energetico alla Russia. I pochi chilometri che rimangono per completare l’opera saranno probabilmente un calvario irto di ulteriori infortuni per le multinazionali tedesche e adesso si prepara anche un pacchetto di altre sanzioni per le aziende coinvolte nel progetto; sanzioni che non è solo il cialtrone Trump a promuovere.
Stranamente questi gasdotti della discordia tra USA e Germania, hanno rappresentato il fattore, non unico ma decisivo, per la vittoria occidentale nella guerra fredda. Fu proprio la prospettiva di poter vendere milioni di metri cubi di gas alla Germania, che indusse gli affaristi della multinazionale russa Gazprom, a liquidare definitivamente l’Unione Sovietica ed il comunismo. Le date non sono casuali: Gazprom fu fondata nell’agosto del 1989 ed il Muro di Berlino cadde nel novembre dello stesso anno.
Nonostante i media italiani non provino a nascondere queste disavventure tedesche prese singolarmente, la mitologia germanica resta intatta, arrivando a descrivere una Merkel finalmente redenta e divenuta provvida e materna nei confronti dell’Italia. Tutto un apparato fiabesco in funzione della sponda estera, vera o presunta, che la nostrana lobby della deflazione ritiene necessaria per coprire i suoi interessi.
Ringraziamo il compagno Claudio Mazzolani per la collaborazione.
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