Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Quando una situazione è grave, bisogna vedere come aggravarla. Questa regola aurea sembra aver ispirato le dichiarazioni del filosofo Massimo Cacciari, secondo il quale non è giusto che a pagare per l’emergenza Covid sia solo una metà della popolazione, perciò a contribuire ai costi dovrebbero essere chiamati anche i lavoratori statali.
Queste dichiarazioni implicano una certa disinformazione, poiché
i lavoratori statali in Italia non sono la metà della popolazione lavorativa, bensì soltanto il 14%, molto al di sotto della media europea. Non si comprende poi per quale motivo sottrarre risorse a quei pochi che sono ancora in grado di spendere e di sostenere la domanda di beni. Ma c’è anche di più: lavoratori statali e lavoratori autonomi non sono caste separate, poiché le due condizioni si intrecciano nelle stesse famiglie. Molti lavoratori autonomi, oggi in drammatica difficoltà a causa dei lockdown, trovano sollievo nel fatto che il loro coniuge è un dipendente statale che può continuare a contribuire al bilancio familiare. Diffondere odio di categoria, oppure odio generazionale, in un momento del genere significa quindi diffondere odio anche all’interno delle famiglie, che rappresentano ancora in Italia il maggiore ammortizzatore sociale.
Di fronte alla tragedia in corso, il filosofo non riesce ad opporre altro che un moralismo punitivo che prende a bersaglio i deboli, in base alla dolorosa considerazione che dovremo pagare per i prossimi decenni l’emergenza di questi mesi. Sarebbe stato magari interessante cogliere il nonsenso di questa situazione: ti salvo dal Covid ma ti condanno a morire di fame e di stenti, oppure per i proiettili della polizia allorché sarai costretto alla rivolta.
La destabilizzazione da emergenza Covid non si limita ai Paesi del Sacro Occidente. Il blocco del turismo e il calo drastico della domanda di materie prime privano molti Paesi dell’America Latina e dell’Africa di risorse essenziali in valuta estera. Siamo quindi di fronte ad una pauperizzazione globale che comporterà aumento della mortalità per fame, per malattie da denutrizione e per mancata assistenza sanitaria. La domanda ovvia a questo punto è se anche una malattia dieci volte più micidiale del Covid potesse mai giustificare un blocco delle attività economiche, alle cui conseguenze, per stessa ammissione dei governi, non si sarebbe in grado di porre rimedio che in tempi lunghissimi; sempre che nel frattempo non intervengano altre emergenze.
Il mantra del “fidarsi degli scienziati” non sembra avere molto senso, dato che le implicazioni del Covid, come si può vedere, non sono esclusivamente virologiche. YouTube censura i video che non si attengano alla linea dell’OMS sul Covid. Ma quale sarebbe la linea dell’OMS? La stessa stampa mainstream non ha potuto fare a meno di notare che è cambiata innumerevoli volte. Asintomatici prima contagiosi, poi non contagiosi, poi di nuovo contagiosi; lockdown sì, lockdown no, lockdown ni, forse, chissà; mascherina no, mascherina sì, mascherina uber alles. L’ultima trovata sarebbe che si potrebbero evitare i lockdown se il 95% dell’umanità portasse la mascherina. Ma il 95% dell’umanità è in grado di pagare le mascherine ed ha a disposizione i mezzi per igienizzarle? Ovviamente no, allora perché dire assurdità del genere?
La narrazione della fiaba dell’emergenza Covid prevedeva un lieto fine con la scoperta del vaccino. Sembrava che i vaccini fossero finalmente arrivati, ma le multinazionali farmaceutiche che li producono sono le prime a non crederci. Mentre annunciava la scoperta del vaccino, l’amministratore delegato di Pfizer vendeva le proprie azioni. Si può comprendere che Pfizer non creda in se stessa, visto ciò che ha combinato con la sperimentazione dei suoi farmaci sui bambini nigeriani; un fattaccio che ha comportato strascichi giudiziari ed ispirato persino un film di denuncia: “The Constant Gardener”.
Ma dopo Pfitzer anche le multinazionali farmaceutiche Moderna e Astrazeneca hanno venduto proprie azioni subito dopo aver lanciato l’annuncio della scoperta del vaccino, come ad ammettere che si trattava solo di effimere speculazioni di Borsa e che non si ha alcuna fiducia in movimenti di capitali che assicurino un incremento stabile del valore delle proprie azioni. Un paradosso che, ancora una volta, è stato stigmatizzato persino dalla stampa mainstream.
La gestione in chiave emergenzialistica dell’epidemia di Covid ha origini politiche. Il governo cinese se ne è servito per sedare le rivolte di Hong Kong; mentre gli “austriacanti” della Regione Lombardia vi hanno colto l’occasione per incrementare le loro spinte autonomiste o, per meglio dire autocoloniali, facendo da sponda al neo-imperialismo tedesco in Europa.
Ma ora al conflitto imperialistico si è intrecciato il business speculativo. Il vaccino anti-Covid sembrava essere il business del secolo, ma si è sgonfiato prima di cominciare. Il fatto è che in questi mesi il titolo di Borsa di Amazon si è piazzato stabilmente oltre il valore di tremila dollari: una performance forse senza precedenti storici, certamente dovuta ai lockdown. Se si considera che il titolo Pfizer vale cento volte di meno, si comprende che la speculazione di Borsa è canalizzata verso il business digitale. Anche altre multinazionali del digitale esibiscono performance simili: Google infatti ha registrato un aumento del valore delle sue azioni del 34% dall’inizio dell’anno.
Chi detiene azioni di Amazon o di altre multinazionali del digitale non vuole saperne di fine dell’emergenza e del ritorno ad un commercio tradizionale. Oggi la movimentazione dei capitali di Borsa è regolata nella gran parte da algoritmi, perciò c’è una spinta automatica alla perpetuazione dell’emergenza. Ormai il denaro ha una tale velocità di circolazione che surclassa la velocità del pensiero. Diventa quindi altrettanto automatico che il lobbying si muova nella direzione di tenere vivo l’allarme e che gli addetti alle pubbliche relazioni si attivino con le loro tecniche pubblicitarie per intossicare ancora di più i media. Si parla già di una “terza ondata” del contagio e forse ne sono in preparazione una quarta e una quinta.
Ringraziamo Cassandre per la collaborazione.
Il vaccino Pfizer non ha suscitato nelle Borse l’entusiasmo che ci si poteva attendere, per cui, persino sul piano finanziario, pare che non ispiri fiducia. L’interesse degli investitori è andato invece ai titoli del Tesoro USA, che ha piazzato ventisette miliardi di buoni trentennali in un colpo solo. Come a dire che il Tesoro USA promette a chi compra i suoi titoli che questi non si svaluteranno nei prossimi decenni, quindi non ci sarà nessuna inflazione, semmai deflazione secolare.
I vaccini funzionano invece nell’ambito comunicativo. Per preservare il pubblico da notizie pericolose sui leader, gli “spin doctor” non censurano la notizia, bensì la anticipano, fornendola in una forma indebolita e contraffatta che screditi preventivamente le informazioni quando verranno comunicate nel modo corretto. In questo modo si può persino vaccinare le masse contro la malattia del dubbio. Il mainstream celebra in astratto il dubbio come virtù intellettuale suprema, ma in concreto lo ridicolizza se il dubbio si applica alle ideologie vincenti come l’emergenzialismo. Di fronte alle palesi incongruenze della narrazione ufficiale che giustifica l’emergenzialismo messo su per il Covid, c’è il rischio che si diffonda il contagio dell’incredulità, perciò si affida la narrazione anti-emergenziale a Radio Maria, che ci mette dentro Satana ed altri personaggi improbabili, così le masse, immunizzate dal dubbio, tornano all’ovile della narrazione ufficiale.
Comunque non è il caso di farsi venire troppi sensi di superiorità nei confronti delle fiabe religiose tradizionali, perché oggi si fa di molto peggio. Una volta le divinità nascevano nella stalla col bue e l’asinello, mentre ora nascono nei garage, come Steve Jobs e Jeff Bezos. I miliardari sono le nuove divinità da cui ci si aspetta la salvezza del genere umano. Molti si sono bevuti la fiaba secondo cui un esponente dell’oligarchia affaristica come Donald Trump sarebbe diventato il condottiero della lotta contro l’establishment. Lo stesso Trump ha svolto anche lui il ruolo di vaccino comunicativo. Trump ha illuso i suoi sostenitori di liberarli dalla gabbia mentale del politicamente corretto. La falsa critica trumpiana del politicorretto ha ricondotto la polemica politica nell’alveo rassicurante del gioco delle parti tra la destra sguaiata e quell’altra destra dall’atteggiamento “responsabile”, che si fa chiamare “sinistra”.
Molti supporter di Trump non demordono di fronte alle smentite dell’evidenza e fanno notare che egli sarebbe il primo presidente da molti decenni che non ha avviato nuove guerre ma si è limitato ad ereditare quelle vecchie. In realtà non è che gli USA non ci abbiano provato a fare altre guerre nel periodo trumpiano, visto quello che è accaduto col Venezuela. Gli USA hanno cercato di coinvolgere nell’aggressione al Venezuela anche il Brasile di Bolsonaro, che però si è tirato indietro non appena ha visto che il regime di Maduro aveva dalla sua l’attivo appoggio militare della Russia.
Ciò che ha bloccato lo scoppio di nuovi conflitti negli ultimi sette anni (quindi già dall’epoca dell’ultimo Obama), è stato il ripreso attivismo militare della Russia, che ha riscoperto quel ruolo di contenimento dell’imperialismo statunitense che era già stato dell’Unione Sovietica. Spesso i movimenti di capitale contano molto di più delle decisioni dei leader politici, perché i capitali spostano i rapporti di forza. La multinazionale russa Gazprom continua a fare un po’ di profitti, ma i bei tempi sembrano finiti per sempre, sia a causa della depressione economica, sia a causa delle persistenti sanzioni USA per impedire il completamento del nuovo gasdotto che dovrebbe collegare la Russia alla Germania ed all’Europa. I soldi per corrompere i generali e tenerli buoni, quindi Gazprom non li ha più.
Nel frattempo sono cresciute le vendite di armi russe, tanto che la Russia ha scavalcato il Regno Unito nella classifica dei maggiori venditori di armi, piazzandosi seconda, ovviamente dopo gli USA. Per smascherare l’ipocrisia della sedicente “comunità internazionale”, è sufficiente rilevare che i primi cinque venditori mondiali di armi sono i cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. I maggiori piazzisti di armi sono le forze armate e perciò i rapporti di forza in Russia si sono spostati a favore dei militari.
L’economista austriaco Joseph Schumpeter diceva che l’imperialismo è anti-economico. Era la classica mezza verità messa lì per confondere le idee. Il fatto che l’economia dei Paesi imperialisti sia quasi sempre in sofferenza, non vuol dire che le loro oligarchie non incrementino i propri affari. L’imperialismo è anti-economico e porta alla miseria la popolazione del Paese imperialista, ma l’imperialismo arricchisce le oligarchie.
L’economia mondiale sprofonda a causa dell’emergenza Covid, che è una guerra imperialistica ibrida, “a bassa intensità”. Ma persino l’affossamento dell’economia può diventare business. Crescono infatti i profitti delle multinazionali del digitale e soprattutto delle multinazionali finanziarie. I lockdown creano miseria e indebitamento esponenziale degli Stati, delle famiglie e delle imprese, mentre la deflazione secolare garantisce la stabilità del valore dei crediti nel tempo.
L’uovo di Colombo che ha consentito di infischiarsene del PIL è stato il “quantitative easing”, le iniezioni illimitate di liquidità da parte della Federal Reserve e della Banca Centrale Europea. Qualche mese fa gli ingenui si preoccupavano che i finti scrupoli legali della Corte Costituzionale tedesca potessero bloccare gli acquisti di titoli di Stato e di obbligazioni di imprese private da parte della BCE, mentre ora il governo tedesco getta la maschera ed impugna sfacciatamente la bandiera del “quantitative easing”, che ha sempre fatto comodo soprattutto alla Germania.
Come nel film di Luis Buñuel “L’Angelo Sterminatore”, il deficit di bilancio sembrava una soglia insormontabile, salvo poi scoprire che era soltanto un rituale che aveva ipnotizzato tutti. Oggi ci si accorge che un deficit di bilancio del 10% non è un problema e che gli economisti ci hanno preso per i fondelli. Del resto è il loro lavoro.
Ringraziamo Cassandre e Claudio Mazzolani per la collaborazione.
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