Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il direttore dell' Istat ha passato questa notizia "Nel 2020 in Italia oltre 700mila morti come nel 1944" a tutti i quotidiani nazionali, che l'hanno pubblicata.
I CONTICINI (Analisi Statistica)
Lei ha affermato "Nel 2020 in Italia oltre 700mila morti come nel 1944" *quasi* insinuando che
siamo peggio che in guerra. Nessun giornalista si è chiesto, prima di pubblicare la notizia, apparentemente shock, se comparare solo due numeri (i decessi dell'anno 1944 e 2020) omettendo tutta una serie di fattori (dal numero degli abitanti al numero degli anziani, al numero degli anziani con patologie, alla classificazione per età dei decessi, ecc ecc...) non sia un insulto alla nostra intelligenza?
Considerando che nel 1944 la popolazione italiana era intorno ai 45 milioni di abitanti, oggi si
aggira intorno ai 59/60 milioni e i decessi di cui Lei parla sono rispettivamente 679.837 nel '44 e
quelli del 2020 supererebbero i 700.000, secondo le sue stime (e conviene precisarlo che sono solo
sue stime dal momento in cui si parlava 15 giorni fa di 650.000), la percentuale di morti nel 1944 è
di 1,502% mentre quella del 2020 (sua ipotesi) è di 1,166%. Fa sorridere...
A mio avviso, nonostante la sua tesi sia a dir poco imbarazzante e di certo facilmente smontabile,
non andrebbero comparati i dati e le percentuali dei decessi quanto più le differenze di anno in anno
dei dati dei decessi insieme a moltissimi altri fattori che possono averli influenzati.
Prendiamo per esempio l'anno 2015, e giochiamo con le stesse sue carte , ovvero i dati Istat:
nel 2014 - 598.364 decessi , nel 2015 - 647.571 decessi, da un anno all'altro ci sono stati 49.207 decessi in più; nel 2019 - 634.417 decessi , nel 2020 - 650.000 decessi (?) 700.000 (?), una differenza di 15.583 decessi o di 65.583 decessi confrontato al 2017 in cui si presentano 649.061 decessi la differenza è di 50.939 sui 700mila previsti per quest'anno.
Se 15mila morti di differenza rispetto agli scorsi anni bastano per farci sentire in guerra qualcosa
non quadra.
Rispettivamente ai dati in percentuale alla popolazione di ogni anno (sempre dati istat):
anno 2014 - 0,984% di decessi
anno 2015 - 1,065%
anno 2017 - 1,071%
anno 2019 - 1,060%
anno 2020 (con popolazione aggiornata ad agosto) - 1,166 % su ipotesi - 1,083 % su dati ad oggi
calcolati .
Anche confrontando le percentuali (che sarebbe più corretto) si può notare quanto l'interpretazione
dei dati sia fuorviante: dal 2014 al 2015 c'è una differenza di 0,081% di decessi. Proprio tra la fine del 2015 e l'inizio del 2016 molti giornalisti si sono interrogati in merito.
Dal 2019 al 2020 c'è una differenza di 1,106% (su ipotesi) - di 0,023% (su dati ad oggi calcolati) .
Ipoteticamente se quest'anno siamo in guerra, nel 2015 siamo stati a rischio estinzione.
A questi calcoli sarebbe doveroso aggiungere che sono in costante aumento i morti over 60, rispettivamente:
93.968 nel 2013
94.211 nel 2014
94.204 nel 2015
94.308 nel 2016
94.478 nel 2017
94.489 nel 2018
94.670 nel 2019
- la diminuzione dei giovani dei nostri anni, rispetto non solo al 1944, ma anche agli anni '60 '70 '80
e '90, è compensata proporzionalmente (numericamente) con gli over60, però con una mortalità ad
oggi in costante aumento rispetto agli anni sopra citati.
Parlare di danni collaterali dei vaccini non è politicamente corretto, si rischia di passare da no-vax. Sono argomenti riservati ai grandi; però stavolta proprio i grandi ci hanno dato dentro più dei no-vax. A evidenziare i rischi del vaccino BioNTech prodotto da Pfizer, ci ha immediatamente pensato l’agenzia governativa americana addetta al settore, l’ACIP, il Comitato Consultivo sulle Pratiche di Immunizzazione. La lista dei
probabili effetti collaterali è inquietante: allergie, eritemi, gonfiori, febbre, dolori, e così via.
Anche in Italia coloro che si sottopongono alle vaccinazioni vengono invitati a firmare un
modulo per il “consenso informato”, la cui lettura non è soltanto terrorizzante, ma anche sconfortante. Oltre a dover accettare i numerosi rischi collaterali a breve termine (quelli a lungo termine saranno ovviamente accertati nel tempo), chi si sottopone alla vaccinazione viene anche a sapere che la percentuale di inefficacia del vaccino è abbastanza elevata, circa il 5%, perciò persiste anche per i vaccinati l’indicazione di rispettare tutte le norme vigenti. Chi ancora si illudeva che la vaccinazione chiudesse l’epoca delle precauzioni e delle limitazioni ai movimenti, deve ricredersi.
L’insistenza ufficiale sui rischi e sulla possibile inefficacia del vaccino rappresenta un modo per conciliare il business dei vaccini con quello dilagante del digitale, che si avvale proprio della limitazione dei movimenti delle persone. La lobby dei vaccini e la lobby del digitale hanno quindi attuato il loro “compromesso storico” per non invadere i rispettivi orticelli. La vaccinazione di massa ci sarà ma non sarà risolutiva, quindi sono tutti contenti: sia Pfizer, sia Amazon. Nell’ambito di un business tutto digitale come il 5G, non sono stati invece necessari compromessi, perciò, a livello ufficiale, non si parla proprio di possibili
rischi per la salute dei cittadini. I centri di ricerca ufficialmente accreditati per valutare i danni biologici causati dal 5G, sono invischiati nel business in quanto finanziati proprio da chi lo gestisce.
A
finanziare la ricerca sul vaccino della multinazionale tedesca BioNTech ha provveduto interamente il governo di Berlino, infatti la multinazionale statunitense Pfizer ha smentito le dichiarazioni dell’amministrazione Trump circa un finanziamento pubblico di Washington alla ricerca. Sebbene il governo tedesco si sia sobbarcato tutte le spese, le gerarchie internazionali sono state comunque rispettate, coinvolgendo anche il colosso americano Pfizer nell’affare.
Nel febbraio scorso nel Nord Europa l’epidemia di Covid segnalata in Italia era ancora circondata di scetticismo e non mancava chi insinuava che si trattasse di una esagerazione degli smidollati Italiani, oppure di una “furbata italica” per non pagare i debiti. Poi la prospettiva degli affari ha cambiato l’atteggiamento del governo tedesco e del governo francese. Ancora una volta le gerarchie internazionali sono state determinanti: finché l’emergenza Covid era segnalata dall’Italia, rappresentava un’esagerazione; quando invece l’hanno “adottata” Germania e Francia, è diventata per tutto il mondo una cosa seria, anzi, una tragedia senza precedenti.
Germania e Francia, a dispetto della mitica “Framania”, hanno proceduto in ordine sparso ed in competizione di interessi. Grazie alle iniezioni di soldi da parte del governo tedesco, BioNTech ha battuto sul tempo la sua concorrente francese, la multinazionale farmaceutica Sanofi. Ma Sanofi vuole ancora partecipare al business con un proprio vaccino, perciò
la stampa tedesca accusa le istituzioni europee di limitare gli acquisti del vaccino tedesco col preciso scopo di favorire il vaccino francese.
Queste campagne mediatiche di finta indignazione distraggono dal dettaglio principale, cioè la spregiudicatezza finanziaria con cui il governo tedesco sta affrontando, sin dall’inizio, la questione del vaccino. È notizia recente che Berlino ha acquistato trenta milioni di dosi di vaccino BioNTech fuori dagli accordi europei. Il dato eclatante non riguarda tanto il privilegio accordato ai cittadini tedeschi di potersi ricoprire di piaghe e di bolle prima degli altri, quanto il fatto che il governo tedesco prima spende per finanziare il vaccino, poi spende di nuovo per comprare lo stesso vaccino di cui ha già pagato la ricerca. Con questo sfacciato assistenzialismo per ricchi Berlino droga il valore delle sue aziende, alimentando anche le euforie speculative in Borsa. Il valore delle azioni BioNTech infatti è in piena ascesa; certo, nulla di paragonabile con le performance di Borsa dei titoli delle multinazionali del digitale, che però sono tutte americane, per cui agli Europei tocca accontentarsi.
L’infettivologo Massimo Galli ha commentato il
comportamento sleale del governo tedesco con l’amara considerazione che poi siamo noi italiani a passare sempre per i furbi della situazione. Anzitutto, come diceva Bakunin, non è furbo chi è conosciuto da tutti per furbo; e, si potrebbe aggiungere, che non è il vero spendaccione chi da tutti è conosciuto per spendaccione. In questa vicenda Covid, Galli e soci hanno commesso il tipico errore dei bio-politicanti, dimenticandosi che in definitiva il potere si misura in capacità di spesa.
Karl Schmidt diceva che è sovrano chi è in grado di dichiarare lo stato di eccezione; in questo senso la Regione Lombardia nel febbraio scorso si è dichiarata sovrana proclamando l’emergenza Covid e mettendo sistematicamente il governo di Roma davanti al fatto compiuto. I golpisti “lumbard” hanno però lasciato incompiuto il loro colpo di Stato separatista, visto che la Regione Lombardia non ha fatto il passo decisivo, cioè emettere propri titoli di debito nella quantità necessaria. Nell’aprile scorso, per contrastare l’emergenza Covid,
la Regione Lombardia ha emesso bond per soli tre miliardi di euro, quando invece era l’occasione per mettersi in competizione di spesa, e non di avarizia, col governo centrale; come a dire che l’Italia non è solvibile, ma la ricca Lombardia invece sì. Volevano fare il colpo di Stato “lumbard”, mantenendo però il braccino corto all’italiana. L’articolo primo della Costituzione italiana, se fosse realistico, dovrebbe suonare così: “L’Italia è una repubblica fondata sulla guerra civile, e la lesina è la principale arma delle oligarchie contro il proprio stesso popolo”. Se un potere si focalizza sul non spendere, vince nello scontro di classe interno ma finisce per soccombere nella competizione imperialistica. Gli oligarchi lombardi pretenderebbero di imitare i Tedeschi, ma poi, quando si tratta di spendere, non hanno la loro spregiudicatezza.
Con la sua attuale prodigalità il governo di Berlino sta comprando il consenso delle oligarchie regionali e quindi sta contrastando anche il suo separatismo interno, in particolare quello della Baviera. Il malcontento dei separatisti bavaresi si è espresso nei giorni scorsi boicottando l’avvio delle vaccinazioni con il pretesto di
problemi alla “catena del freddo”.
Francia e Germania si ritrovano attualmente con i sistemi bancari maggiormente a rischio a causa dei titoli derivati. La pubblicazione dei dati ufficiali del CER (Centro Europeo Ricerche), non lascia più dubbi a riguardo. Francia e Germania sono sedute su
una polveriera finanziaria ed i loro governi sono entrati nella psicologia del “o la va o la spacca”, perciò si spiega la loro attuale frenesia emergenzialistica. Un business come quello dei vaccini rappresenta ossigeno per i due Paesi, quindi non stupisce che ci abbiano investito tanto; ma il dato più rilevante è che il governo tedesco, più di ogni altro, sta approfittando dell’emergenza per inondare di liquidità le sue aziende.
Ringraziamo Mario C. “Passatempo” e Claudio Mazzolani per la collaborazione.