Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Già prima della nomina ufficiale di De Gennaro a Commissario
Straordinario per la presunta emergenza rifiuti in Campania, il "De
Gennaro style" è risultato riconoscibile per il modo in cui
è stata gestita la "rivolta" di Pianura: inermi e pacifici
cittadini che camminavano per strada, o cercavano semplicemente di
uscire di casa, sono stati picchiati da poliziotti in tenuta
antisommossa, gli stessi poliziotti che lasciavano però
indisturbati i "teppisti" - in realtà altri poliziotti o
confidenti della polizia - che bruciavano autobus e automezzi dei
Vigili del Fuoco; sono comparsi inoltre blocchi stradali fantasma, con
zone della città transennate e con il traffico deviato dalla
polizia, senza che all'interno dell'area chiusa succedesse
alcunché che potesse giustificare il tutto.
Solo in questi giorni però il quadro ed i reali obiettivi della
finta emergenza si sono andati delineando completamente, ed anche
l'assurdità dell'impiego dell'esercito per rimuovere i mucchi di
spazzatura ha trovato una spiegazione. Era irrealistico che dei
generali dell'esercito si rassegnassero senza protestare al ruolo di
netturbini, e chi conosce i meccanismi della gerarchia militare sa che
è possibile opporre mille difficoltà tecniche
all'attuazione di qualsiasi decisione sgradita del Ministro della
Difesa. In questo caso i generali hanno obbedito con una solerzia
sospetta, correndo a disseminare di rifiuti le discariche di tutta
Italia.
Ovunque i rifiuti venissero trasportati, i media hanno riferito di
cittadini in rivolta, un ottimo pretesto per circondare i trasporti di
scorte armate e per intimidire con la violenza le popolazioni. È
evidente che l'enfatizzazione di eventuali dissensi locali, serviva a
mascherare ulteriormente i veri scopi di tutta l'operazione, che per la
sua vastità non può che essere legata alla NATO. Solo nel
contesto del colonialismo NATO, si spiegherebbe poi la sortita fatta
all'inizio dell'anno da parte delle autorità europee, che hanno
intimato al governo italiano di trovare una "soluzione" al "problema"
dei rifiuti in Campania.
Di che tipo e natura siano davvero i materiali che i militari stanno
nascondendo, non è possibile saperlo, e forse ci vorranno anni
perché la verità trapeli.
La situazione è talmente grave, che gli esponenti di quella che
i media chiamano la "sinistra radicale di governo", come Russo Spena e
Pecoraro Scanio, hanno fatto finta di non accorgersi di nulla e si sono
docilmente piegati ad interpretare il ruolo degli imbecilli davanti
all'opinione pubblica; anzi probabilmente sono stati ben contenti di
cavarsela così. La stessa opinione pubblica ha partecipato a
questo gioco delle parti, accettando la spiegazione ufficiale, legata
alla parola magica alla moda: "incompetenza". Oggi la "incompetenza
delle autorità" non è solo uno slogan propagandistico, ma
è diventato un alibi ideologico di primaria importanza. Un sito
web tutto dedicato alla difesa della versione ufficiale sull'11
settembre, ha addirittura adottato la dottrina dell'incompetenza come
spiegazione/rassicurazione universale per ogni crimine affaristico dei
governi e delle multinazionali.
Nella grande torta della colpa che è stata confezionata dai
media in questi giorni, c'è stata però una fettina per
tutti, non solo per le autorità incompetenti, ma anche per gli
ecologisti, per gli egoismi locali, per gli interessi camorristici, ed
anche per i singoli cittadini che consumano senza chiedersi che fine
faranno i loro rifiuti. Tutti colpevoli, nessun colpevole. Anche il
"capitalismo", in quanto entità generica, suggerisce colpe
collettive e non ben identificabili, e infatti le analisi
apparentemente più radicali, in realtà si sono andate a
rifugiare nell'astrattezza e nel razzismo. Che l'attuale modello di
produzione e consumo cosiddetto "capitalistico" produca troppi rifiuti,
è un dato di fatto, ma perché l'emergenza è
scoppiata proprio in una delle aree che consuma meno?
Di fronte a questa domanda, anche le analisi alternative, vanno in
definitiva a coincidere con il razzismo della versione ufficiale, che
attribuisce la causa principale della emergenza rifiuti
all'imprevidenza ed al malgoverno locale. Si avalla in questo modo la
solita ideologia ufficiale, per la quale il colonialismo non esiste, ma
ci sono solo popoli inferiori che devono essere ciclicamente salvati e
soccorsi attraverso invasioni e occupazioni militari.
17 gennaio 2008
La vicenda giudiziaria della famiglia Mastella ha spinto alcuni
commentatori ad evocare il ricordo di quanto accadeva quindici anni fa,
quando si verificò il grande scontro tra magistratura e ceto
politico provocato dalle inchieste della Procura di Milano. A questo
riguardo potrebbe essere istruttivo ricordare quanto accadde
effettivamente in quel periodo, mentre l'opinione pubblica si baloccava
con le immagini dei politici messi alla berlina. La Jugoslavia si
dissolveva, privando così l'industria italiana di uno dei suoi
principali sbocchi commerciali. Chiunque abbia viaggiato per la
Jugoslavia nel corso degli anni '70 e '80, si è potuto rendere
conto della quantità di merci italiane che vi circolava. La
Jugoslavia era praticamente una colonia commerciale dell'Italia, che
agli inizi degli anni '90 non solo perdeva la sua colonia, ma lo
diventava a sua volta.
La classe politica che sopravviveva alla catarsi dell'inchiesta "Mani
pulite" prese una decisione storica, a cui i giornali accennarono
appena nelle pagine interne: l'abolizione delle bolle di
accompagnamento, quei piccoli documenti che seguivano il trasporto
delle merci, e che avevano permesso di scoprire nel 1980 il grande
contrabbando di petrolio che avveniva nel Nord Italia. In pratica si
liberalizzava il contrabbando.
Leggendo un manuale di scienza delle finanze degli inizi del ‘900, ci
si rende conto che, ancora un secolo fa, il principale gettito fiscale
per lo Stato era costituito dai dazi sulle merci in entrata nel
territorio nazionale. Il contrabbando libero - così libero che
ormai chiamarlo contrabbando è un nonsenso -, riduce la
sovranità nazionale ad una espressione vuota e astratta,
poiché non si concretizza più in nessuna entrata
finanziaria per lo Stato.
Cafone, bovino, con gli improbabili occhi a slot-machine, Clemente
Mastella è l'icona oscena di un ceto politico che ormai sa che
le decisioni che riguardano l'Italia non si prendono più in
Italia, e quindi si concentra nella caccia al privilegio nella gestione
del potere locale. Esattamente un anno fa si discuteva della questione
dell'allargamento della base NATO di Vicenza, e Mastella fu l'unico
uomo politico che nella circostanza disse una cosa sensata, e
cioè che ogni discussione era inutile, poiché gli Stati
Uniti non avrebbero mai accettato un rifiuto.
Mentre un politico come Veltroni vive in una sorta di delirio di
identificazione con i suoi padroni americani, illudendosi di diventare
uno di loro, Mastella invece risulta privo di falsa coscienza, e
ciò lo rende irritante, un capro espiatorio ideale su cui la
rappresentazione mediatica può dirottare la rabbia di un Veneto
che deve dimenticare alla svelta la ferita subita appena un anno fa,
che non deve vedere gli oleodotti diretti alla base NATO che passano
per i suoi terreni agricoli, che deve ignorare insomma di essere l'area
principale del traffico illegale del petrolio rapinato dagli Stati
Uniti all'Iraq.
Le rappresentazioni mediatiche sono il luogo di scontro di simboli
astratti, che suggeriscono false identificazioni e false alternative.
Diceva Oscar Wilde che "troppo tardi nella vita si capisce che il
denaro è tutto", e ogni qual volta si perde di vista il percorso
del denaro, si smarrisce anche il senso reale delle questioni.
Sulla questione della visita all'Università "La Sapienza" di
Roma, Ratzinger ha giocato astutamente ad atteggiarsi a vittima, ma
è anche vero che i docenti che si opponevano alla sua visita
hanno giocato a loro volta su una identificazione con Galileo che non
aveva alcun fondamento storico. Nel processo di Galileo la questione
dell'eliocentrismo e del geocentrismo fu marginale, poiché
è ormai dimostrato che anche la teoria eliocentrica era ritenuta
accettabile nell'ambito delle gerarchie ecclesiastiche, ed era stata
persino utilizzata per risolvere alcuni problemi tecnici nella riforma
del calendario operata dal papa Gregorio XIII nel 1582 (è lo
stesso calendario che vige ancora adesso).
Lo scontro con Galileo fu determinato dal fatto che questi reclamava la
sua autonomia come scienziato, cioè non accettava più una
subordinazione gerarchica in cui ogni ricerca doveva essere
condizionata dalla paternalistica accondiscendenza delle
autorità ecclesiastiche. D'altra parte questa autonomia
reclamata da Galileo si basava su un tipo di ricerca scientifica che
poteva esercitarsi con risorse estremamente limitate. Negli ultimi anni
di vita, Galileo poté attuare importantissime ricerche di fisica
con pochissimi soldi, cosa inconcepibile attualmente, dato che la
ricerca dipende dai fondi che le vengono concessi e non certo dai
permessi ecclesiastici.
Oggi la ricerca è finanziata da denaro pubblico, ma risponde ad
interessi privati. Questo intreccio tra denaro pubblico ed affarismo
privato costituisce attualmente la vera forca caudina dello scienziato,
perciò far finta di vivere ancora nel XVII secolo è un
modo per non vedere ciò che accade oggi, ed anche per chiudere
gli occhi di fronte al vero ruolo di un Ratzinger.
Quando a Stalin obiettarono che una sua decisione sarebbe dispiaciuta
al papa, egli rispose con una domanda sarcastica : "Quante divisioni ha
il papa?"
La frase di Stalin era concreta, ma incompleta, in quanto avrebbe dovuto anche chiedere: "Quante banche ha il papa?"
Ai tempi di Stalin la Chiesa Romana era ancora una potenza finanziaria
in proprio, come lo era stata da sempre. Ancora prima che la Chiesa
Cattolica diventasse la religione di Stato dell'Impero Romano, questa
identificazione tra Chiesa e Banca era essenziale, organica. Callisto I
- da cui hanno preso il nome le famose catacombe e che fu papa dal 217
al 222 - era lo schiavo di un potente liberto imperiale, Carpoforo,
anch'egli cristiano. Sebbene fosse giuridicamente uno schiavo, Callisto
era a capo di una banca e fu protagonista di uno scandalo finanziario,
per il quale venne anche arrestato, ma poi liberato proprio su
pressione dei suoi creditori che speravano di riavere i loro soldi.
Papa Callisto I, banchiere e bancarottiere dei tempi eroici e
pionieristici del cattolicesimo, oggi si rivolterebbe nella tomba se
potesse vedere la sua creatura ridotta a potenza finanziaria
subordinata, ad appendice e colonia della finanza tedesca. Fatti fuori
Sindona, papa Luciani e Calvi, la "finanza cattolica" non esiste
praticamente più, ed il segno di questo tramonto è
appunto la scomparsa dei papi italiani.
Ratzinger recita ad uso dei media la parte dell'intellettuale e del
teologo, ma i suoi scritti sono dei collage di citazioni, tenute
insieme da luoghi comuni e frasi fatte. Ratzinger non è
lì in quanto "tradizionalista", ma in quanto rappresentante dei
poteri finanziari che oggi controllano la Chiesa Cattolica.
Per un ricorso storico, la Germania espresse già agli inizi del
XVI secolo una grave sfida finanziaria nei confronti del potere papale,
quando Lutero, per conto dei Principi tedeschi, guidò la rivolta
contro i tributi da versare a Roma sotto forma di indulgenze. Grazie a
quei soldi sottratti al papa, i Principi tedeschi lanciarono una
terribile offensiva di classe contro le loro popolazioni contadine,
stroncandone ogni tentativo di resistenza, fatto che lo stesso Lutero
si incaricò di santificare, scrivendo che massacrare i contadini
corrispondeva alla volontà divina. Anche la storia della Riforma
Protestante, è storia di denaro più che di idee
religiose.
24 gennaio 2008
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