Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
"Questo è l'unico dei miei
racconti di cui conosca la morale. Non è una morale
meravigliosa, non credo; si dà soltanto che io sappia di quale
morale si tratti: noi siamo quel che facciamo finta di essere,
sicché dobbiamo stare molto attenti a quel che facciamo finta di
essere.
… Suppongo che se fossi nato
in Germania, sarei stato nazista, e avrei massacrato ebrei, zingari e
polacchi, lasciando sporgere i loro stivali dai cumuli di neve,
riscaldandomi all'idea della mia segreta virtù. Così
è la vita."
Kurt Vonnegut (dall'Introduzione a "Madre notte")
La morte di Kurt Vonnegut ci costringe a rintracciare note e appunti
e a deciderci a dire la nostra su questo scrittore, non per obbedire
al, peraltro rispettabile, rituale delle celebrazioni; ma perché
questo evento è diventato l'occasione per i media per
riapplicare a Vonnegut l'etichetta di scrittore satirico.
"Satira" è una definizione al tempo stesso riduttiva e
generica se applicata a Vonnegut. La satira può basarsi sia
sulla demistificazione, sia al contrario sulla riaffermazione dei
luoghi comuni. Vonnegut è stato invece un demistificatore, e
spesso la sua demistificazione ha avuto un effetto satirico, ma si
tratta appunto di un effetto secondario.
Vonnegut ha dimostrato che lo scetticismo antropologico costituisce
un'arma contro la sopraffazione, che le pretese del dominio e le
pretese dell'umanesimo spesso si identificano. Idealizzare l'uomo
è diventata una delle principali tecniche per sottometterlo e
umiliarlo. Vonnegut persegue un umanitarismo senza umanesimo, una
difesa degli esseri umani senza illusioni su di loro, comprendendo
quanto sia labile la loro identità e la loro consapevolezza di
sé.
L'umanesimo dell'800 contrapponeva l'Uomo a Dio, proponeva una
divinizzazione dell'Uomo per congedare Dio. Oggi si deve ammettere che
la maggiore obiezione all'esistenza di Dio è costituita proprio
dalla constatazione di quanto faccia schifo l'umanità. Non
può più valere la pretesa cristiana di giustificare
l'esistenza del Male con la libertà che Dio avrebbe concesso
all'Uomo, perché l'entità del Male che gli esseri umani
possono esprimere è tale, che la sua responsabilità non
potrebbe non ricadere su chi li avesse creati.
L'idealizzazione dell'Uomo è sostenuta soltanto tramite
la continua creazione propagandistica di "nemici dell'umanità",
di mostri inumani, che consentano all'opinione pubblica di continuare a
sostenere la finzione di una propria inconsistente superiorità
morale.
Vonnegut ha adoperato il romanzo per tracciare dei modelli
particolareggiati - dei paradigmi - del funzionamento dei meccanismi di
potere. In uno dei suoi romanzi meno noti, "Madre notte" del
1961, Vonnegut racconta una storia che ha come protagonista
uno scrittore americano - un drammaturgo di talento - che, nel corso
della seconda guerra mondiale, accetta di diventare un agente
infiltrato nelle file dei nazisti.
Howard W. Campbell jr. come personaggio ricalca la vicenda di molti
altri scrittori che, come lui, nel corso del '900 si sono lasciati
affascinare dall'avventura di diventare agenti segreti. Campbell - come
D'Annunzio, o il colonnello Lawrence, o Silone, o Malaparte - è
il tipico intellettuale decadente che vuol fare della sua vita un'opera
d'arte, ed è quindi il candidato ideale per farsi reclutare dai
servizi segreti.
Come Lawrence d'Arabia, Campbell è più di un semplice
infiltrato, è un colonizzatore del campo avverso, al quale
fornisce idee e motivazioni. In effetti Campbell non sa nulla di
preciso del suo vero ruolo di agente. Diventa uno dei principali
esponenti della propaganda nazista, affabula milioni di ascoltatori con
i suoi discorsi antisemiti alla radio, e crede di far tutto ciò
per passare informazioni agli Stati Uniti attraverso un codice segreto.
Alla fine del romanzo, vediamo Campbell in Israele, in attesa di
essere processato come criminale nazista. Suo accusatore, un altro
criminale nazista, che egli scopre però essere stato un
infiltrato come lui, addirittura un agente antinazista di origine
ebraica, ora in forza ai servizi segreti israeliani.
Anche Campbell avrebbe l'occasione di essere "riabilitato",
poiché l'agente americano che lo ha reclutato sarebbe disposto,
disobbedendo agli ordini dei suoi superiori, a testimoniare a suo
favore. Campbell però si suicida prima. Il finale è
ambivalente: Campbell ha preferito la morte perché tormentato
dal rimorso, o perché non ha sopportato la ulteriore
vergogna della rivelazione di essere stato un simulatore?
Il suicidio di Campbell è una protesta contro la sua umana
condizione di manipolatore rivelatosi a sua volta manipolabile, sino ad
aver perduto qualsiasi traccia di una presunta identità
originale.
Campbell ha fatto qualcosa di più che fornire informazioni ai
suoi reclutatori: ha lavorato per confezionare per loro un avversario
su misura, ha contributo cioè a creare quel mostro nazista che
era funzionale all'intervento militare statunitense in Europa. Per
passare semplicemente informazioni non occorreva un drammaturgo, ma per
creare i personaggi di una rappresentazione serviva proprio un
drammaturgo.
Vonnegut vuol dimostrare che l'informazione è solo
un'attività secondaria dei servizi segreti, la loro principale
funzione è l'invenzione. Il colonnello Lawrence inventò
la nazione araba, cosi come altri agenti anglo-americani riuscirono dal
1917 in poi ad inventare l'antisemitismo tedesco. Curzio Malaparte, nel
romanzo "La pelle", rappresentò una Napoli corrotta che non era
ancora reale, ma era però nei programmi dei colonizzatori
americani per cui lavorava.
Il vero agente segreto non è un automa, ma è un
creativo. Anche se il suo ruolo non è del tutto
consapevole, e si fraziona all'interno di una catena di montaggio
della mistificazione, l'agente segreto non si limita mai al riportare i
fatti, egli determina i fatti. L' "Intelligence" è l'alibi degli
apparati adibiti alla provocazione.
Il prototipo dell'agente segreto viene comunemente riconosciuto in
James Bond, mentre in effetti dovrebbe essere individuato nel suo
autore Ian Fleming, che fu effettivamente agente dell'Intelligence
Service britannico e consulente della Cia. Come un "creativo" della
pubblicità, Fleming ci ispira falsi bisogni instillandoci false
paure.
Quando un pubblicitario ci vende una scatoletta di tonno, non svolge
davvero la sua funzione, perché fa leva su un'utilità e
non fa altro che ricordarci che per quello scopo utile c'è anche
quel prodotto oltre che quell'altro. Quando invece il pubblicitario ci
fa provare terrore per gli acari, allora può indurci a comprare
qualcosa che altrimenti non avremmo mai comprato.
Gli acari sono esseri minacciosi quanto invisibili che allignano fra
noi, così come gli Ebrei negli anni '30 o i terroristi islamici
oggi. Al Qaeda è come la Spectre dei romanzi di Fleming -
così come Bin Laden è ricalcato sul dottor No o su
Goldfinger -, non è qualcosa di visibile come uno Stato,
ma è solo un fantasma che può essere evocato a
piacimento.
Gli anni '60 furono gli anni del boom di James Bond e, mentre tutti
erano impegnati a guardare la luna, Vonnegut, contrariamente al saggio
cinese, ci suggeriva con "Madre Notte" di osservare invece il dito che
la indicava. Attenti non a Bond, ma a Fleming.
Umberto Eco, nel suo saggio su Ian Fleming - che si trova nel libro
"Il superuomo di massa" - attribuisce a questo autore una mera
motivazione di intrattenimento. Fleming ricorrerebbe, secondo Eco, ad
un'ideologia manichea per costruire fiabe in cui il Bene ed il Male, il
bianco ed il nero siano evidenti.
Qui sembra che Eco voglia sottrarsi all'accusa di essere un ideologo
del complottismo, un'accusa che, per un intellettuale accademico come
lui, rappresenterebbe la morte civile. In realtà Eco sa
benissimo che le fiabe non sono manichee, sono ambigue. Lo sapeva anche
Walt Disney che si preoccupò di rendere la Regina Cattiva
più attraente per i bambini di quanto non risultasse Biancaneve.
Inoltre James Bond non rappresenta il Bene, è solo il
supercriminale idoneo a far fuori dei criminali. La dimensione
fantastica ed iperbolica dei romanzi di Fleming serve a coprire il vero
messaggio, che si insinua con naturalezza nella mente dei lettori e
degli spettatori: Bond è la soluzione drastica ad un problema
urgente, ad un'emergenza. Ciò che Fleming vuole ottenere
è di convincerci che l'agente segreto affronta le emergenze,
mentre invece nella realtà è egli stesso a crearle.
Howard W. Campbell jr. non fa parte di un generico "complotto", ma
è lo strumento di una guerra coloniale. Anche Fleming è
un colonizzatore, poiché abitua i popoli colonizzati a non
ragionare in base alle minacce concrete ai propri interessi, ma gli
insegna a temere oscure minacce verso categorie astratte, come il
Mondo, l'Occidente o l'Umanità, categorie che coprono ovviamente
gli interessi dei colonizzatori.
Comidad 22 aprile 2007
Il messaggio che proviene dalla nascita in Italia del cosiddetto Partito Democratico, non è tanto la rinuncia dei suoi fondatori a certe tradizioni politiche, quanto invece a qualsiasi prospettiva politica. Le classi dirigenti dei Paesi colonizzati e militarmente occupati come l'Italia sono condannate a ragionare su tempi brevissimi, perdendo il senso della continuità e vivendo una condizione psicologica da "dopo di me il diluvio".
L'esibizione di servilismo di cui hanno dato prova i vari Veltroni e Fassino con la loro imitazione di Clinton, ha suscitato sorrisi di ironia nei Paesi stranieri, compresi gli Stati Uniti. Ma questo servilismo è solo un aspetto della questione.
La precarizzazione del lavoro alla lunga contribuisce a distruggere il tessuto produttivo di un Paese, facendolo diventare una colonia di consumo per merci straniere; nel frattempo però per la borghesia di quel Paese colonizzato si apre lo spazio affaristico della privatizzazione della intermediazione del lavoro. Il sedicente liberismo ha infatti come prima e ultima frontiera la privatizzazione dei servizi pubblici essenziali, cioè il saccheggio del denaro pubblico, dietro la giustificazione propagandistica dell'aziendalismo, dell'efficienza e del merito.
Si tratta quindi di privatizzare tutto ciò che per sua costituzione sarebbe pubblico.
È chiaro che non si può arrivare a privatizzare un ministero, ma l'affarismo non si fa arrestare da questi intoppi giuridici. La campagna moralistica sugli statali nullafacenti, affidata all'ex sindacalista della CGIL Pietro Ichino, ha vari sbocchi affaristici immediati: è possibile affidare i servizi di valutazione del lavoro ad agenzie private esterne all'amministrazione, ma è anche possibile colmare i vuoti di organico dovuti ai prepensionamenti appaltando il lavoro a ditte private.
Favorire i prepensionamenti con incentivi o con campagne terroristiche sulla perdita della pensione, fa sì che l'amministrazione pubblica non disponga più di un organico sufficiente per garantire le sue funzioni, e, poiché assumere è diventato un crimine, la soluzione "efficientistica" consiste nell'affidare il lavoro alle ditte private degli amici della propria cosca affaristica. È ciò che hanno fatto anche Bush e Rumsfeld quando hanno privatizzato la logistica delle proprie truppe di occupazione in Iraq, condannandole ad una progressiva perdita di operatività.
È evidente però che il paragone con gli Stati Uniti e l'imitazione dei loro metodi reggono sino ad un certo punto. Gli Stati Uniti non confinano con l'Iraq, non devono temere le conseguenze militari del fallimento dell'occupazione, perciò le loro oligarchie potranno ritirarsi a migliaia di chilometri di distanza a godersi il bottino dei saccheggi. L'affarismo criminale, la pirateria e l'auto-pirateria degli Stati Uniti hanno quindi una base geografica, delle risorse di territorio che li sostengono.
Da pochi giorni è morto Boris Eltsin, l'uomo che il KGB usò per mollare Gorbaciov con le sue velleità di statista. La conversione della Russia all'affarismo criminale si è basata su una valutazione analoga a quella degli Stati Uniti, cioè il fatto di disporre di grandi risorse in termini di territorio e di materie prime. Oggi la Russia può vessare sul piano commerciale i Paesi confinanti suoi clienti, senza avere molto da temere sul piano militare proprio grazie alla vastità del suo territorio.
La pirateria e l'auto-pirateria non sono certamente adatte invece a Paesi geograficamente esposti e interdipendenti come quelli europei, e tanto meno per Paesi strutturalmente poveri, dotati di sole risorse di lavoro, come l'Italia. Queste cose non è che Fassino e soci non le capiscano, il problema è che il fatto che le capiscano o meno risulta irrilevante, data la loro pratica dipendenza dagli Stati Uniti.
26 aprile 2007