"
"La distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato. Ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
"
 
\\ Home Page : Archivio (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 16/05/2023 @ 00:17:41, in In evidenza, linkato 3265 volte)
Quaranta anni fa, il 16 maggio del 1983, moriva a Napoli, a trentatré anni, il compagno Peppe furia. Segnato sin dall'infanzia da una terribile invalidità, causata da un incidente e dalla negligenza medica, fu un autodidatta e divenne un punto di riferimento del movimento anarchico napoletano negli anni '70 ed all'inizio degli anni '80. Fu un maestro di anti-utopia. Non si lasciò sottomettere dalla retorica dell'integrazione del disabile e rifiutò di credere, e di far credere, che una qualche società ideale avrebbe potuto guarire, o lenire, il suo male. Ci lascia la sua instancabile rabbia contro la crudeltà e l'ingiustizia.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Di comidad (del 18/05/2023 @ 00:37:09, in Commentario 2023, linkato 8043 volte)
Neppure i media mainstream sono del tutto impermeabili al filtraggio di notizie scomode, perciò il “debunking”, la demolizione delle cosiddette “fake news”, finisce per colpire persino informazioni diffuse dagli organi di stampa che fanno da riferimento al cosiddetto mainstream.
Stavolta è toccato al quotidiano “la Repubblica”, che aveva dato conto della riottosità delle autorità francesi nell’attuare la parte loro spettante per realizzare la Tratta ad Alta Velocità tra Torino e Lione; che, come è noto, prevede un devastante traforo in Val di Susa. Il debunking operato dal solito sito “Open” in realtà non demolisce un bel nulla, in quanto non può bastare una mezza dichiarazione rassicurante da parte di una ministra francese per concludere che la notizia sia esagerata o inattendibile. Non soltanto si dà la possibilità che queste mezze smentite siano state sollecitate dai nostri politici, ma c’è anche da considerare quella prassi comunicativa di lasciar intendere che ci si sta ritirando da un’iniziativa senza però esplicitarlo troppo, in modo da stemperare le eventuali reazioni. Insomma, i soliti “poi vediamo” o “mi faccio sentire io”, che sottintendono un no. Del resto siamo il Paese dello “stai sereno” che annuncia la fregatura, perciò dovremmo essere un po’ scaltriti riguardo alla retorica delle rassicurazioni.
La cosa strana però è che esattamente un anno fa un altro quotidiano aveva dato una notizia analoga: si tratta del “Foglio”, che è un giornale senza lettori e che vive esclusivamente di fondi governativi, ma ha ugualmente un ruolo nel dettare la linea al mainstream. Secondo il “Foglio”, il sindaco di Lione s’era fatto infettare dal virus “no-TAV” e cominciava a porsi dei dubbi sull’utilità di completare il buco. Il redattore forniva la notizia corredandola col massimo dell’indignazione nei confronti del gallico fedifrago, commentando amaramente che le improvvide dichiarazioni del sindaco di Lione venivano proprio nel momento in cui il Demiurgo Draghi aveva finalmente rimesso ordine nel caos e consentito all’opera di ripartire. Anche un anno fa, dopo il primo scoop, la notizia del ritiro francese era stata ridimensionata sino a svanire man mano nell’oblio.
Sennonché trafficando un po’ su internet si scopre che le prime notizie sulla perdita di entusiasmo da parte della Francia nei confronti del buco risalgono a undici anni fa, addirittura al 2012. Ancora una volta la fonte della notizia non era il movimento “no-TAV”, bensì organi d’informazione considerati attendibili ed integrati col mainstream, come il quotidiano online il “Post”. Del resto chi non fosse proprio un ingenuo, doveva aver già compreso che il consenso francese all’affare era stato offerto a condizione che il costo dell’opera fosse interamente a carico dell’Italia e dell’Unione Europea, e questo secondo pagatore stava venendo meno.

L’alta velocità è una tecnologia di origine soprattutto francese, perciò è abbastanza ovvio che la multinazionale bancaria BNP Paribas ne sia stata la maggiore promotrice in Italia. Mentre le autorità francesi cominciavano la loro ritirata strategica dall’affare TAV, BNP Paribas continuava a sbolognare con successo l’alta velocità all’acquirente italico, il quale è aduso a certe retoriche di progresso tecnologico senza far caso alle differenze geografiche; per cui una tecnologia che può risultare conveniente in un contesto pianeggiante, comporta invece costi insostenibili allorché occorre sventrare montagne ad ogni piè sospinto; dato che in Italia non ci sono soltanto le Alpi, ma purtroppo anche gli Appennini. D’altra parte se si tenesse sempre conto del rapporto tra costi e benefici, il 99% degli affari andrebbe a farsi benedire. Al buco in Val di Susa corrisponde una voragine nella spesa pubblica, ed è proprio nella voragine che vogliono attingere le lobby d’affari. Economia e affari sono cose diverse e spesso divergenti, ma questo è un dato di fatto che il mainstream si guarda bene dal rendere accessibile all’opinione pubblica.
Nel 2012 già risultava troppo dubbia non soltanto l’utilità del buco in Val di Susa ma persino la sua realizzabilità, perciò, in base a valutazioni economiche, ci si sarebbe dovuti ritirare a propria volta da un affare troppo gravido di incognite. Si aggiungevano altri sospetti, basati su vari precedenti, tra cui quello della nuova autostrada “Brebemi” (Brescia-Bergamo-Milano), i cui cantieri sono diventati depositi di rifiuti tossici. Nonostante varie evidenze, il nesso tra opere pubbliche e rifiuti tossici è un filone giudiziario che non riscuote grande interesse; forse perché i rifiuti tossici sono una cosa oggettiva e precisa, quindi non lasciano spazio alla creatività giudiziaria.

Fortunatamente è arrivata in soccorso del buco in Val di Susa la grande risorsa ideologica degli affari, cioè la caccia ai “violenti”. Uno storico idolo dei forcaioli è Giancarlo Caselli, mitico magistrato antiterrorismo e antimafia, che nel 2012 era il Procuratore della Repubblica di Torino. Caselli definì il movimento no-TAV come un “laboratorio della violenza”. Cosa possano aver fatto i no-TAV per meritarsi un simile epiteto non è affatto chiaro, mentre è evidente l’effetto pubblicitario dello slogan, per il quale opporsi al buco diviene una manifestazione di primitiva e furiosa barbarie. Come al solito la dichiarazione venne stemperata dagli estimatori di Caselli, il quale non avrebbe voluto dire che proprio tutti i no-TAV sono dei violenti. Lo slogan però prevale sulle precisazioni, per cui, ad esempio, della pubblicità di un farmaco ti rimangono impressi i suoi presunti effetti mirabolanti e non il “può avere effetti collaterali, leggere attentamente le avvertenze”. Insomma, in democrazia dissentire è lecito finché rimane un’ipotesi del tutto astratta, ma in concreto chi dissente è sempre considerato un violento e un terrorista; tanto se il tafferuglista non c’è, ce lo si può sempre infiltrare. Gli affari potranno sempre rivendicare una superiorità morale e civile nei confronti di chi si oppone ad essi.
Il termine inglese “establishment” può essere reso adeguatamente, e concretamente, in lingua italiana con la locuzione “sistema degli affari”, perché il potere si sostanzia negli affari. Comunque lo si chiami, esso non può reggersi senza la collaborazione del potere giudiziario, a cui spetta di criminalizzare l’opposizione scoprendo ogni volta i suoi risvolti loschi, i suoi legami più o meno diretti con la violenza ed il terrorismo. Secondo la concezione costituzionalista, esisterebbero tre poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) che, in astratto, si dovrebbero tenere separati. Da alcuni decenni però si è andati ben oltre la vecchia fiaba della separazione e bilanciamento dei poteri; infatti è passata un’altra narrativa che ha spacciato la magistratura come un qualcosa di estraneo al potere, una specie di anti-potere, di anti-establishment. Si tratta del mito della magistratura vendicatrice degli oppressi, che ci fu propinato con successo all’epoca di Mani Pulite. Secondo l’inghippo logico caro ai forcaioli, la facoltà di mettere in carcere le persone non è un potere, anzi, sarebbe un modo di combattere il potere. Peccato che questa narrativa sia soltanto lo psicodramma allestito dal vittimismo dei potenti, complemento ideologico alla loro pratica impunità. Matteo Renzi è un noto esperto in fatto di impunità e vittimismo, e adesso ha pensato di andare a dirigere un giornale per raccontarci quotidianamente come viene perseguitato dai PM. Nelle carceri italiane ci sono circa cinquantamila detenuti, tra i quali, in base alla narrativa vittimistica dei potenti, dovrebbero esserci quasi tutti i CEO delle principali multinazionali.
Giancarlo Caselli è rimasto uno zelota pro-TAV persino da pensionato, come risulta da una sua apparizione televisiva del 2019. Anche senza risvolti dietrologici o processi alle intenzioni, risulta abbastanza sconcertante la passione da lui manifestata nel cercare di dimostrare che l’opposizione al buco in Val di Susa sia dettata soltanto da irrazionalismo e da “tabù”. Non potendo più incarcerare i no-TAV, Caselli si è dovuto limitare a psichiatrizzarli.
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 274 275 276 277 278 279 280 281 282 283 284 285 286 287 288 289 290 291 292 293 294 295 296 297 298 299 300 301 302 303 304 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 316 317 318 319 320 321 322 323 324 325 326 327 328 329 330 331 332 333 334 335 336 337 338 339 340 341 342 343 344 345 346 347 348 349 350 351 352 353 354 355 356 357 358 359 360 361 362 363 364 365 366 367 368 369 370 371 372 373 374 375 376 377 378 379 380 381 382 383 384 385 386 387 388 389 390 391 392 393 394 395 396 397 398 399 400 401 402 403 404 405 406 407 408 409 410 411 412 413 414 415 416 417 418 419 420 421 422 423 424 425 426 427 428 429 430 431 432 433 434 435 436 437 438 439 440 441 442 443 444 445 446 447 448 449 450 451 452 453 454 455 456 457 458 459 460 461 462 463 464 465 466 467 468 469 470 471 472 473 474 475 476 477 478 479 480 481 482 483 484 485 486 487 488 489 490 491 492 493 494 495 496 497 498 499 500 501 502 503 504 505 506 507 508 509 510 511 512 513 514 515 516 517 518 519 520 521 522 523 524 525 526 527 528 529 530 531 532 533 534 535 536 537 538 539 540 541 542 543 544 545 546 547 548 549 550 551 552 553 554 555 556 557 558 559 560 561 562 563 564 565 566 567 568 569 570 571 572 573 574 575 576 577 578 579 580 581 582 583 584 585 586 587 588 589 590 591 592 593 594 595 596 597 598 599 600 601 602 603 604 605 606

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Aforismi (5)
Bollettino (7)
Commentario 2005 (25)
Commentario 2006 (52)
Commentario 2007 (53)
Commentario 2008 (53)
Commentario 2009 (53)
Commentario 2010 (52)
Commentario 2011 (52)
Commentario 2012 (52)
Commentario 2013 (53)
Commentario 2014 (54)
Commentario 2015 (52)
Commentario 2016 (52)
Commentario 2017 (52)
Commentario 2018 (52)
Commentario 2019 (52)
Commentario 2020 (54)
Commentario 2021 (52)
Commentario 2022 (53)
Commentario 2023 (53)
Commentario 2024 (46)
Commenti Flash (62)
Documenti (30)
Emergenze Morali (1)
Falso Movimento (11)
Fenętre Francophone (6)
Finestra anglofona (1)
In evidenza (33)
Links (1)
Manuale del piccolo colonialista (19)
Riceviamo e pubblichiamo (1)
Storia (9)
Testi di riferimento (9)



Titolo
Icone (13)


Titolo
FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


21/11/2024 @ 17:45:13
script eseguito in 51 ms