Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
È tipico delle potenze coloniali determinare situazioni di caos fra i cosiddetti "alleati", ma poche hanno dimostrato a riguardo la creatività degli Stati Uniti. In questi giorni la cronaca ci fornisce, tra gli altri, tre esempi di questa creatività caotica del colonialismo statunitense.
Nel nord dell'Iraq sembra ormai scontata la formazione di uno Stato indipendente dei Curdi, uno Stato che diverrebbe una spina nel fianco della vicina Turchia, che al suo interno ha la più numerosa minoranza curda. Sino a qualche anno fa, in quanto membro della NATO, il governo turco beneficiava automaticamente da parte della propaganda americana del diritto di etichettare come terroristi i suoi oppositori, come dimostrò nel 1999 il caso diplomatico del guerrigliero curdo Ocalan, che aveva cercato inutilmente rifugio in Italia e fu scaricato dall'allora governo D'Alema. Oggi per la propaganda americana i Curdi sono invece eroi e martiri della resistenza contro Saddam e, inoltre, la divisione definitiva dell'Iraq appare alla amministrazione americana l'unica soluzione per continuare a gestire l'occupazione dell'Iraq. Come troppo spesso capita agli alleati più fedeli degli Stati Uniti, oggi anche la Turchia si trova messa sotto accusa, sospettata di non essere una "vera" democrazia (come se esistessero le vere democrazie), ed anche di essere rimasta troppo islamica dopo quasi un secolo di governo laicista.
Un altro fronte di possibile conflitto riguarda oggi la questione delle foibe tra Italia e Croazia. La propaganda sugli Italiani dell'Istria e della Dalmazia gettati nei crepacci dai partigiani comunisti di Tito, iniziò già alla fine degli anni '40 e costituì un cavallo di battaglia della destra fascista. La questione delle foibe è sempre rimasta controversa dal punto di vista storico, poiché se da un lato dei casi sicuramente vi furono, dall'altro lato nessun riscontro anagrafico ha mai consentito sinora di provare che gli "infoibati" furono davvero migliaia, cioè che si trattò davvero di scelte politiche di pulizia etnica e non di episodi criminali dovuti a iniziative isolate.
Prestigiosi opinionisti di sinistra, come Claudio Magris, oggi danno la vicenda delle foibe per storicamente acquisita, ma questo in sé non dimostra nulla, perché le autocritiche sul passato sono spesso per la sinistra l'effetto di un conformismo culturale automatico, effetto ritardato dell'antica disciplina staliniana.
L'aspetto paradossale dell'attuale conflitto tra Italia e Croazia, riguarda però il fatto che anche l'attuale governo croato - oggi messo in allarme dalla propaganda sulle foibe - è ideologicamente fascistoide, erede degli storici oppositori di Tito, gli Ustascia. Gli attuali avversari dialettici del governo croato, Napolitano e D'Alema, sono invece degli ex comunisti ansiosi di acquisire patenti di affidabilità anticomunista da parte della NATO. Anche la Croazia fa oggi parte dell'orbita NATO, ma scorge negli eccessi di zelo della propaganda sulle foibe la fonte della riapertura di un possibile contenzioso sui confini da parte del governo italiano.
Un altro paradosso propagandistico viene determinato oggi dalla notizia secondo cui Pietro Ichino, il fustigatore degli statali, sarebbe nel mirino delle Brigate Rosse. Che le tesi di Ichino - funzionali al colonialismo economico ed alla precarizzazione del lavoro - venissero santificate dalla propaganda attraverso questi trucchi, era previsto e scontato. Il caso ha delle analogie con la vicenda Biagi, ma occorre ricordare che quest'ultimo divenne per la propaganda un profeta ed un martire della precarizzazione del lavoro solo dopo la sua uccisione, e infatti il ministro degli Interni dell'epoca, Scajola, si lasciò sfuggire quale fosse la realtà dei rapporti fra la vittima ed il governo Berlusconi, definendo Biagi un "rompicoglioni".
Ichino pare invece che avrà l'aureola del martire - e quindi il privilegio dell'immunità dalle critiche - praticamente a costo zero. Ciò non toglie che questa forzatura propagandistica crei comunque dei problemi, dato che il lavoratori ministeriali sono in gran parte una componente importante del sostegno all'establishment. La maggioranza dei lavoratori statali è sotto la tutela sindacale della CISL. Ma anche il sindacato fascista ex CISNAL ha storicamente la sua roccaforte fra i ministeriali, che sono anche la base della forza elettorale di Alleanza Nazionale a Roma.
Una propaganda ufficiale che si dimostra pronta ad appiccicare l'etichetta di brigatista ai ministeriali che non volessero sottostare agli umilianti slogan di Ichino, determina di fatto delle situazioni di tensione all'interno di un'area pericolosamente vicina all'establishment.
15 febbraio 2007
Dopo la composta manifestazione del 17 febbraio contro l’ampliamento della base NATO di Vicenza, il Presidente del Consiglio Prodi ha dichiarato che la linea del governo non cambierà. Le contemporanee dichiarazioni del Ministro degli Interni Amato circa la contiguità di gruppi di manifestanti con i brigatisti, hanno indicato che anche la linea della propaganda non cambierà, cioè si continuerà a cercare di assimilare ogni tipo di opposizione sociale al terrorismo.
Nella stessa direzione sono andate anche le dichiarazioni rilasciate in un’intervista da Cofferati, sindaco DS di Bologna, che non ha esitato ad indicare i centri sociali come area di reclutamento per i brigatisti. Cofferati ha usato i suoi consueti toni da energumeno esaltato, mostrando anche tratti di mitomania quando ha fatto capire che considera le posizioni sulla sua persona come lo spartiacque tra l’ordine ed il caos terroristico. Sarebbe però un errore considerare queste dichiarazioni da un punto di vista psichiatrico invece che politico.
Lo stalinismo è storicamente definibile come la pratica di cercare di risolvere le proprie difficoltà attraverso la ricerca di nemici a sinistra. È una linea che si è sempre rivelata perdente, perché in tal modo la sinistra di governo fa terra bruciata proprio nell’area che può fornirle sostegno e spinta. Nel corso dell’esperienza di unità nazionale/compromesso storico tra il 1976 e 1979, l’allora PCI fece un errore analogo, ma non ne ha tratto alcuna lezione. Lo stalinismo è ancora un riflesso automatico, sopravvissuto alla fine del comunismo sovietico e dei suoi corrispettivi europei. Uno stalinismo senza comunismo.
Anche Stalin è stato spesso liquidato dall’analisi storica come caso psichiatrico, ma le sue azioni costituivano la inevitabile conseguenza pratica di una precisa scelta politica: meglio un interlocutore a destra che un alleato alla propria sinistra. I toni subdoli ed insinuanti di Amato - che è l’uomo di fiducia delle oligarchie europee - possono mantenersi soltanto tramite il sostegno fornito dagli atteggiamenti da ariete dell’ex sindacalista Cofferati, cioè è una sinistra degenerata che fornisce pretesti ed argomenti alla propaganda di destra.
Quando nei giorni scorsi i presunti brigatisti sono stati arrestati, il fatto che alcuni di loro avessero la tessera della CGIL ha spinto alcuni dirigenti della stessa CGIL a “fare l’autocritica per non aver vigilato abbastanza contro le infiltrazioni”. In realtà una tessera sindacale si concede a chiunque, non è materialmente possibile esercitare controlli, eppure la dirigenza CGIL si autofustiga per non aver saputo svolgere adeguatamente una funzione poliziesca, promettendo che per il futuro saprà “vigilare meglio”.
Questo è uno dei tipici paradossi staliniani: si accusano i centri sociali, in quanto area di dissenso, di essere potenziali covi di brigatisti; ma, allo stesso tempo, anche gli iscritti alla CGIL devono considerarsi ormai tutti potenziali sospetti di terrorismo. Quindi non soltanto si criminalizza il dissenso, ma anche il consenso.
La coscienza sporca dei dirigenti CGIL, la loro consapevolezza di star sempre meno dalla parte dei lavoratori, non farà altro che rafforzare questa diffidenza verso i loro iscritti: perché mai un lavoratore dovrebbe iscriversi oggi alla CGIL se non avesse qualche inconfessabile secondo fine?
È prevedibile ciò che avverrà nei prossimi mesi. I vertici CGIL lanceranno all’interno della loro organizzazione una spietata offensiva poliziesca del tipo di quelle che avvennero alla fine degli anni ‘70, ma qualsiasi cosa facciano i vertici CGIL, la propaganda di destra continuerà ad accusarli di non aver fatto abbastanza, di essere conniventi o, almeno, troppo indulgenti con i terroristi.
Più i dirigenti CGIL e DS inseguiranno il riconoscimento e il plauso della destra, più la destra approfitterà di questa loro condizione di sudditanza psicologica per ricattarli e pretendere sempre di più. Tutto ciò secondo un copione ormai storicamente consolidato.
22 febbraio 2007
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