Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il “soft power” è molto bravo a fare pubblicità a se stesso. Ci è stato raccontato che i film di Rocky, la serie televisiva “Dallas” e la febbre del sabato sera sono stati decisivi per la vittoria dell’Occidente sul comunismo. I giornalisti vanno pazzi per queste cose. Ma se davvero i messaggi individualistici o edonistici hanno fatto mancare il terreno sotto i piedi all’ideologia comunista, è anche più vero che il Sacro Occidente non si fa mancare all’occorrenza l’etica del sacrificio dell’individuo al Bene supremo della collettività. Un ex comunista come Piero Fassino perciò torna utile per ammonirci e ricondurci sulla retta via. Voi egoisti volevate riscaldarvi la casa e mantenervi il posto di lavoro? No,
non si deve subordinare il rispetto dei valori alle forniture di gas. Pensavate di essere dei fessi qualsiasi? Invece siete degli Occidentali. Soffrite dunque gioiosi per la vittoria dei valori del Sacro Occidente. Fassino sembra ormai la fotocopia di Shel Shapiro nella parte di Pietro l’Eremita nel film “Brancaleone alla Crociate” di Monicelli. Del resto Fassino fa di nome Piero, quindi era destino che venisse proprio lui a chiamarci ad una nuova crociata.
L’etica sacrificale viene imposta ai poveri, però non esclude il sano egoismo dei ricchi e i loro business ai fini del bene comune. Ancora Fassino corre ad ammaestrarci:
è giusto inviare armi all’Ucraina, perché le sanzioni alla Russia non fermano le pallottole.
Gli affari sulle armi si sono rivelati provvidi e preventivi. L’Ucraina è povera in canna, dipendente in gran parte dalle rimesse dei suoi emigranti, eppure è stata costretta a
comprare armi americane, prima da Trump e poi da Biden. Gli stessi americani ammettono che imbottire un Paese di armi non basta a rafforzarlo militarmente, basti pensare alle grame prove belliche dell’armatissima Arabia Saudita. Non importa. Le armi sono “etiche”, e se non sono servite a scoraggiare l’invasione, serviranno invece per alimentare la “resistenza”. L’Unione Europea perciò si adegua e la solita “sinistra interventista” esulta. Non ci si risparmia il consueto classico dei pacifisti abusivi: io sono pacifista, però stavolta …
Hillary Clinton ci fa sapere che gli USA vogliono
trasformare l’Ucraina in un nuovo Afghanistan in cui infognare la Russia. Idea generosa e rassicurante verso gli Ucraini, ed anche verso i Paesi limitrofi della NATO, che dovrebbero fare da retrovia ad un conflitto infinito (ammesso che rimangano solo retrovia). Insieme con le armi forse la Clinton fornirà ai partigiani ucraini anche le montagne e le caverne con cui i Talebani si sono riparati dai satelliti spia e dai droni. O la Clinton pensa che i partigiani ucraini possano nascondersi nei campi di grano e nelle distese di girasoli?
Dato che non è affatto detto che gli Ucraini siano così altruisti da sacrificarsi per la Clinton (c’è molto cinismo anche da quelle parti), allora si è già trovata l’alternativa: far affluire
in Ucraina i jihadisti che i Russi hanno sfrattato dalla Cecenia, dalla Siria e dalla Cirenaica. Secondo un articolo datato 8 luglio 2015 del New York Times, i jihadisti sono utilizzati, e bene accetti, dalle forze armate ucraine sin dall’inizio della repressione in Donbass, dato che i soldati di origine ucraina non dimostravano una gran voglia di impegnarsi in quella guerra civile. Sono notizie di oltre sei anni fa, quindi, a proposito della retorica sulla mitica resistenza ucraina, non siamo neppure sicuri che le forze armate ucraine non siano state da tempo soppiantate da mercenari stranieri. Ed è anche un po’ tardi per raccontarci che i jihadisti presenti sul suolo ucraino, ce li abbia portati adesso Putin. Chi ci assicura poi che i jihadisti, invece di combattere i Russi, non si facciano il loro staterello nel cuore dell’Europa? Forse finirà che gli Europei dovranno rivolgersi proprio al militarismo russo per farsi proteggere.
A guerre in corso è assolutamente impossibile ricevere notizie certe, o quantomeno attendibili, poiché tutto è disinformazione, ed a volte occorre aspettare anni per sapere un po’ come sono andate le cose. L’esperienza passata dovrebbe però insegnare qualcosa; e, a proposito della Clinton, sarebbe il caso di considerare gli esiti di un’operazione gestita da lei: l’eliminazione di Gheddafi. Leggendo
il testo integrale della lettera congiunta di Obama, Cameron e Sarkozy dell’aprile del 2011 per giustificare la loro aggressione alla Libia, a distanza di undici anni si può dire che non ne hanno azzeccata una. La Libia oggi è nel caos, ed ovviamente delle sofferenze del popolo libico ai nostri leader occidentali non gliene può fregare di meno. Più preoccupante invece per i loro interessi è che i Russi oggi siano a Tobruk, a pochi chilometri dalla Sicilia e dalle sue basi militari americane. Giusto per non farsi mancare niente, i Turchi ora occupano la Tripolitania, riprendendosi un pezzo dell’Impero Ottomano che Giolitti gli aveva strappato nel 1911.
Ma lasciamo perdere le sottigliezze e pensiamo alle
buone notizie per gli affari degli USA. Grazie alle sanzioni alla Russia il petrolio e il gas di scisto degli USA, così costosi che sino a poco tempo fa non li voleva nessuno, ora stanno attraversando un momento magico, con vendite e prezzi alle stelle. Sanzioni o meno, con questi prezzi delle materie prime, anche Gazprom farà profitti. Tanto le bollette le paghiamo noi, e Piero Fassino l’Eremita dice che non dobbiamo lamentarci perché facciamo solo il nostro sacro dovere di Occidentali.
Mentre la Russia sta facendo una guerra cercando di spendere il meno possibile, gli USA, pur ufficialmente non in guerra, cercano invece di spenderci il più possibile. Il presidente Biden invia
800 milioni di dollari di “aiuti” all’Ucraina e, nel frattempo, cerca di silurare i negoziati e di inasprire la situazione dando del criminale di guerra a Putin. Non è neppure certo che esista davvero la mitica resistenza ucraina di cui narrano i media, per cui la lentezza russa potrebbe essere una normale precauzione per ripulire preventivamente il terreno da eventuali cecchini e campi minati. Il vero destinatario delle armi americane ed europee dovrebbe essere perciò la Polonia; per cui a Zelensky, forse già rifugiato a Varsavia, spetta di proseguire la sceneggiata finché i contratti di fornitura militare non saranno stati firmati.
L’aspetto più interessante però è capire chi si giovi effettivamente di quegli 800 milioni, e non solo di quelli. In questo periodo molti osservatori estranei al contesto della propaganda ufficiale, hanno individuato, come personaggio centrale della guerra ucraina, il sottosegretario di Stato USA Victoria Nuland, diventata famosa per due episodi, uno del 2014 ed un altro recentissimo. Nel 2014 circolò una frase icasticamente liquidatoria della Nuland sul ruolo dell’Unione Europea nella crisi Ucraina; pochi giorni fa la stessa Nuland, in un’audizione al senato statunitense, ha ammesso l’esistenza sul suolo ucraino di laboratori di bio-ricerca finanziati dagli USA, in pratica armi biologiche. Il giornalista investigativo americano Robert Parry, scomparso qualche anno fa, ha dedicato alla Nuland (ed anche a suo marito, l’ideologo neocon Robert Kagan) un documentato articolo dal titolo molto espressivo:
“Un business di famiglia della guerra perpetua”, nel quale si trattava diffusamente della destabilizzazione operata dalla coppia in Ucraina.
Si parla spesso, del tutto a sproposito, di “impero americano”, mentre in realtà non si riscontra alcuna strategia imperiale, dato che non ha avuto alcun senso strategico favorire l’avvicinamento di Russia, Cina ed Iran, che sarebbero invece potenze naturalmente concorrenti tra loro. Ancora più assurdo è che si stia fomentando il revanscismo polacco, poiché Russia e Germania, al di là delle partnership commerciali alla Gerhard Schroeder, rimarrebbero comunque potenze rivali, salvo convergere, da sempre, su un unico interesse politico in comune, cioè stroncare le velleità imperiali della Polonia.
In realtà la politica USA è un imperialismo meramente affaristico gestito da lobby trasversali al pubblico ed al privato. La Nuland è un caso clamoroso di porta girevole, sia tra gli schieramenti politici, sia tra il pubblico ed il privato. Ha collaborato con l’amministrazione repubblicana di Bush Jr., con l’amministrazione Obama, ed ora con Biden. La Nuland però entra ed esce da anni da
una società privata di consulenza diplomatica e commerciale, l’Albright Stonebridge Group (ASG), fondato da un’altra esponente politico di spicco, Madeleine Albright, segretario di Stato durante la seconda presidenza Clinton.
Nata a Praga, la Albright ha preso la cittadinanza americana adottando un nome di anglosassone ridondanza, ma ha coltivato i suoi contatti nell’Europa dell’Est, poiché ha capito che il rancore (peraltro comprensibilissimo) dei suoi conterranei nei confronti della Russia poteva essere trasformato in un grande business di guerra infinita. Se un personaggio come lei vivesse in Russia, verrebbe definita dai media una “oligarca”, ma, visto che ora è americana, le spetta sicuramente il titolo di “miliardaria filantropa”, infatti la Albright ha sempre tenuto ad informarci che lei fa “scelte morali”. All’ex cancelliere tedesco Schroeder si contesta il suo conflitto di interessi per Gazprom; ma forse il suo business viene considerato immorale solo perché non ha implicazioni guerrafondaie. Come diceva Nietzsche, le guerre non hanno bisogno di essere giuste, anzi, è la guerra a giustificare tutto.
L’Albright Stonebridge Group può essere considerato un monumento alla porta girevole ed al conflitto di interessi. Ai propri clienti l’ASG fa sapere che riserverà loro un trattamento personalizzato, come a dire: in base al vostro particolare business, vi confezioniamo una guerra ad hoc.
Un saggio notevole sull’argomento del conflitto di interessi nel business bellico, è
“The revolving door and the entrenchment of the permanent war economy” di Thomas K. Duncan, del dipartimento di economia della Radford University. L’analisi di Duncan illustra la gestione dei business bellici da parte di personaggi che ricoprono un doppio ruolo pubblico e privato, e ammantano i loro business di slogan idealistici che fanno appello ai “valori occidentali”, secondo uno schema collaudato dai Neocon, che ora sono transitati dall’area del Partito Repubblicano al Partito Democratico.
La leggenda sui Neocon attribuisce un’origine trotzkista a molti suoi esponenti, ma in effetti era ovvio che, per impadronirsi appieno del linguaggio “idealista” e rivoluzionario da riutilizzare a scopi pubblicitari, si frequentassero anche ambienti dell’estrema sinistra antistalinista. La potenza del lobbying consiste nel suo automatismo, nell’essere una macchina affaristica e pubblicitaria che schiaccia con gli slogan e i fatti compiuti ogni elaborazione politica, che richiederebbe tempi più lunghi.
L’ASG infatti è presente, e invadente, nella crisi Ucraina praticamente da sempre, sia attraverso la Nuland, sia in forma diretta. Nel 2014 la stessa fondatrice del gruppo, Madeleine Albright, dichiarò ai media
le linee di condotta da adottare per la politica estera USA nella questione ucraina, che ora sono le stesse seguite da Biden.