Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il colonialismo è una tecnica di dominio che si
riproduce con precise costanti nel corso della Storia. Queste prime
voci costituiscono l'avvio della stesura di un manuale a riguardo. Chi
fosse interessato, può anche fornire il suo contributo. Comidad
4 - Colonialismo e libero mercato
Uno dei miti capitalistici più resistenti è quello del
libero mercato. È un mito caro al dominio perché offre a
chi lo difende argomenti di concretezza darwiniana, mentre lascia ai
suoi critici gli argomenti di un moralismo pauperistico. In
realtà il libero mercato non è mai esistito.
Un esempio piuttosto interessante è quello dell'avvio della
rivoluzione industriale negli Stati Uniti. Questa rivoluzione è
cominciata nel settore tessile, e in particolare nella produzione di
cotone che veniva prodotto a basso costo; e questo non certo a causa di
"dinamiche di mercato", ma perché era stata sterminata la
popolazione indigena ed erano stati introdotti gli schiavi. Genocidio e
schiavitù sono quindi alla base del "libero mercato". Anche
altri paesi che avevano tra le loro risorse il cotone provarono ad
avviare la loro rivoluzione industriale, ma non andarono lontano
perché l'Inghilterra aveva le armi e li bloccò con la
forza.
L'Egitto, per esempio, aveva il cotone e aveva avviato la propria
rivoluzione industriale intorno al 1820, circa all'epoca in cui
l'avevano iniziata gli Stati Uniti. Ma la Gran Bretagna non tollerava
concorrenti nel Mediterraneo orientale, così lo fermò con
la forza.
Il Bengala è stato uno dei primi territori colonizzati dalla
Gran Bretagna nel XVIII secolo, descritto dal colonizzatore Robert
Clive come un vero paradiso. Dacca, diceva, è come Londra, e
infatti era chiamata "La Manchester dell'India". Era ricca e popolosa,
aveva cotone di alta qualità, agricoltura, industria avanzata e
molte altre risorse. Il livello produttivo era paragonabile a
quello inglese; sembrava proprio avviata verso un grande sviluppo.
Guardiamo cos'è Dacca oggi: "la Manchester dell'India" è
la capitale del Bangladesh, il simbolo del disastro totale. E questo
perché gli inglesi hanno depredato e distrutto quel paese,
esattamente come fanno oggi le "riforme strutturali" [le politiche
della Banca mondiale e del Fondo Monetario Internazionale che espongono
il Terzo Mondo alla penetrazione e al controllo stranieri].
L'India era nei fatti un vero concorrente della Gran Bretagna. Nel
decennio che va dal 1820 al 1830, gli inglesi impararono dagli indiani
tecniche avanzate per produrre acciaio e, all'epoca delle guerre
napoleoniche, in India si costruivano navi per la flotta inglese. Gli
indiani avevano un'industria tessile ben avviata e producevano
più ferro di tutta l'Europa messa insieme. Ma gli inglesi
deindustrializzarono il paese con la forza e lo ridussero a una povera
società rurale. Ecco in cosa consisteva la competizione del
"libero mercato".
Nel 1845, gli Stati Uniti hanno annesso il Texas, e una delle ragioni
principali era che volevano assicurarsi il monopolio del cotone, il
petrolio del XIX secolo, che era il vero combustibile dell'economia
industriale. Per questo motivo la leadership americana pensò che
annettendo il Texas, che era il maggior produttore di cotone della
zona, sarebbe stato possibile strangolare economicamente la Gran
Bretagna.
[da N.Chomsky Capire il Potere, Tropea ed. 2002, Milano]
La cacciata del segretario di Stato americano Rumsfeld è stata presentata dai quotidiani italiani, soprattutto di sinistra, come un trionfo della "democrazia americana", cioè come un effetto della sconfitta elettorale repubblicana nelle elezioni di medio termine. L'affermazione non ha fondamento, poiché queste redistribuzioni di voti sono consuete nelle elezioni americane di medio termine, e non hanno mai giustificato nessun cambiamento nella composizione del governo.
La stampa ed i media italiani in genere hanno poi completamente taciuto sul fatto che da alcune settimane i generali, con pubblici "ed incostituzionali" pronunciamenti, avevano preteso la testa di Rumsfeld, colpevole di aver privatizzato la logistica delle forze armate. In mano ai privati, la logistica è divenuta così scadente, che non soltanto ha determinato lo sfacelo del potenziale bellico americano in Iraq, ma ha anche intaccato i privilegi degli alti ufficiali, i quali ricevono il loro stipendio non soltanto in termini monetari, ma soprattutto attraverso la fornitura di servizi gratuiti.
L'oligarchia militare ha quindi in questa circostanza semplicemente recuperato i suoi privilegi a scapito di un'altra oligarchia, quella finanziario/commerciale. Tutto ciò è stato coperto dalla propaganda attraverso la concomitante capacità di suggestione del mito democratico e di quello razzistico della superiorità degli Americani, popolo della libertà, che a volte sbaglia, ma saprebbe superare i propri errori. In realtà questa retorica degli "ops!" non dimostra affatto che si sia trattato di errori piuttosto che di strategie, e neppure che questi errori siano in via di superamento. Tutto ciò viene imposto solo per suggestione.
Un altro privilegio delle caste militari è quello di potersi arricchire esercitando impunemente il contrabbando. I porti militari sono la maggiore via di accesso di merci pseudo-proibite, come droga e armi, ma anche di merci del tutto lecite che aggirano le dogane. Questo non è neppure un segreto, è un dato che si ritrova anche all'interno di relazioni delle varie agenzie ONU.
La base militare NATO di Napoli è uno dei principali porti di contrabbando del mondo, e ciò potrebbe spiegare tante cose sull'attuale situazione della città.
Eppure tutto ciò può essere coperto con la consueta sinergia di un mito insieme con un richiamo razzistico. Il noto libro di Roberto Saviano, "Gomorra", combina il mito del mercato con il solito razzismo antinapoletano, creando l'immagine della "camorra imprenditrice" (ribattezzata "sistema": fa più chic).
Il libro ha avuto commenti entusiastici ed alcuni commentatori non si sono neppure accorti che era edito e distribuito dalla potente Mondadori, ed hanno affermato che il suo successo era invece dovuto al "tam tam dei lettori". Il libro di Saviano è in effetti una mistificazione sagace, retoricamente ben confezionata, che sa inserire qua e là anche fatti veri per confondere meglio le acque. Tutto ciò riesce a mascherare la contraddittorietà della tesi secondo cui un degrado urbano ed antropologico riuscirebbe a trasformarsi magicamente in potenza economica.
Comidad, 16 novembre 2006
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