Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Uno dei pilastri propagandistici su cui si regge il Sacro Occidente, è l’idea di progresso. E’ un concetto multiforme e piuttosto vago sul piano storico-scientifico. Eppure il termine funziona sempre meglio per le classi dominanti. Nella seconda metà dell’ ‘800 i movimenti operai associavano l’inevitabilità dell’emancipazione con l’idea trionfante del progresso, lasciando ai reazionari e alle classi dominanti il ruolo di difensori dello statu quo, dell’ordine costituito.
Negli anni successivi il concetto di progresso è stato definitivamente fagocitato dalle classi dominanti che sono riuscite a capovolgerne la direzione. Entrano di diritto nell’onda progressiva: il colonialismo, l’islamofobia, la precarizzazione del mondo del lavoro [a proposito: l’esatta denominazione che assume oggi è dinamizzazione del mondo del lavoro; come l’omeopatia] , l’assistenzialismo per i ricchi, lo smantellamento delle poche difese dei lavoratori, la schiavizzazione dei migranti, la privatizzazione, l’eliminazione dei residui di welfare. Mentre vengono relegati a battaglie di retroguardia, se non francamente conservatrici e reazionarie: la difesa del posto di lavoro e di un salario non miserabile, la redistribuzione della ricchezza, il ruolo del pubblico in aziende o istituti di interesse generale, l’accoglienza ecc.
Nell’armamentario propagandistico del potere rientra anche un particolare trattamento delle notizie, specie se riguardano situazioni conflittuali. Un trattamento che si potrebbe definire un “falso movimento”, o un’illusione ottica. L’espressione che di solito accompagna queste notizie sui media, è qualcosa come: “... poco alla volta, qualcosa sta cambiando …”. In questo modo si pone l’accento sulla capacità del sistema di rinnovarsi e progredire, distogliendo o disturbando la riflessione sulla sostanziale intangibilità, resistenza o inalterabilità della gerarchia sociale e dei suoi vincoli.
A parte i casi clamorosi delle rivoluzioni colorate, chiaramente etero dirette, gli esempi non mancano di “un po’ alla volta le cose stanno cambiando”(#).:
• assassinii di afro-americani da parte della polizia, manifestazioni durissime contro le violenze poliziesche, contro il razzismo (black lives matter). La situazione degli afro-americani è sempre drammatica. Ma…#
• Lo scrittore di cassetta John Grisham, specialista di legal thriller, ha dedicato il suo ultimo romanzo (La Grande truffa) all’argomento delle truffe da parte delle università americane ai danni degli studenti: tre studenti della facoltà di diritto si ritrovano in una università di pessima qualità e dai costi esorbitanti. Il romanzo racconta le disavventure dei tre indebitati fino al collo per pagare l’università. E’ uno scandalo. Ma…#
• Dopo aver “scoperto” che la NSA spiava mezzo mondo, che Fessbook violava la mitica privacy raccogliendo e rivendendo le informazioni personali di 87 milioni di utenti, ci sono state proteste in tutto il mondo dei sorvegliati. Ma… #
• La Enron ha truffato la distribuzione pubblica dell’energia in California, e centinaia di migliaia di pensionati. Le banche d’affari hanno truffato milioni di persone. Inammissibile. Ma … #
E’ lo stesso per le proteste contro le lobby degli armamenti, contro le violenze verso le donne, contro il razzismo ecc.
Non solo il potere si presenta in senso dinamico, ma propone un’immagine delle sue gerarchie più feroci e incontrollabili, come soggette al controllo popolare e democratico. A sentire i commentatori mainstream, l’impeachment, cioè la messa in stato d’accusa, di presidenti ed uomini politici americani, sarebbe una pratica giornaliera. In realtà l’impeachment è stato usato pochissime volte (Nixon,Clinton), e nessun presidente è stato destituito attraverso questo strumento. (CialTrump è ogni giorno sul punto di cadere vittima delle sue malefatte, ma poi è sempre lì come la torre di Pisa).
Nei suoi interventi contro il Decreto “Sicurezza” voluto dal ministro Salvini, Emma Bonino ha affermato che costringere i migranti nel ghetto nella clandestinità otterrà l’effetto di aumentare l’insicurezza e l’illegalità. In realtà c’è anche di peggio, in quanto tenere i migranti in condizione di clandestinità li rende più ricattabili, mettendoli perciò in condizione di dover accettare salari ancora più bassi; quindi si intensifica quell’effetto di deflazione salariale che costituisce uno dei motivi per i quali viene incentivata l’immigrazione, che serve anche a far concorrenza al ribasso ai lavoratori residenti.
Non c’è da sorprendersi che la Bonino abbia omesso questo dettaglio realistico, poiché sarebbe risultato stonato nel gioco delle parti tra i “cattivisti” che gridano all’invasione e i “buonisti” che predicano l’accoglienza. Magari si rischiava anche di notare il business dei “migration loans” e delle rimesse dei migranti (qualcosa come cinquecento miliardi all’anno), tutti business organizzati e incentivati dalla Banca Mondiale.
La cosiddetta “sinistra” si è appiattita sotto le posizioni della Bonino, quindi del suo ideologo/mandante George Soros. In tal modo la “sinistra” ha aderito alla impostazione secondo cui il Decreto era dettato solo da “insipienza” e “cattivismo elettorale”, non cogliendo la sfida ideologica nazionalistica al modello mondialistico alla Soros che Salvini voleva muovere.
Mentre la “sinistra” si ostina a ritenere la disuguaglianza come un effetto collaterale delle contraddizioni economiche, le destre considerano la disuguaglianza un valore in sé. In altre parole le destre sono tali perché propugnano un modello gerarchico di società. La destra mondialista vuole una società composta di una massa informe e multietnica, appiattita verso il basso; ovviamente sotto la “tutela” pelosa di élite che da un lato sono sì rigorosamente bianche ma, dall’altro lato, vogliono far intendere alle masse che il loro appartenere ad etnie bianche non conferisce loro alcun diritto di accesso alle élite. Come diceva Julius Evola, un vero razzista non acconsentirebbe mai a riconoscere l’uguaglianza, neppure tra bianchi DOC.
La destra nazionalista difende invece la tradizionale stratificazione sociale basata sul ruolo del ceto medio, con i migranti, in particolare quelli di colore, in condizione di acclarata inferiorità e con un piede fuori della porta. La destra nazionalista non può essere quindi accusata di razzismo tout-court, poiché oppone la sua propria visione razzistica della scala sociale ad un’altra visione razzistica, ancora più esclusiva, quella appunto del mondialismo. I vari Bilderberg e le varie Trilateral non sono importanti per i complotti che vi si organizzano, bensì per il messaggio elitario che lanciano: una congrega di super-ricchi e di loro politici vassalli che si riunisce a spese del contribuente che paga la protezione poliziesca contro i curiosi ed i manifestanti. Lasciare la denuncia di queste esibizioni elitarie a Mario Borghezio non rappresenta una scelta molto oculata, soprattutto se dettata dal solito timore di essere etichettati come “complottisti” dai media.
Una “sinistra” che accusi di razzismo solo la destra nazionalista, si condanna a soccombere a livello elettorale e, in generale, a livello ideologico alla destra nazionalista, che viene percepita comunque dalla gran parte dell’opinione pubblica come una difesa contro lo schiacciamento sociale indifferenziato condotto dal mondialismo della finanza. L’educazionismo antirazzista della “sinistra” irrita le masse e le spinge sempre di più verso i vari Salvini, i quali hanno buon gioco ad indicare la stessa “sinistra” come un agente del mondialismo.
La consapevolezza delle destre che la disuguaglianza non è un dato naturale e “oggettivo”, bensì una costruzione convenzionale e valoriale, le rende molto più disinvolte e spregiudicate sul piano della propaganda. Di tale propaganda la maggiore vittima è l’opinione di “sinistra”, sempre facile ad essere spaventata e intimidita con i più assurdi spauracchi. Ecco allora una “sinistra” pronta ad adottare lo slogan del debito che verrebbe scaricato sulle future generazioni, dimenticandosi persino di Marx, che spiegava che è impossibile consumare ciò che non è stato ancora prodotto.
Un altro tema su cui la credulità della “sinistra” ha sfiorato il ridicolo è quello della Brexit. Dopo aver vissuto la Brexit come un dramma esistenziale, la “sinistra” si beve ora con acritico compiacimento la propaganda mediatica che descrive un Regno Unito in difficoltà a causa di un estenuante negoziato per le condizioni di uscita. Basterebbe un po’ di realismo per capire che il governo britannico non ha nessun motivo per darsi fretta, anzi, ha tutto l’interesse a dilatare i tempi del negoziato, poiché la sua controparte si fa ogni giorno più debole.
La disinvoltura propagandistica delle destre consente loro anche degli utili giochi delle parti. Se si fosse voluto davvero mettere in difficoltà Salvini si sarebbe cercato di rafforzare l’ala tradizionale separatistica della Lega; ed a questo scopo sarebbe bastato alla UE di consentire che l’agenzia europea del farmaco fosse spostata a Milano. Al contrario, si è stati pronti persino a barare pur di assegnare la sede dell’agenzia del farmaco ad Amsterdam.
La realtà è che un Salvini in versione divistica in questo momento fa gioco poiché costituisce un comodo capro espiatorio su cui addossare le crescenti difficoltà della UE. Il Sud dell’Europa può quindi essere additato ai virtuosi popoli del Nord come il responsabile dell’affossamento dell’Europa. L’importante è che il valore della disuguaglianza sia salvo e su questo perno una destra mondialista, oggi in difficoltà a causa dei suoi stessi eccessi, possa in futuro prossimo ricostruire le proprie fortune.
È chiaro che denunciare il razzismo delle élite significa mettere non solo in crisi, ma sotto accusa, tutta la visione ecumenica su cui la “sinistra” ha vissuto negli ultimi trenta anni, mettendo in ridicolo l’idillio europeistico secondo il quale i popoli del Nord accetterebbero di integrarsi alla pari con i popoli del Sud. In altre parole, la “sinistra” dovrebbe essere costretta a spiegare (ed a spiegarsi), come sia potuta passare da Stalin ad Alice nel Paese delle Meraviglie.
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