Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Mentre la nostra opinione pubblica era ancora distratta da questioni decisive come le unioni civili, verso la metà di febbraio l’Assemblea Nazionale francese approvava silenziosamente l’estensione dello stato di emergenza sino al prossimo 26 maggio. In Francia si prospetta quindi un semestre (solo un semestre?) di sospensione delle garanzie civili, una misura senza precedenti dalla fine della seconda guerra mondiale. Neppure il traumatico passaggio della Francia alla Quinta Repubblica nel 1958 aveva giustificato tanto. E non si può dire che nel 1958 in Francia non ci fosse un’emergenza-terrorismo, perciò si potrebbe concludere che oggi si tratta di un miracolo del terrorismo islamico.
Nel contesto attuale la questione della legittimità politica e morale del terrorismo rappresenterebbe una domanda senza senso, per la quale ogni risposta sarebbe altrettanto priva di senso. Nell’epoca delle kill-list, ed anche dei droni - grazie ai quali si possono distruggere villaggi e famiglie standosene comodamente seduti a chilometri di distanza davanti ad un quadro comandi, magari mangiando patatine -, ogni etica della guerra (ammesso che vi sia mai stata) risulta liquidata persino come mera astrazione retorica. Rimane il potere dell’emergenza suscitata dal terrorismo, lo stato di eccezione permanente, che riduce lo Stato di Diritto a qualcosa di meno di una finzione. Lo Stato di Diritto vale solo per la domenica, mentre nei giorni feriali basta il timore di poche decine di terroristi per legittimare lo Stato di polizia.
Si ripete spesso il luogo comune secondo cui Hitler avrebbe avuto l’appoggio del popolo nella sua scalata al potere. In realtà il partito nazista non andò mai oltre la maggioranza relativa e, nelle ultime elezioni regolari nel novembre 1932, aveva persino subìto un arretramento. Nel gennaio del 1933 Hitler fu semplicemente chiamato a guidare un governo di coalizione in cui i ministri nazisti erano minoritari, un governo che si presentava come uno dei tanti. Fu invece l’emergenza-terrorismo in seguito all’incendio del palazzo del Reichstag nel febbraio del 1933 a giustificare le leggi eccezionali di Hitler. Hollande non è certo un Hitler, ma un povero fantoccio messo lì; lo schema però rimane quello.
L’Europa delle presunte libertà civili si rivela quindi come un’Europa militaristica e militarizzata persino al proprio interno. Il presidente Hollande, che era stato uno dei maggiori critici della scelta di Sarkozy di far rientrare a pieno titolo la Francia nella NATO, oggi sopravanza il suo predecessore in servilismo nei confronti della stessa NATO. In Francia circola la notizia secondo cui Hollande intenderebbe ripristinare gli antichi protocolli denunciati da De Gaulle nel 1967; protocolli che garantivano l’inviolabilità legale di tutti i documenti presenti nelle basi NATO. Forse sarà solo un caso, ma non si può fare a meno di notare la coincidenza temporale tra gli attentati di Parigi, lo stato di emergenza e quest’ultima misura che preserverebbe le basi NATO da ogni indagine giudiziaria.
Hollande ha giustificato lo stato di emergenza con il pretesto dell’ISIS, ma oggi il vero problema della Francia è l’inarrestabile declino economico a cui la condanna l’euro, un declino che rischia di far saltare tutti i suoi equilibri sociali. Ci si ostina ancora a criticare l’euro solo in base a criteri economici e finanziari, che ne dimostrano facilmente l’assurdità. Ma l’euro, morto come moneta nel 2012, sopravvive esclusivamente come arma da guerra, come strumento di militarizzazione interna. La nostra stampa agiografica ci presenta il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, come l’euro “dal volto umano”, il vindice dei Paesi deboli contro l’arroganza teutonica.
Il mito di Draghi si fonda non tanto su ciò che Draghi effettivamente fa, ma su quello che potrebbe fare se gliene dessero la possibilità, per cui l’immaginazione dei fan si scatena sugli effetti mirabolanti che i suoi “quantitative easing” potrebbero sortire un domani sui Paesi deboli della UE. Per la verità vi sono anche denigratori di Draghi, i quali sottolineano che il presidente della BCE non ha raggiunto il suo obiettivo dichiarato di contrastare la deflazione. Sia gli ammiratori di Draghi che i “Draghi-denigratori” si concentrano però su ciò che mancherebbe e non su ciò che sta effettivamente avvenendo. Se si considerasse invece che Draghi tiene in vita l’euro per conto della NATO, la sua opera risulterebbe del tutto coerente e soddisfacente.
La NATO si avvale infatti dell’ombrello monetario dell’euro come recinto finanziario per non consentire ai cosiddetti alleati di scapparsene. Più la Bombanca Centrale Europea compra titoli dei Paesi deboli, più li tiene in stato di sottomissione, non consentendogli neppure di pensare ad una politica economica ed estera autonoma. La deflazione poi non deve certo arrivare a livelli tali da compromettere definitivamente la sopravvivenza dell’euro, ma la deflazione/recessione è un’arma economica che va comunque preservata a vantaggio degli interessi imperialistici degli USA. Finché l’Europa rimane il buco nero dell’economia mondiale, la crescita globale sarà contenuta, quindi verrà impedito il decollo dei cosiddetti BRICS, ed anche Paesi ribelli come il Venezuela saranno impossibilitati a pompare di nuovo greggio in grande quantità, ritrovandosi così in una crisi senza sbocco.
Una certa fiaba ufficiale ci ha sempre presentato e giustificato i vincoli monetari come un argine contro le democrazie parlamentari corrotte e spendaccione. Nel corso di un secolo si sono quindi succeduti il gold standard, cioè la convertibilità delle monete in oro; gli accordi di Bretton Woods che agganciarono tutte le monete al dollaro USA sino al 1971; poi il Sistema Monetario Europeo ed, oggi, l’euro. Ma la fiaba ufficiale non ci racconta tutta la storia, ed in particolare omette quell’intreccio tra militarismo e finanza che è alla base dell’imperialismo.
Nei giorni scorsi è arrivata l’ennesima “sconvolgente rivelazione” sulle intercettazioni della National Security Agency che non risparmiavano proprio nessuno. Ma come spiegare che i governi europei, pronti a fare sfracelli se gli USA non si fossero scusati, poi hanno ingoiato il rospo? La risposta ce la fornisce il nostro ministro degli Esteri Gentiloni, che dichiara i suoi timori di isolarsi dagli USA nel momento in cui ci sono in ballo la questione libica e quella siriana, come se quei casini non ce li avessero combinati proprio gli USA. Un altro miracolo dell’ISIS? Oppure una propensione irresistibile al calo di brache di fronte al grande “alleato”?
L’altra sconvolgente rivelazione è che la NSA spiava anche le conversazioni del Buffone di Arcore (e lui, in fatto di intercettazioni, se la prendeva solo con i magistrati italiani). La notizia si presta a facili ironie, e c’è anche chi si figura nella circostanza lo stato confusionale delle spie americane. Gli italoforzuti ipotizzano anche un coinvolgimento americano nella cacciata del Buffone nel 2011. Ma ovviamente se la prendono soprattutto con Giorgio Napolitano, dimenticandosi di quando lo stesso Napolitano salvò il governo Berlusconi nel 2010 rimandando il voto di sfiducia richiesto da Gianfranco Fini, offrendo così al Buffone la possibilità di comprarsi i parlamentari. Il colpo di Stato di Napolitano nel 2011 vi fu, eccome, ma consistette nell’impedire lo sbocco costituzionale delle elezioni anticipate in nome dell’emergenza-spread.
Sta di fatto che queste “rivelazioni” sulla violazione della “privacy” del Buffone allontanano dalla vera questione, e cioè che la NSA è dedita soprattutto allo spionaggio commerciale ed industriale. Lo spionaggio commerciale è altrettanto importante di quello industriale e, dato che certi affari internazionali richiedono la firma dei capi di governo, ecco spiegato il vero motivo per stare ad ascoltare le loro conversazioni. Avere in anticipo la “dritta” sulla conclusione di un affare, vuol dire trovarsi in mano un’informazione preziosa per le speculazioni di Borsa. La “sicurezza” costituisce un ottimo pretesto per far soldi.
La NSA non è soltanto il maggior committente di Silicon Valley, per miliardi di dollari l’anno, ma anche il suo fornitore di tecnologie. Fece un po’ di scalpore qualche anno fa sulla stampa estera il fatto che uno dei maggiori dirigenti di Facebook (un responsabile della sicurezza!) sia andato a lavorare per la NSA, ma questo “revolving door” è soltanto uno dei tanti aspetti dell’intreccio tra strutture statali e capitalismo cosiddetto “privato”.
Obama ha deciso. Per rispondere alle proteste di migliaia di persone spiate dalla NSA in tutto il mondo, il presidente USA ha stabilito che le tutele della privacy saranno estese anche ai cittadini al di fuori degli Stati Uniti. Ora anche il Buffone, la Merkel e Sarkozy potranno avviare una “class action” se saranno di nuovo spiati. I comici ci sono anche oltreoceano. Magari un domani si offrirà ai sudditi dell’impero anche l’opportunità di farsi eleggere presidente degli Stati Uniti, per quello che conta.
Si può essere certi però che l’iniziativa di Obama renderà anche questo infortunio della NSA un’ulteriore occasione per gli Europei di celebrare l’ennesimo “trionfo” della democrazia americana, una “democrazia” che sarebbe sempre pronta a superare i suoi “errori”. L’americanismo, come tutte le religioni, si alimenta soprattutto delle sue smentite. In fatto di fanatismo religioso, l’ISIS ha ancora parecchio da imparare dagli americo-credenti nostrani.
I media ci avvertono che l’iniziativa di Obama non è solo a beneficio dei sudditi dell’impero, finalmente anche loro equiparati ai cittadini americani, ma anche per rassicurare le aziende americane in vista del TTIP, il mercato unico tra UE ed USA, la “NATO economica”. Perché mai le aziende americane dovrebbero sentirsi rassicurate? In fondo sono le multinazionali statunitensi a beneficiare dello spionaggio industriale e commerciale della NSA. Per fortuna quella di Obama è solo propaganda, e tutto continuerà come prima. Anzi, meglio di prima.
La vera equiparazione dei cittadini europei ai “diritti” dei cittadini americani avverrà infatti con il TTIP. Per distrarre l’opinione pubblica dall’avvento del TTIP, in questi giorni si è dovuto addirittura costringere Nichi Vendola ad esibire aspirazioni alla paternità da gettare in pasto ai media. I processi fanno paura e, per scamparla, Vendola ha accettato di bruciarsi come leader politico per vestire i panni dello zimbello mediatico a pro della distrazione di massa.
In Europa, a proposito di merci, vige il principio di precauzione, mentre negli USA funziona il cosiddetto “aftercare”, in base al quale si può mettere in commercio qualsiasi prodotto la cui nocività non sia scientificamente dimostrata. In base alla legge europea, un pollo viene considerato come “allevato a terra” se non ci sono più di nove galline a metro quadro, mentre negli USA il 95% dei polli è allevato in batteria, con ventitré galline a metro quadro. Finché i polli non si suicidano, non ci sono prove scientifiche che soffrano. Ma, nel caso del TTIP, i veri polli sono i cittadini europei.
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