Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il tentativo di santificazione televisiva del commissario Luigi Calabresi forse rappresenta qualcosa di più della consueta riscrittura della Storia da parte dei vincitori, anche perché nella Storia non ci sono vincitori, ma conflitti perenni, nei quali spesso i bersagli non sono neppure consapevoli di esserlo.
Una delle trappole più comuni che queste operazioni propagandistiche mettono in atto, è quella di spostare la discussione sui dati incerti per spiazzarla rispetto ai pochi dati certi o certissimi. Ad esempio: Calabresi era o no presente nella stanza dalla cui finestra volò Giuseppe Pinelli?
Vai a stabilirlo con certezza, dopo tanti anni di chiacchiere e depistaggi. Gli elementi di contrasto al processo di beatificazione vanno ricercati invece tra i dati incontrovertibili, quelli che non possono essere smentiti. Costituisce un dato di fatto che quando Calabresi sporse querela per diffamazione contro il quotidiano "Lotta Continua" per le accuse di aver assassinato Pinelli, lo fece a titolo personale. Eppure, in base all'articolo 595 del codice penale,
il reato di diffamazione non è previsto soltanto nei confronti delle persone, ma anche nei confronti delle istituzioni, con pene in questo caso addirittura aggravate. Calabresi era attaccato non a livello personale, ma in quanto pubblico funzionario nel momento dell'esercizio della sua funzione, perciò l'eventuale reato di diffamazione da parte di "Lotta Continua" era configurabile come commesso nei confronti dell'istituzione-Polizia. In base alla legge, questa era l'ipotesi obbligata, e ciò non solo per un formalismo giuridico, ma per l'oggettiva constatazione che accusare Calabresi di aver assassinato Pinelli implicava necessariamente la complicità dell'intera Questura di Milano, quantomeno nell'occultare le prove.
Calabresi fu invece lasciato solo dalla magistratura e dai suoi colleghi a difendere la propria immagine di funzionario, come se facesse comodo che la campagna di stampa contro di lui fosse travisata nel senso di un attacco ad un singolo poliziotto "deviato". Se Calabresi fu un santo martire, come si prospetta nel processo di beatificazione ecclesiastico che lo riguarda, a questo martirio non furono quindi estranei i suoi colleghi ed i suoi superiori. Chi lo abbia ucciso non si sa, ma quel che risulta certo è che almeno un movente preciso può essere identificato proprio nell'ambiente del commissario, per chiudergli la bocca.
Ma oggi i moventi non contano nulla, perché ci è stato spiegato che il "cui prodest?" costituisce un criterio senza valore. Così per l'assassinio di Calabresi risultano condannati tre ex esponenti di Lotta Continua, cioè proprio il gruppo politico che in quel momento aveva meno interesse alla morte di Calabresi, poiché tale morte liquidava anche il protagonismo editoriale e mediatico di Lotta Continua. Ma si sa che i "terroristi" non ragionano, e sono mossi esclusivamente da odio e fanatismo. Tra gli accusatori degli ex lottacontinuisti vi sono poi quelli che non si pongono neppure il problema della loro effettiva partecipazione materiale all'omicidio, ma sembrano quasi ritenere che l'energia negativa suscitata dalla loro campagna di odio verso il commissario si sia esotericamente materializzata nei sicari.
Forse non è un caso che l'assassinio senza un vero movente di interesse, cioè il reato motivato esclusivamente dall'odio, rappresenti una figura giuridica molto cara all'Unione Europea, che ha tracciato una linea legislativa per individuare e punire i cosiddetti
"reati di odio". L'evanescenza giuridica di questi "reati di odio" infatti potrebbe consentire le imputazioni più fantasiose ed ogni abuso giudiziario.
L'incarico di delineare a livello "filosofico" questa categoria dell'odio, è stato affidato ad André Glucksmann, il pubblicista che i media avevano lanciato alla fine degli anni '70 come "nouveau philosophe" in funzione antisovietica. La scelta di questo propagandista della guerra fredda rende evidente la
finalità strettamente politica dello "hatecrime", come difesa ideologica del potere delle attuali oligarchie europee, talmente sagge e illuminate da non poter mai essere oggetto di ostilità per motivi pratici, ma solo per furia irrazionale.
Che l'odio costituisca una categoria politica ed un generale fattore di identificazione di gruppi sociali ed etnici, è un dato ovvio ed acquisito, ma Glucksmann vorrebbe invece farci credere che questi sentimenti deteriori siano appannaggio esclusivo del "nemico" di turno del Sacro Occidente, e quindi è proprio Glucksmann a diffondere odio razziale. Quello di ideologia è uno dei concetti più fraintesi, e viene di solito applicato a nozioni vaghe e inconsistenti come "democrazia" e "dittatura", oppure "destra" e "sinistra". In realtà l'ideologia per eccellenza è il razzismo, cioè la pretesa di superiorità morale ed antropologica delle oligarchie sui popoli colonizzati e sulle classi sottomesse.
Anche l'ideologia camuffata da "filosofia" torna utile nella guerra psicologica, e non c'è da restarne sorpresi, visto che il vero tutore della UE è quella NATO che vanta giganteschi
apparati addetti alle PSYOPS, peraltro sfacciatamente esibiti con tanto di siti internet. (4)
Accade così che, a tanti anni dalla sua morte, san Calabresi continui a rendersi utile per il sistema che egli difendeva più di un quarantennio fa; quindi un'aureola ed un altarino se li merita.
Nella vicenda dell'incontro di sabato scorso fra il segretario del PD, Matteo Renzi, ed il Buffone di Arcore, reinvestito del titolo di "leader del centrodestra", è stato notevole l'atteggiamento dei media ufficiali, tutti tesi a conferire all'evento un alone di straordinarietà. Sei anni sono davvero pochi, quindi era difficile che i giornalisti non notassero che il mitico incontro di sabato costituiva un plagio dell'incontro del novembre 2007 dell'allora segretario del PD, Veltroni, con il sempiterno Buffone. Persino l'agenda dell'incontro fu identica: legge elettorale e riforme istituzionali; e tra le riforme auspicate non mancava neppure quella rilanciata oggi, cioè la riforma del Senato nel senso di una Camera delle Regioni. Il "Corriere della Sera" del 7 novembre 2007 pubblicava la notizia dell'incontro con un'enfasi ed un trionfalismo del tutto analoghi a quelli adoperati adesso per l'iniziativa di Renzi. Se si sostituisse il nome di Veltroni con quello di Renzi,
l'articolo sembrerebbe scritto oggi.
In casi del genere sembra quasi d'obbligo una parafrasi del famoso aforisma di Marx del saggio "Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte", quell'aforisma secondo il quale la Storia si ripeterebbe due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa. Nel caso dei mitizzati incontri dei segretari del PD col Buffone, la storiella si è ripetuta invece la prima volta come farsa, e la seconda come farsaccia. Anche Renzi, come già Veltroni sei anni fa, sta riciclando infatti come "leader del centrodestra" un Buffone ormai agonizzante ed in via di liquidazione politica da parte del suo stesso partito. La lotta per la successione è stata così messa d'un colpo fuori gioco, sebbene il Buffone attuale appaia, anche fisicamente, ancora più "cotto" di quello di sei anni fa.
La storia si ripeterà probabilmente anche nel registrare la proverbiale ingratitudine del Buffone, il quale, dopo aver incassato il favore da Veltroni, lo etichettò come "comunista", e non solo per tutta la campagna elettorale, ma persino dopo aver riconquistato il governo nel 2008. Anche il presidente Napolitano, nonostante abbia anch'egli contribuito a salvare e riciclare il Buffone in innumerevoli circostanze, per la stampa di destra rimane un "comunista", e l'uomo che approvò nel '56 l'invasione sovietica dell'Ungheria. Gran parte della stampa cerca oggi di alimentare l'impressione di un conflitto tra Renzi e Napolitano sulla questione dei rapporti col Buffone e sulle sorti del governo Letta. Ma l'ipotesi di un Renzi "stratega" appare troppo giornalistica e troppo poco realistica. Di fatto
l'incontro tra Renzi ed il presidente Napolitano, avvenuto al Quirinale il 13 gennaio scorso, suonava invece molto di più come un viatico per l'attuale segretario del PD e per le sue iniziative.
Anche in questo caso la storia si ripete, poiché nel gennaio del 2008 proprio da Napolitano arrivò un avallo esplicito e formale alle iniziative di Veltroni per un compromesso col Buffone sulla legge elettorale e sulle altre riforme istituzionali. Napolitano non si fece nessuno scrupolo di concedere la sua benedizione a Veltroni, nonostante tutti gli evidenti rischi che ciò comportava per la stabilità del governo Prodi, che infatti cadde di lì a poco. La circostanza dell'endorsement di Napolitano a Veltroni fu rilevata con compiacimento dalla stampa di destra, ed in particolare dal
quotidiano "Il Foglio".
Successivamente la stampa di destra ha fatto finta di dimenticarsi di quell'ennesimo favore; ma, mettendo in fila i fatti, si ricava la sensazione che in questi anni Napolitano abbia svolto la funzione di gruccia, di insegnante di sostegno e di Lord Protettore del Buffone; ed anche il presunto "colpo di Stato" della fine del 2011, da cui sortì il governo Monti, appare come un espediente per ibernare il cadavere già putrefatto del Buffone, per poi scongelarlo alla prima occasione. Per quanto possa oggi apparire inverosimile, i precedenti lasciano comunque prevedere che, quando il riciclaggio del Buffone sarà compiuto e consolidato, la stampa di destra troverà il modo di riallestire la solita messinscena dello scontro ideologico con la "sinistra", dando del comunista persino a Renzi.
D'altra parte il vittimismo e l'irriconoscenza costituiscono la consueta e metodica rappresentazione della destra nel gioco delle parti con quel suo prezioso ed indispensabile partner, anzi tutore, che è la fintosinistra. Non si tratta della presunta "anomalia" italiana, dato che oltreoceano le cose non vanno diversamente, come dimostra l'attuale pantomima dello "scontro" tra il presidente democratico USA, Obama, ed i repubblicani per la questione della "riforma sanitaria" che va sotto il nome di "Medicare".
I repubblicani presentano Medicare come una ingerenza statale ed una forma di socialismo sanitario, un attentato all'iniziativa privata. Al contrario, Obama ha realizzato il programma repubblicano di privatizzare ulteriormente l'assistenza sanitaria; infatti, grazie a Medicare, il governo federale può versare quasi cento miliardi di dollari all'anno alle compagnie di assicurazione private, le quali però non coprono in un anno neppure la metà dei costi medi di una malattia, che sono di circa venticinquemila dollari. Persino tra i critici più severi di Medicare, c'è ancora però chi si ostina a considerare la "riforma" comunque un passo avanti. Il timore di essere confuso con i repubblicani e con i loro attacchi sguaiati può forse spiegare questa posizione; anche perché, vista a sé stante, la riforma Medicare potrebbe essere spacciata come un "meglio che niente".
In realtà Medicare sta riempiendo le tasche delle compagnie assicurative private, e perciò rafforza il loro lobbying e la loro capacità di deformare i fatti e di corrompere la politica. Oggi i media fanno volutamente confusione, attribuendo il titolo di lobby anche ai tassisti ed ai farmacisti; ma il vero lobbying non si fa con le promesse di voti, bensì col denaro e con quel "revolving door" che consente ai politici ed ai loro parenti di andare ad occupare posti ben remunerati nella dirigenza delle compagnie private. Le compagnie di assicurazione statunitensi infatti piangono miseria ed hanno già ottenuto
una serie di "tagli" all'assistenza sanitaria reale; tagli che hanno già colpito inesorabilmente all'inizio di quest'anno, mentre molti si attendevano ingenuamente un rafforzamento del programma assistenziale.
Il "Segreto Più Nascosto" non è quello dei Rettiliani, o degli Illuminati, o della Fratellanza Babilonese, ma il fatto che la cosiddetta "spesa sociale" è in effetti una copertura per l'assistenzialismo a favore dei ricchi. Mentre i ricchi recitano sempre la parte delle vittime e si lamentano delle troppe tasse, gli investimenti per la spesa sociale vanno intanto a compagnie private.
In Massachusetts un programma di assistenza agli "homeless" si è risolto di fatto in un versamento di denaro pubblico ad una corporation privata.