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"La privatizzazione è un saccheggio delle risorse pubbliche, ma deve essere fatta passare come un salvataggio dell’economia, e i rapinati devono essere messi nello stato d’animo dei profughi a cui è stato offerto il conforto di una zuppa calda. Spesso la psico-guerra induce nelle vittime persino il timore di difendersi, come se per essere degni di resistere al rapinatore fosse necessario poter vantare una sorta di perfezione morale."

Comidad (2009)
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 03/11/2011 @ 01:12:34, in Commentario 2011, linkato 2059 volte)
Su una certa stampa di "opposizione" sono comparsi alcuni interventi tesi a ribadire che Gheddafi non va rimpianto, dato che era un "tiranno". Dieci anni fa non ci si poteva opporre alla NATO perché c'erano i fanatici di Al Qaeda; adesso che Al Qaeda è rientrata all'ovile della CIA (ammesso che ne sia mai uscita), l'impedimento ad una presa di posizione anticoloniale è dovuto al fatto che nei Paesi aggrediti dalla NATO ci sono i tiranni. Che sfortuna, c'è sempre un dettaglio fuori posto a guastare tutto.
Questa "opposizione" che alla fine si oppone sempre e solo ai più deboli, risulta un po' sospetta; ma, d'altra parte, non si può neanche stupirsi ogni volta del fatto che esistano gli opportunisti. Agitare questioni ormai irrilevanti ha lo scopo di fuorviare dal vero problema, e cioè che se forse in Libia c'era il tiranno, comunque sicuramente in questa circostanza non c'erano i "ribelli". Se è possibile che all'inizio contro Gheddafi si sia mossa anche una vera opposizione interna, certamente non era quella che ha avviato la guerriglia in Cirenaica, già armata di tutto punto dall'Emiro del Qatar, Al Thani (a proposito di tiranni).[1]
Quelli che i media hanno definito come "ribelli libici" sono quindi ciò che nel colonialismo confesso di un secolo fa veniva chiamato col nome ufficiale di "truppe coloniali di colore". Non si tratta infatti di ribelli e, nella maggior parte, neanche di Libici, ma di mercenari di varia provenienza; oppure di quei miliziani pseudo-islamici allevati sin da bambini nei campi di addestramento dei vari Emirati dagli anni '80, cioè dai tempi della guerriglia organizzata dalla CIA contro l'invasione sovietica dell'Afghanistan. Le truppe coloniali si sono avvalse inoltre non solo dell'appoggio aereo della NATO, ma anche della presenza di truppe scelte, in gran parte del Qatar. Sul terreno però erano presenti anche reparti speciali francesi e britannici, compresi le SAS. Era del tutto irrealistico che la NATO potesse appoggiare, anche solo in modo strumentale, una vera rivolta popolare; eppure qualcuno ha fatto finta di crederci.[2]
Tutto ciò sarebbe rimasto in sordina senza una sortita del ministro della Difesa francese, Gerard Longuet, il quale ha manifestato questo ruolo puramente coloniale dell'attuale "dirigenza" libica in un modo plateale e fuori dalle righe. Longuet infatti ha rilasciato lo scorso 22 ottobre un'intervista a "Le Monde" in cui, con il tono di chi dà ordini, ha affermato che la Francia intenderebbe fare la parte del leone nel business delle commesse militari per la ricostruzione degli armamenti dell'esercito libico, annientati dalle ventiseimila missioni aeree della NATO.[3]
Longuet parlava a nuora perché suocera intenda: mentre dava ordini al governo libico, faceva in realtà sapere agli "alleati" di non voler essere retrocesso a comprimario nel momento in cui c'è da spartirsi le spoglie. Il nervosismo ed il timore di esser scalzato hanno tradito Longuet, ed hanno conferito alla sua esternazione quel tono patetico che è tipico di chi sa di essere ormai marginalizzato, dato che il segretario di Stato USA, Hillary Clinton, si sta già comportando da padrona della Libia, ed ha appena piazzato a capo del governo un ex libico super-americanizzato.[4]
Dalle parole di Longuet si coglie infatti che egli sarebbe persino pronto a ripiegare su un più facile e realistico piano B, cioè arraffare la parte del bottino coloniale spettante all'Italia. Per ora Longuet e Sarkozy dovranno accontentarsi dei bei ricordi, quando vendevano tecnologia nucleare alla Libia. L'ex capo del governo coloniale libico, Jibril, come suo testamento spirituale, ha infatti appena lanciato al mondo uno di quegli annunci sconvolgenti che proprio ci mancavano: sarebbero infatti state ritrovate le armi atomiche dell'arsenale di Gheddafi. Era proprio quell'ulteriore riprova della malvagità del tiranno che serviva ai media mondiali per scatenarsi, e per gridare "Hai visto?".
L'agenzia ONU incaricata di svolgere funzione ispettiva in campo nucleare, l'AIEA, non ha potuto però darsi la zappa sui piedi e quindi a costretto Jibril a far marcia indietro. Jibril ha infatti ridimensionato il suo annuncio parlando del ritrovamento di armi chimiche (e chi è che non ha un insetticida in casa?).
La Libia infatti si trovava sotto le ispezioni dell'AIEA dal 2003, eppure l'agenzia nucleare dell'ONU non si era mai accorta di nulla; anzi, era stata proprio l'AIEA a farsi promotrice di un business nucleare in Libia, a favore di una delle multinazionali francesi del settore, l'Areva; la stessa compagnia multinazionale che avrebbe dovuto occuparsi del nucleare berlusconiano.
Sarkozy in persona, nel 2007, si era precipitato in Libia per abbracciare Gheddafi e concludere con lui l'affare nucleare, che pare fosse stato soffiato agli Stati Uniti. Si trattava nientemeno che di un impianto nucleare di desalinizzazione dell'acqua marina. Non è uno scherzo, i dissalatori ad energia nucleare esistono davvero.[5]
La micidiale arma nucleare ritrovata da Jibril sarebbe dunque un impianto di desalinizzazione. Quest'ordigno atomico è veramente micidiale, ma il suo pericolo, oltre alle solite fughe radioattive, è dovuto soprattutto alle voragini abissali che crea nella spesa pubblica dei Paesi che l'adottano. La dissalazione nucleare costituisce infatti una di quelle tecnologie pletoriche e farraginose (del tipo Alta Velocità) in cui oggi la Francia eccelle, e che consistono nell'allestire impianti i cui costi lievitano negli anni in modo incontrollato ed esponenziale: una vera manna per gli affari. L'AIEA, sin dagli anni '90, si è incaricata di cercare di rifilare questo mega-bidone nucleare dell'Areva a tutti i Paesi del mondo, e pare ci fosse riuscita con Gheddafi.[6]
Gheddafi forse pensava che, pagando queste sostanziose tangenti ai Paesi occidentali, sarebbe stato lasciato in pace. Purtroppo, se una classe dirigente è vincolata al suo territorio porrà inevitabilmente dei limiti allo sfruttamento da parte delle multinazionali; ecco perché Gheddafi è stato fatto fuori, per essere sostituito con un governo coloniale (pardon, democratico), composto da puri esecutori di ordini. Da come la NATO ha azzerato a colpi di bombe il sistema delle infrastrutture idriche, elettriche e sanitarie in Libia, si comprende che non era solo Gheddafi ad essere di troppo, ma anche la gran parte del popolo libico, che, con la sua sola presenza, ostacola l'occupazione e lo sfruttamento del territorio da parte delle multinazionali.
Immaginiamoci poi quanti struggenti ricordi avrà suscitato il clamoroso annuncio di Jibril nei dirigenti dell'AIEA: "Ti ricordi della bustarella che prendemmo quella volta dall'Areva...". Commovente.
Pare che anche il nostro ministro dei Licenziamenti, Sacconi, possa vantare nel suo curriculum, oltre che il titolo di Vittima del Terrorismo ad honorem, anche qualche anno di militanza in un'altra agenzia dell'ONU, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro. Non c'è dubbio che un'agenzia ONU fosse per Sacconi il luogo ideale dove coltivare e sviluppare i propri istinti criminali.

[1] http://www.repubblica.it/ultimora/24ore/libia-qatar-ammette-invio-soldati-centinaia-con-il-cnt/news-dettaglio/4056737
[2] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.guardian.co.uk/world/2011/aug/23/sas-troopers-help-coordinate-rebels&ei=JfGwTs61HY7OswaBxuDrCg&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=3&ved=0CDwQ7gEwAg&prev=/search%3Fq%3Dqatar%2Blibya%2Bguardian%26hl%3Dit%26sa%3DG%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26prmd%3Dimvns
[3] http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-10-29/parigi-preme-libia-commesse-militari-173153.shtml?uuid=AaGlQ7GE
[4] http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-10-31/libia-alkeib-nuovo-premier-202156.shtml?uuid=AaxCXcHE
[5] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.world-nuclear-news.org/newsarticle.aspx%3Fid%3D13774&ei=6VSuTriKKIvcsgb15qQH&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=1&ved=0CCAQ7gEwADgU&prev=/search%3Fq%3Dlybia%2Bareva%26start%3D20%26hl%3Dit%26sa%3DN%26rlz%3D1R2ACAW_it%26biw%3D960%26bih%3D507%26prmd%3Dimvns
[6] http://fusione.altervista.org/energia_nucleare_desalinizzare_acqua_mare.htm
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Di comidad (del 10/11/2011 @ 01:25:48, in Commentario 2011, linkato 3198 volte)
A Berlusconi è bastato pronunciare una frasetta contro l'euro per ritornare trionfalmente sugli altari della destra "antagonista", pronta a considerarlo di nuovo un vendicatore della sovranità nazionale; omettendo con ciò il piccolo dettaglio che proprio l'attuale governo ha favorito ed accettato l'ufficializzazione della tutela del Fondo Monetario Internazionale sull'Italia. Strano che, sino allo scandalo sessuale che ha travolto Strauss-Kahn, la maggior parte degli Italiani non sapesse neppure dell'esistenza del FMI, mentre oggi se lo ritrova di colpo come padrone assoluto. Anche se Berlusconi dovesse dimettersi (ma molti non ci credono), l'attuale accordo con il FMI non farebbe per niente la fine del trattato di amicizia con la Libia; al contrario, questa tutela del FMI vincolerà anche i prossimi governi italiani.
Che Berlusconi svolga il ruolo di strumento della guerra psicologica del FMI contro l'Italia, è anche dimostrato dalla sua frase demenziale sui ristoranti pieni, che ha ottenuto immediatamente l'effetto di screditare e mettere in ridicolo ogni tentativo di demistificare lo slogan della crisi. In realtà dovrebbe essere proprio il contenuto della famosa lettera di Trichet a suscitare dei dubbi. Se si è in presenza di una carenza di liquidità, che senso ha la pretesa di Trichet di imporre ulteriori "liberalizzazioni" (privatizzazioni) che i privati non sarebbero in grado di pagare, e che quindi andrebbero a gravare sulla spesa pubblica? Come si fa poi a coniugare il pareggio di bilancio con la crescita? Non c'è mai riuscito nessuno in due secoli, ed ora si pretende che ci riesca Berlusconi?
Anche le proposte del manifesto di Confindustria non scherzano quanto a coerenza. In un periodo in cui i titoli di Stato sono a rischio di insolvenza, che senso avrebbe favorire le privatizzazioni dei beni immobili pubblici attraverso le "cartolarizzazioni", cioè l'immissione sul mercato di altri titoli tossici?
Tanto più assurdo è che si proponga di vincolare questi nuovi titoli a beni immobili, il cui valore tende oggi a scendere. E se il valore degli immobili tende a scendere, che senso avrebbe metterne in vendita altri, se non far crollare i prezzi?
Ancora più contraddittorio è che questi titoli tossici vadano a fare altra concorrenza ai titoli di Stato già in difficoltà. Si parla di "crescita" e poi si prospetta solo altra economia di carta, altra finanziarizzazione. Ma gliene frega davvero qualcosa della "crescita"?
E ancora: dopo venti anni di esperimenti a riguardo, risulta chiaro che la "flessibilità" non ha mai favorito la crescita del PIL, ma ha solo depresso la domanda interna. La flessibilità è infatti una delle cause della depressione del mercato immobiliare, dato che nessun precario può pensare a comprarsi la casa.
Adesso invece arriva persino la "flexsecurity" a presentarsi come la panacea.
Se qualcuno finora avesse pensato che flexsecurity volesse dire più o meno la sicurezza di essere licenziato, deve però ricredersi. Parole chiare e inequivocabili arrivano da una delle menti più brillanti del padronato italiano: Alberto Bombassei. Ecco come il vicepresidente di Confindustria chiarisce il pericoloso fraintendimento in una intervista su "la Repubblica".[1]
"Non bisogna cascare nel tranello mediatico" - secondo il quale il governo vorrebbe rendere più facili i licenziamenti. "In realtà - sostiene Bombassei - l'obiettivo è l'opposto: rendere più flessibili le uscite dal lavoro per stimolare le assunzioni. Invece sarebbe semplicemente ridicolo pensare che si possa aumentare l'occupazione rendendo più facili i licenziamenti".
Il giornalista, abbagliato da tanta lucidità, replica:
"Qual è la differenza?(...)"
"C'è differenza perché nessuno pensa di introdurre la libertà di licenziamento".
Tutti stavano per cascare nel tranello mediatico, solo che all'improvviso qualcuno si è ricordato che in Italia la libertà di licenziare in massa già esiste da venti anni, addirittura dal 1991, grazie alla Legge n. 223 del 1991. In base a questa legge qualsiasi lavoratore può essere posto in qualunque momento in "mobilità" andando a carico della previdenza sociale, che è pagata dagli stessi lavoratori con i contributi INPS e non, come invece sostiene Bombassei, dalle imprese.[2]
In questi venti anni le garanzie e le procedure previste dalla Legge 223/91 sono diventate automatismi, per i quali già adesso le imprese possono disfarsi di tutti i lavoratori che desiderano, mettendoli in "mobilità", cioè in cassa integrazione. Allora cosa vuole ancora Confindustria?
Siamo sicuri che questa associazione "imprenditoriale" persegua davvero obiettivi industriali, e non puramente finanziari?
Il problema infatti riguarda proprio i denari della cassa integrazione. Possibile che tutti questi soldi debbano andare ai lavoratori in "mobilità" senza passare in qualche modo per le sagge mani dei finanzieri?
In un rapporto della multinazionale finanziaria JP Morgan si legge che l'attuale gestione delle indennità di disoccupazione renderebbe i lavoratori più schizzinosi e quindi aumenterebbe la durata della disoccupazione. [3]
Per salvare i lavoratori da questo triste destino, JP Morgan ha pensato bene di entrare nel business delle indennità di disoccupazione. Negli Stati Uniti perciò i lavoratori licenziati non ricevono più l'assegno di disoccupazione direttamente dagli enti locali, ma viene data loro una "card" della stessa JP Morgan. [4]
Insomma, siamo alle grandi manovre per la privatizzazione a tappeto degli ammortizzatori sociali. La "crisi" è diventata l'alibi ufficiale del business della miseria.

[1] http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/10/30/bombassei.html
[2] http://salerno.usb.it/fileadmin/archivio/salerno/despar/Legge_223_del_1991_Mobilit_.pdf
[3] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.huffingtonpost.com/2010/03/24/jpmorgan-chase-report-say_n_512130.html&ei=aB-4TqidIcXNsgaw-MXSAw&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=1&ved=0CCIQ7gEwAA&prev=/search%3Fq%3Djp%2Bmorgan%2Bunemployment%2Bbenefits%26hl%3Dit%26sa%3DG%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26prmd%3Dimvnso
[4] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.jpmorgan.com/cm/ContentServer%3Fc%3DTS_Content%26pagename%3Djpmorgan%252Fts%252FTS_Content%252FGeneral%26cid%3D1125855840304&ei=dyC4TvOFIozRsgbTjMXSAw&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=7&ved=0CFsQ7gEwBg&prev=/search%3Fq%3Djp%2Bmorgan%2Bunemployment%2Bbenefits%26hl%3Dit%26sa%3DG%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26prmd%3Dimvnso
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


21/11/2024 @ 17:37:00
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