Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Nonostante sia sempre occupato in "ben altri problemi", il presidente USA, Barack Obama, ha trovato il tempo di riconfermare ed inasprire le sanzioni economiche contro la Siria, spingendo inoltre l'Unione Europea ad accordarsi ed accodarsi a queste misure, che sono dei veri e propri atti di guerra. Il pretesto attuale per questa nuova ondata di sanzioni è la repressione delle rivolte interne alla Siria, ma in effetti la Siria è sotto sanzioni praticamente da sempre.
Il governo siriano aveva sperato che con l'elezione di Obama si aprisse una possibilità di ritiro delle sanzioni. Al contrario, Obama le ha riconfermate esattamente due anni fa, nel maggio 2009, motivandole con le consuete accuse, peraltro mai provate, di rapporti della Siria con organizzazioni terroristiche. Quindi, se la Siria è povera, non lo si deve soltanto alla malvagia dittatura degli Assad, ma anche ad un'aggressione coloniale degli Stati Uniti.(1)
Da anni la Siria sta cercando di ristabilire normali relazioni diplomatiche ed economiche con gli USA. A questo scopo nel 2007 il governo siriano aveva persino accettato di partecipare alla conferenza di Annapolis sul Medio Oriente, una kermesse diplomatica messa su dall'allora presidente Bush e da Condoleeza Rice al solo scopo di isolare l'Iran.(2)
Da oltre mezzo secolo la Siria costituisce un tiepido alleato della Unione Sovietica prima e della Russia poi, e lo strascico di questa lunga alleanza è costituito dalla presenza della marina militare russa nel porto siriano di Tartus. Tra il 2008 ed il 2009 si era parlato addirittura di un rafforzamento della presenza militare russa in Siria, ed anche del progetto di una serie di basi militari russe, che avrebbero dovuto interessare persino la Libia e lo Yemen.(3)
Di fatto nessuno di questi progetti di espansione della collaborazione militare russo-araba sembra avere avuto un particolare seguito. A poco meno di tre anni dal viaggio a Mosca di Gheddafi per discutere della possibilità della costruzione di una base navale russa a Bengasi, Putin ha infatti mollato senza scrupoli lo stesso Gheddafi, bollandolo come un "cadavere politico". In questi giorni lo stesso Putin si è fatto venire qualche ripensamento sulla legittimità del tentativo della NATO di assassinare Gheddafi e la sua famiglia, ma si è rimasti alle dichiarazioni di circostanza, senza alcuna richiesta di convocazione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
In realtà il fatto nuovo che ha messo in crisi questo tiepido, ma storico, asse Russia-Siria, sembra essere l'accordo di cooperazione militare russo-israeliano del settembre 2010. La notizia dell'accordo militare russo-israeliano è stato lanciata con enfasi dall'agenzia russa Novosti, e confermata da fonti occidentali.(4)
Di questo inatteso accordo russo-israeliano si è parlato pochissimo, tanto più che esso costituiva, secondo il ministro della difesa israeliano Barak, la premessa per convincere Putin a rinunciare alla prevista vendita alla Siria di sistemi missilistici di ultima generazione. Ora appare davvero difficile evitare di contestualizzare l'attuale offensiva della NATO in Libia, e l'intensificarsi delle minacce verso la Siria, nella situazione determinata da questo ulteriore cedimento della strategia russa.
La propaganda ufficiale di questi giorni sta infatti già manipolando l'opinione pubblica per orientarla ad invocare un intervento NATO anche contro la Siria. I media lamentano, come già fecero per la Libia, la presunta "assenza" dell'Occidente di fronte alla repressione in Siria, e si sa che quando la propaganda comincia a dire che "l'Occidente è assente", allora vuol dire che la pioggia di bombe è in arrivo. Dato che pare che in Siria vi sia poco petrolio, i bombardamenti NATO potranno risultare ancora più altruistici e meritori davanti agli occhi della pubblica opinione.
Un ulteriore aspetto della propaganda riguarda quell'opinionismo di sinistra che sottolinea l'indifendibilità della dittatura di Assad, in base a quel consueto trucco retorico - ripreso di recente anche da Rossana Rossanda contro Gheddafi - secondo cui non basta essere nemico degli Stati Uniti per essere amico nostro. Con questi slogan confusionali, tutte le questioni si riducono alla alternativa tra filo-americanismo ed anti-americanismo, e magari tra dittatori e democrazia, consentendo così di cancellare l'evidenza delle aggressioni coloniali.
In realtà, come si è visto, né Gheddafi, né Assad, volevano essere nemici degli Stati Uniti; ma sono gli Stati Uniti ad aggredirli, ed hanno accentuato questa aggressione non appena la Russia ha lasciato aperto il varco. I teorici del "declino americano" fondano le loro valutazioni su un'idea astratta di imperialismo, basata su esperienze imperiali storiche che nulla hanno a che fare con il colonialismo commerciale statunitense. All'imperialismo commerciale non serve riuscire a conquistare definitivamente un territorio o detenerne l'assoluto controllo; non serve neppure conseguire vittorie militari. Al colonialismo commerciale è sufficiente destabilizzare, impedire cioè che certi Paesi giungano ad una loro autonomia economica.
Anche se il piano della NATO di una Cirenaica trasformata in un novello Kosovo dovesse fallire, una Libia ridotta in macerie sarà comunque costretta a rinunciare per decenni ai suoi piani di espansione economica, mentre anche l'ENI ne risulterà inevitabilmente ridimensionato. Come ha spiegato Noam Chomsky, il fatto che gli Stati Uniti non abbiano conseguito con la guerra in Vietnam tutti gli obiettivi che si prefiggevano, non vuol dire affatto che abbiano "perso" quella guerra, dato che le distruzioni belliche hanno ritardato di almeno mezzo secolo l'indipendenza economica dell'Indocina nei confronti del ricatto delle multinazionali.
Nel 1998 il presidente USA Clinton, con il solito pretesto di una rappresaglia per attentati terroristici, distrusse con un bombardamento missilistico una fabbrica farmaceutica in Sudan, annullando anche per il futuro la possibilità di una indipendenza del Sudan in campo sanitario.(5)
Non a caso, anche l'effetto pratico immediato della squallida messinscena della uccisione di Bin Laden, è stato quello di mettere sotto accusa il Pakistan, di tenerlo sotto costante minaccia di aggressione; ed un Pakistan destabilizzato risulta dipendente a livello economico e commerciale.
Ora a trovarsi sotto tiro, ed a rischio di frantumazione etnica, è la Siria, la quale, come Cuba, non dispone di grandi risorse petrolifere da saccheggiare, ma ha comunque risorse idriche, e soprattutto una posizione geografica che la rende un crocevia commerciale essenziale per il Medio Oriente. Dopo l'accordo militare russo-israeliano dello scorso settembre, basterà quel che rimane della base militare russa di Tartus a salvare la Siria dai bombardamenti della NATO?
(1) http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://english.aljazeera.net/news/americas/2009/05/20095815106605431.html
(2) http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200711articoli/27886girata.asp
(3) http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://af.reuters.com/article/topNews/idAFJOE50F0LO20090116&ei=cYC9TereK4bKtAaT4rzvBQ&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=4&ved=0CD8Q7gEwAzgK&prev=/search%3Fq%3Dsyria%2Brussian%2Bbase%26start%3D10%26hl%3Dit%26sa%3DN%26rlz%3D1R2ACAW_it%26prmd%3Divns
(4) http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://en.rian.ru/mlitary_news/20100906/160482544.html&ei=Udu_TcKKNMHFswb88cjCBQ&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=6&sqi=2&ved=0CFcQ7gEwBQ&prev=/search%3Fq%3Drussia%2B%2Bisrael%2Bagreement%26hl%3Dit%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26prmd%3Divns
http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.dailystar.com.lb/News/Middle-East/Sep/07/Russia-and-Israel-sign-military-cooperation-agreement.ashx&ei=Udu_TcKKNMHFswb88cjCBQ&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=4&sqi=2&ved=0CEYQ7gEwAw&prev=/search%3Fq%3Drussia%2B%2Bisrael%2Bagreement%26hl%3Dit%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26prmd%3Divns
(5) http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:xeXE3zV-IX4J:www.namaste-ostiglia.it/lasthelp/show.asp%3FID%3D195+clinton+sudan+bombardamento+fabbrica+farmaceutica&cd=8&hl=it&ct=clnk&gl=it&source=www.google.it
In pochi giorni, nella vicenda della presunta uccisione di Bin Laden, si è passati dalle dichiarazioni del segretario di Stato USA Hillary Clinton di apprezzamento per il ruolo che i servizi segreti pakistani avrebbero svolto nella individuazione del bersaglio, alle aperte accuse del Presidente Obama contro il governo del Pakistan, sospettato addirittura di aver fornito una rete di appoggio al terrorismo. Le dichiarazioni di Obama contro il Pakistan non costituiscono una novità, anzi rappresentano l'unica promessa elettorale mantenuta dall'attuale presidente USA. Nel 2007, quando era ancora un semplice candidato alla presidenza, Obama non solo lanciò contro il Pakistan accuse analoghe a quelle attuali, ma arrivò persino a prospettare azioni di anti-terrorismo sul territorio pakistano, senza chiedere il permesso del governo del Pakistan e neppure informarlo.(1)
Lo status di "alleato" degli USA non è quindi servito al Pakistan per sfuggire alle provocazioni ed alle minacce di aggressione. Per un Paese come il Pakistan, che costituisce un coacervo etnico, il fatto che il principale alleato delegittimi così pesantemente il governo, diventa obiettivamente una spinta alle ribellioni interne. In pratica è come se Obama avesse lanciato un appello ai vari capi tribali, incoraggiandoli a proclamare le loro secessioni.
Ciò rende un palese nonsenso la formula cara agli "antimperialisti, ma non troppo", alla Ingrao o alla Rossanda, secondo i quali non basta essere nemico degli Stati Uniti per essere amico nostro. In realtà il colonialismo non si basa sulla alternativa amico/nemico, ma da sempre pratica l'aggressione in primis nei confronti degli "alleati". Nel lontano 1704 la Gran Bretagna si impadronì della Rocca di Gibilterra sottraendola con un colpo di mano alla Spagna, che era in quel momento un alleato della stessa Gran Bretagna in una delle tante guerre di Successione dell'epoca.
Il Pakistan è stato davvero un alleato determinante degli Stati Uniti, anzi esso può essere considerato l'attore decisivo nella sconfitta e nel declino dell'Unione Sovietica. Dopo l'invasione sovietica dell'Afghanistan nel 1979, il Pakistan costituì non solo la base di appoggio logistico della guerriglia, ma anche il serbatoio di reclutamento tra le tribù di confine, tanto che quella guerra può essere annoverata a tutti gli effetti come un conflitto sovietico-pakistano.
Senza la rovinosa sconfitta e la distruzione del prestigio dell'Armata Rossa in Afghanistan, le cosche affaristiche russe del KGB non avrebbero potuto liquidare il cosiddetto "socialismo reale", in effetti un socialismo militare di stampo brezneviano. Se non ci fosse stato l'impegno del Pakistan gli Stati Uniti non avrebbero vinto la Guerra Fredda, e Woytila neppure avrebbe potuto usurpare il merito della vittoria sul comunismo ed essere così beatificato; e magari la sua elezione al Soglio Pontificio sarebbe stata classificata solo come una curiosa anomalia, una tra le tante "trovate" di Zbigniew Brzezinski, consulente di politica estera del presidente Carter e, dal 2007, anche eminenza grigia di Barack Obama.(2)
In questi ultimi trenta anni il Pakistan è diventato una colonia della CIA e, ovviamente, anche delle multinazionali più legate ai servizi di intelligence statunitensi, come la onnipresente Philip Morris, divenuta padrona e monopolista del business del tabacco in Pakistan.(3)
Il livello di potenza della Philip Morris costituisce infatti un indicatore oggettivo del grado di presenza della CIA in un determinato Paese, perciò potrebbe risultare istruttivo sapere che la stessa Philip Morris monopolizza il settore del tabacco, e le relative risorse agricole, anche in Italia.(4)
La gratitudine non è mai stata una virtù del colonialismo, perciò oggi il Pakistan si trova inevitabilmente nel mirino statunitense, poiché la dissoluzione etnica di un Paese di oltre centottanta milioni di abitanti potrebbe costituire la base di partenza per una destabilizzazione/balcanizzazione di tutta l'Asia; secondo lo schema coloniale che vede nei grandi Stati, per quanto sottomessi possano essere, un oggettivo ostacolo al procedere della colonizzazione. Le etnie spesso attraversano i confini degli Stati, costituendo perciò un potenziale fattore di destabilizzazione a catena.
Se le etnie non esistono, allora si inventano, come la Padania. A Napoli le agenzie di psywar della NATO sono persino riuscite ad inventarsi una sorta di sotto-etnia che vivrebbe nei cosiddetti "Quartieri Spagnoli", una locuzione puramente giornalistica che ha soppiantato il termine tradizionale, che individuava quell'area urbana semplicemente come i "Quartieri".
L'uso equivoco che fa la propaganda ufficiale di termini come "impero"-"imperiale"-"imperialismo" fa spesso passare l'idea dell'esistenza di un "ordine mondiale", magari turbato dalle follie del dittatore o del terrorista di turno, da rimettere ogni volta al suo posto. Al termine "impero" è legata anche una serie di suggestioni ideologiche circa una sorta di inesauribile creatività del potere, che andrebbe ogni volta inseguito nelle sue innumerevoli metamorfosi.
In realtà il colonialismo si fonda sulla destabilizzazione permanente, ed anche su schemi piuttosto elementari, ripetitivi e facilmente riconoscibili, in Jugoslavia, in Libia, ed ora anche in Siria ed in Pakistan. Il passaggio dalla consulenza ideologica dei "neocon" a quella di un Brzezinsky non comporta infatti un mutamento di questi schemi, ma solo un parziale adattamento negli slogan e nella priorità dei bersagli.
(1)http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.cbsnews.com/stories/2007/08/03/politics/main3130600.shtml&ei=EdHGTaWPGojBswbYx-WMDw&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=3&ved=0CDcQ7gEwAg&prev=/search%3Fq%3Dobama%2Bpakistan%2B2006%26hl%3Dit%26sa%3DG%26rlz%3D1R2ACAW_it%26prmd%3Divns
(2) http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.economist.com/blogs/democracyinamerica/2007/03/a_new_brain_for_barack_obama&ei=5yDITfnbM8yf-wadvLjTAQ&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=4&sqi=2&ved=0CEQQ7gEwAw&prev=/search%3Fq%3Dbrzezinski%2Bobama%26hl%3Dit%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26prmd%3Divns
(3) http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.reuters.com/article/2007/03/09/businesspro-pakistan-morris-dc-idUSISL13794220070309&ei=PMnGTf3RIs34sgby7vSLDw&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=3&sqi=2&ved=0CDMQ7gEwAg&prev=/search%3Fq%3Dpakistan%2Bphilip%2Bmorris%26hl%3Dit%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26prmd%3Divnso
(4) http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:F2uEk2NSFMEJ:www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1625+philip+morris+coldiretti&cd=8&hl=it&ct=clnk&gl=it&source=www.google.it
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