Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Lo scandalo giudiziario della associazione affaristica soprannominata "P3", è stata l'occasione per il ceto politico e per i media per riproporre lo slogan della cosiddetta "questione morale". Questa formula è però qualcosa di più di un semplice slogan della propaganda, infatti rientra nei meccanismi della "falsa coscienza", cioè una visione del mondo che la maggioranza delle persone adotta involontariamente in funzione auto-protettiva. "Questione morale" è una formula invocata da molti per credere di trovarsi di fronte ad una patologia del sistema, e non al suo fisiologico modo di funzionare.
L'affarismo criminale costituisce un'espressione della guerra di classe dei ricchi contro i poveri, e consiste nello sfruttare le occasioni derivanti dall'occupare una posizione di potere legale che, di per sé, comporta anche molteplici opportunità di aggiramento e violazione della legge. "Affarismo criminale" è una di quelle espressioni che in grammatica e retorica si definiscono come "pleonasmi", cioè ripetizioni/rafforzamenti di uno stesso significato. Non possono esistere infatti "affari legali", in quanto il di più di guadagno, rispetto ad una lecita transazione commerciale o finanziaria, deriva sempre dalla possibilità di violare una legge.
Nessuna legge può consentire tout court di derubare i poveri, ma il fatto di gestire la legge consente di mettere in atto tutti gli accorgimenti utili a violarla ed a raggiungere il risultato voluto. Noam Chomsky ha messo in evidenza come negli anni '80 l'Amministrazione Reagan e i grandi gruppi industriali/finanziari statunitensi si siano accordati per violare sistematicamente la legislazione sul lavoro, lasciandola disapplicata, o applicandola in modo rovesciato. Il piano non avrebbe potuto funzionare se alla cospirazione criminale non avesse partecipato anche la magistratura, in particolare le Corti Supreme dei vari Stati e la Corte Suprema federale.
Allo stesso modo, nessuna legge può esplicitamente stanziare dei fondi per finanziare la delocalizzazione delle produzioni in altri Paesi, ma un governo può chiudere un occhio se dei fondi pubblici legalmente destinati all'innovazione tecnologica in loco delle industrie private, vengono invece dirottati all'estero. Ed è infatti ciò che accade abitualmente dagli anni '80, non soltanto negli USA, ma anche in Italia; anzi sembra la storia della FIAT.
La stampa anglosassone oggi plaude a Marchionne, che si sarebbe deciso finalmente ad adottare un trattamento "American Style" nei confronti dei lavoratori italiani, facendo fare una figura da imbecille al governatore del Piemonte, Cota, che aveva detto che i bravi lavoratori di Mirafiori, a differenza di quelli di Pomigliano e Termini Imerese, non rischiavano nulla. In realtà, in fatto di frode sistematica nei confronti dei diritti del lavoro, l' "Italian Style" non è mai stato da meno di quello americano.
La pur blanda legislazione anti-infortunistica sul lavoro oggi vigente in Italia, viene lasciata disapplicata dai governi che avrebbero il compito di vigilare, e ciò per consentire alle imprese di risparmiare sui costi di produzione. Il carico finanziario dell'assistenza agli infortunati che sopravvivono, viene poi scaricato sulle pensioni di invalidità, pagate dai contributi dei lavoratori. Non è l'unico caso in cui l'assistenza viene usata illegalmente per finanziare le imprese, dato che il governo consente sistematicamente al padronato di ricorrere alla Cassa Integrazione Guadagni (pagata dai contributi dei lavoratori) per disfarsi temporaneamente di una parte dei dipendenti, sfruttando poi maggiormente i lavoratori rimasti in azienda tramite gli straordinari. Un bel risparmio netto sul costo del lavoro, ottenuto attraverso un saccheggio illegale della previdenza pubblica.
Le cospirazioni criminali costituiscono quindi pratiche comuni nella guerra di classe dei ricchi contro i poveri, e ciò che viene alla luce attraverso le inchieste giudiziarie riguarda il livello intermedio (o basso, come nel caso della "P3") delle cospirazioni, quello in cui vanno a confliggere gli interessi di cosche affaristiche diverse; ma il delitto non emerge mai quando esso corrisponde all'interesse del padronato nel suo insieme. Questo è il motivo per il quale non ci sono inchieste giudiziarie che riguardino il Fondo Monetario Internazionale o la Confindustria, che pure sono quegli organismi che gestiscono in prima persona, insieme con i governi, il delitto che viene compiuto in nome dell'interesse comune del padronato.
Esistono teorie cospirazionistiche ingenue che attribuiscono la cospirazione ad un'unica centrale che si riproduce attraverso i secoli; ma anche questa visione è l'effetto di una falsa coscienza che vorrebbe scaricare la responsabilità di tutto su una patologia esterna al sistema, che sia riuscita ad impadronirsi del sistema stesso. In realtà i ricchi cospirano contro i poveri senza che nessuno glielo ordini o glielo suggerisca, in base al semplice principio che i proventi del delitto possono consentire di comprarsi anche la legge.
Le cospirazioni criminali diventano inoltre corruzione epidemica, un vero e proprio meccanismo di controllo sociale, che stratifica i gradi di complicità. Le sedicenti "riforme" che imperversano da trenta anni in Italia, determinano un caos diffuso nella Pubblica Amministrazione, che moltiplica e veicola le opportunità criminali anche per i livelli medio-bassi dei cosiddetti colletti bianchi. Defraudare qualcuno dei suoi diritti diventa molto più facile quando la "riforma" ti rifornisce di strumenti di potere, di possibilità di abusarne, ed anche di alibi efficientistici per mascherare ogni sopruso.
Il termine "riforma", in questo significato di destabilizzazione a fini di affarismo criminale, fu adottato e lanciato alla fine degli anni '70 da organismi internazionali come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). Per imitazione, il termine "riforma", in questo senso distorto, è poi penetrato nel linguaggio politico dei vari Stati. Si comprende perciò che oggi definizioni come "riformista" o "riformatore" hanno assunto lo stesso significato di "occidentale", indicano cioè una condizione di sudditanza coloniale e di pratica criminale. Il colonialismo necessita prioritariamente di destabilizzare il tessuto sociale del Paese da colonizzare, rompendo le garanzie sociali preesistenti, e sostituendole con una rete di complicità e collaborazionismi, cioè di cospirazioni criminali; o, se si vuole usare una locuzione più consona al linguaggio giuridico italiano, associazioni a delinquere.
Il potere mondiale degli Stati Uniti si fonda infatti non soltanto sulla aggressività militare, ma soprattutto su questa alleanza organica con le cleptocrazie dei vari Paesi. Ormai è chiaro a tutti che gli Stati Uniti non possiedono la potenza militare che si illudevano di avere negli anni '50 e '60, ed infatti non riescono mai a vincere le loro guerre. Le continue aggressioni militari statunitensi sortiscono comunque l'effetto di destabilizzare e corrompere gran parte del tessuto sociale dei Paesi occupati, generando una serie di relazioni con i gruppi reazionari e criminali, che si costituiscono in cleptocrazie, ceti dominanti che vedono negli Stati Uniti il loro naturale protettore e punto di riferimento. La guerra di classe globale degli Stati Uniti riesce cioè a collegarsi con le guerre di classe interne ai vari Paesi, costituendo stabili alleanze.
In questo senso, le basi militari USA e NATO non sempre rivestono una funzione militare in senso stretto, ma costituiscono zone franche per ogni genere di traffico illegale, in cui la criminalità locale possa trovare un riferimento ed un asilo. Delle oltre cento basi militari USA e NATO in Italia, poche infatti possono davvero esibire un personale ed un armamento adeguati, che ne giustifichino la funzione militare.
Analogamente, la più grande base militare statunitense all'estero, Bondsteel in Kosovo, risulta essere soprattutto un aeroporto ed un ammasso di magazzini e capannoni, in cui vengono detenute merci di contrabbando e persone sequestrate. Il Kosovo costituisce il caso di uno Stato coloniale creato in funzione di una base militare straniera, ed esplicitamente governato e gestito dalla criminalità organizzata; è un caso talmente evidente e macroscopico che non può essere digerito nell'ambito della formula della "questione morale", quindi si preferisce semplicemente far finta di nulla.
Nel 1992 la conferenza internazionale di Dublino sull'acqua e sull'ambiente stabilì l'ideologia e gli slogan su cui si doveva basare la privatizzazione dell'acqua: l'acqua è un bene sempre più raro e in via di esaurimento, l'acqua ha un costo economico e quindi deve essere soggetta a regole di mercato. Quando si tratti di slogan ufficiali, non ci si deve sforzare molto per capire quale sia la verità dietro il fumo della propaganda: di solito è l'esatto contrario di ciò che ci viene detto.
Sono venti anni infatti che nel mondo non si fanno più investimenti significativi nella conservazione o nello sviluppo delle infrastrutture idriche. Nessuna delle multinazionali interessate al settore idrico, per lo più statunitensi o francesi, ha messo in campo nuove tecnologie contro lo spreco delle risorse. Gli slogan di Dublino (l'acqua è un bene raro, in via di esaurimento, che ha un costo economico), servirono a legittimare l'ingresso delle multinazionali in un settore che andava salvato dalla "irresponsabilità dell'assistenzialismo pubblico". Le multinazionali hanno invece sempre agito come se lo spreco dell'acqua non fosse un loro problema: tutto si è concentrato sul controllo delle risorse. In cosa investono le multinazionali del settore idrico? In ricerca tecnologica? In nuove infrastrutture? In manutenzione e preservazione delle infrastrutture esistenti?
No, niente di tutto questo. Le multinazionali spendono soprattutto in "agenzie di pubbliche relazioni", cioè in propaganda e intossicazione dell'informazione; e infatti nei Paesi anglosassoni sono nate già delle agenzie di PR specializzate nel settore idrico, come l'Aqua PR. Ma ciò vale non solo per le rozze multinazionali statunitensi e britanniche, ma anche per le raffinate multinazionali francesi, come le mitiche Vivendi e Ondeo, le quali hanno dimostrato anch'esse di avere una predilezione per i business "poveri"; infatti, oltre che di acqua, si occupano di smaltimento di rifiuti: tutti business che una volta erano lasciati ai mafiosi.
In Italia le prime "liberalizzazioni dei servizi idrici" (l'ipocrita eufemismo che indica la privatizzazione dell'acqua) avvennero addirittura a metà degli anni '90, ed all'avanguardia fu la "Toscana Rossa", dove i cittadini utenti hanno appreso ben presto che privatizzazione significa solo aumento delle tariffe e dell'incertezza del servizio.
Gli ultimi investimenti nelle infrastrutture idriche italiane risalgono infatti alla fine degli anni '80. Se a quell'epoca le perdite idriche sulla rete assommavano a circa il 50%, oggi questa quota di perdite è stata abbondantemente superata. Le ultime leggi di Tremonti e Ronchi sulla privatizzazione dell'acqua non hanno indicato alcun programma di rinnovamento o adeguamento della rete, né hanno condizionato l'ingresso dei privati nel business-acqua all'impegno di operare questo tipo di investimenti.
Quindi, se l'acqua è un bene in via di esaurimento, comunque ai privati non gliene frega nulla, dato che le multinazionali si comportano come se invece l'acqua fosse inesauribile, e l'unico problema consistesse nell'ottenerne il monopolio (altro che mercato!). Un monopolio da imporre non solo con la forza, ma anche con la propaganda.
In Africa l'acqua è potere, perché in molte aree effettivamente scarseggia, anche se, con le opportune tecnologie, sarebbe reperibile. Ma queste tecnologie le multinazionali si guardano bene dall'applicarle; infatti, dove le risorse idriche naturali sono abbondanti, come nell'America Andina, l'acqua è stata fatta scarseggiare apposta, in modo da tenerne alto il prezzo.
L'idrocrazia ha quindi necessità di creare penuria d'acqua. La scarsità legittima il controllo del territorio, e consente di ricattare e condizionare qualsiasi attività produttiva, a cominciare dall'agricoltura, la quale da sola utilizza più della metà delle risorse idriche. Quindi, chi negli anni '60 parlava di un capitalismo della "post-scarsità", aveva sognato un mondo esistente solo nei fumi della propaganda ufficiale, poiché la penuria e la miseria costituiscono le principali materie prime su cui si fonda il sistema sedicente capitalistico (in realtà affarismo privato assistito dallo Stato).
Dopo il crollo dell'Unione Sovietica, il Fondo Monetario Internazionale e la consorella Banca Mondiale (i due grandi enti assistenziali addetti a coccolare e vezzeggiare le multinazionali) avevano conquistato il completo controllo dell'economia internazionale. Questo successo fu festeggiato a metà degli anni '90 generando la terza persona della trinità, cioè l'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), una vera e propria polizia internazionale del commercio, che veglia contro le "barriere doganali e i protezionismi", etichette di comodo che indicano ogni cosa che possa ostacolare o infastidire la penetrazione coloniale delle multinazionali.
Con la fine del pericolo comunista, la trinità FMI-BM-WTO ritenne che i propri "cocchi di mamma", cioè le multinazionali, potessero dedicarsi finalmente a dei business "di tutto riposo", a bassa concentrazione di investimenti e privi di rischi.
La trovata è stata la "petrolizzazione" dell'acqua, cioè l'applicare all'acqua la propaganda già sperimentata e consolidata nel caso del petrolio; una propaganda per la quale siamo stati tutti già da tempo convinti che il petrolio sia molto costoso e sempre più raro. Infatti lo si chiama "oro nero" per giustificare un prezzo di mercato di ottanta dollari al barile, a fronte di un costo di produzione medio che renderebbe più che remunerativo un prezzo di tre dollari. Certo, era difficile far finta che l'acqua fosse costosa come il petrolio, ma ribattezzandola "oro blu", avvolgendola di angosce emergenziali, si sta riuscendo ad imporre i prezzi e le condizioni che si vogliono. Quando si controllano i governi e i media, nulla è impossibile.
L'acqua è un business di tutto riposo, perché costa poco alle ditte private adottarlo, dato che trovano infrastrutture già pronte per l'uso, pagate con denaro pubblico; ed è un business che risulta remunerativo ancor prima di iniziare, perché consente di dividersi immediatamente le spoglie delle vecchie aziende idriche municipalizzate, ognuna delle quali aveva da parte un suo scrigno del tesoro, cioè un patrimonio immobiliare. L'anno scorso Giulio Tremonti è riuscito, come al solito, a farsi passare da intelligentone, perché, affermando di citare Marx, ha finto di ammonire severamente le banche, sparando la sentenza secondo cui non si può creare denaro dal denaro. Quello di Tremonti era il solito diversivo propagandistico, dato che le banche e tutti gli altri affaristi privati hanno sempre cercato di mettere, per prima cosa, le mani sulla ricchezza reale, cioè sui patrimoni immobiliari. E di questi patrimoni immobiliari le aziende idriche municipalizzate ne avevano davvero tanti.
Pubblicato sul n.27/2010 di Umanità Nova col titolo "Idrocrazia"
|
|
|