Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
MISTERI 1
Un famoso giornalista iracheno riportava la discussione che aveva raccolto in luogo di ritrovo di Baghdad. L'argomento al centro dei frequentatori del locale, era la possibilità che i soldati USA lasciassero finalmente l'Iraq. Ma quando uno dei presenti più informati spiegava che i soldati sarebbero stati ritirati solo se gli Iracheni avessero accettato l'installazione di sessantaquattro basi militari statunitensi, i presenti erano insorti sostenendo che così sarebbero diventati una colonia. In Italia ci sono centoquattordici basi americane o NATO (l’ultima è in costruzione a Giugliano, in Campania), eppure dicono che siamo un paese libero. Che mistero la vita!
MISTERI 2
Un fantoccio raffigurante il leghista Borghezio è stato appeso in stile Piazzale Loreto in occasione del 25 aprile. Il fatto ha suscitato giustificate rimostranze. Infatti, che senso ha fare il fantoccio di un altro fantoccio?
È difficile stabilire se l’ennesima emergenza sanitaria proclamata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sia reale, o risponda ancora una volta agli interessi affaristici del colonialismo farmaceutico. Che l’origine della presunta epidemia di influenza suina sia localizzata in Messico, corrisponde all’immagine che ormai i media impongono di questo Paese, senza peraltro ricollegarsi alle cause di ciò che vi accade.
A furia di lotte al narcotraffico, il Messico è ridotto effettivamente allo stato di Paese collassato. Mentre i narcotrafficanti imperversano, la "Giustizia" non riesce a fermarli; se vengono arrestati, non riescono ad essere giudicati e quindi tornano in libertà.
Un commentatore radiofonico, pensando di essere originale, ha detto: “Sembra Napoli”. Un altro affermava: “Per gli USA è come essere confinanti con la Colombia”. Il paragone è fondato, se si considera che anche il territorio colombiano risulta sotto il controllo coloniale statunitense, ovviamente in base allo stesso pretesto della lotta al narcotraffico.
Così, mentre a Città del Messico sei milioni - proprio sei - di persone sono senza acqua potabile e il caos del colonialismo trionfa, lungo i tremila chilometri di confine tra Messico e USA passa di tutto, o meglio, la droga passa dal Messico agli USA, mentre le armi per i Narcos passano dagli USA al Messico. I lavoratori sottopagati hanno la possibilità di andare a farsi sfruttare dai padroni USA con regolare permesso, e i meno fortunati devono cercare di passare il confine da clandestini, cercando di evitare i fuoristrada dei liberi cittadini che, armati di tutto punto e con le facce da baywatch, vanno a caccia di disgraziati da impallinare; roba da far crepare d'invidia i rondaioli nostrani.
L’ultima invasione statunitense del Messico risale al 1917, ed allora la giustificazione ufficiale fu di dare la caccia ai terroristi di Pancho Villa. I crimini di guerra statunitensi - nei quali si distinse un giovane ufficiale che sarebbe poi divenuto il famoso generale Mac Arthur - non bastarono ad avere la meglio, ed alla fine non solo Villa non fu preso, ma l’esercito USA dovette incassare alcune sconfitte. Nei decenni successivi gli Stati Uniti seguirono invece una strada meno rischiosa e più proficua, quella degli accordi per la lotta al narcotraffico, ed oggi l’agenzia federale antidroga, la DEA, costituisce di fatto un’agenzia coloniale, incaricata di reclutare e formare i quadri politici e militari del Messico
Agli accordi per la lotta al narcotraffico, sono poi seguiti i trattati commerciali, con la costituzione di zone franche interne al Messico, che vengono gestite ed amministrate direttamente dalle multinazionali.
I Messicani costituiscono ormai, ufficialmente, un popolo minorenne , accompagnato per mano dallo Zio Sam, il quale però, per tramite dei suoi organi d’informazione, non fa altro che lamentarsi di come il bimbo suo “protetto” deluda costantemente le aspettative.
Criminalizzazione ed infantilizzazione sono quindi le vere facce del razzismo e i principali strumenti della colonizzazione. Le conferenze ONU contro il razzismo - di cui l’ultima si è tenuta a Ginevra - si muovono invece in base ad una visione del razzismo che può essere troppo facilmente strumentalizzata e rovesciata dai colonialisti.
Visto che la prima conferenza contro il razzismo era riuscita comunque ad approvare una dichiarazione di condanna per i massacri perpetrati da Israele, ecco che miracolosamente a Ginevra compare il mitico Ahmadinejad che spiattella il suo solito attacco ad Israele. Ahmadinejad dice anche cose verissime, ma, come al solito, la sua interpretazione si va ad appuntare sul diversivo costituito dalla storia del popolo ebraico e delle sue sofferenze, di cui la fondazione dello Stato di Israele sarebbe il risarcimento.
Scatta perciò il consueto giuoco delle parti: tutti i rappresentanti dei paesi ricchi - e, guarda caso, democratici - abbandonano la conferenza per protesta contro l'antisemitismo di Ahmadinejad; e anche quando la conferenza elimina tutti i riferimenti a Israele voluti dall'Iran, gli “occidentali” rifiutano di firmare alcunché contro il razzismo, perché la sola presenza dell'iraniano li avrebbe turbati.
In realtà, la questione ebraica, e persino quella della legittimità di Israele, consentono al sedicente “Occidente” di nascondersi dietro lo spauracchio dell’antisemitismo, ed allontanano dal vero problema, che riguarda il razzismo antipalestinese praticato dallo stesso “Occidente”. In un film che ha costituito un vero e proprio paradigma per la propaganda razzista contro l’Islam in generale e i Palestinesi in particolare - “Attacco al Potere” (titolo originale: “The Siege”, 1998), con protagonista Denzel Washington -, il personaggio del palestinese non è soltanto un terrorista, ma è anche, e soprattutto, un infantile e un piagnucoloso.
Nel 1948 i Palestinesi furono considerati indegni di tenersi la loro terra perché, invece di costituire anche loro il proprio Stato, avrebbero preferito andarsene per dispetto, nella vana speranza che Israele venisse travolto dagli Stati arabi. Questo falso storico ha retto per decenni, finché alcuni storici israeliani hanno dimostrato che in effetti i Palestinesi furono costretti ad andarsene a causa di vere e proprie pratiche di genocidio da parte degli Israeliani.
Dal 1967 in poi, i Palestinesi non sono stati considerati dal sedicente Occidente dei possibili interlocutori in quanto terroristi. Prima l’isolamento ha colpito l’OLP di Arafat, oggi ha come bersaglio Hamas, ma comunque vi è sempre un pretesto per infantilizzare e criminalizzare e, quindi, per colonizzare.
Ciò che rende astratte e facilmente aggirabili le conferenze contro il razzismo, consiste proprio nel fatto che oggi quasi nessuno predica la superiorità o inferiorità razziale in modo aperto e diretto. Il razzismo e il colonialismo passano invece attraverso un discorso propagandistico ammantato di “oggettività” che infantilizza e criminalizza interi popoli rappresentando le loro miserie e le loro deviazioni, senza minimamente accennare al ruolo del colonialismo. In questo senso, occorre cominciare a diffidare non solo della “informazione” di intrattenimento e di palese abbrutimento (alla Bruno Vespa), ma anche della “informazione d’assalto” alla Santoro, alla Gabanelli o alla Saviano.
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