Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Per la partita del 31 agosto a Roma, Trenitalia ha intascato il prezzo di cinquemila biglietti di tifosi napoletani, senza preoccuparsi di predisporre alcunché per trasportarli alla meta, anzi lasciandoli nella più totale confusione a vagare all’interno di una stazione. Nonostante non si trattasse di cinquemila santarellini, ma per lo più di ultras, nulla di concreto è stato portato dai media come prova di presunte aggressioni ad altri passeggeri, perciò l’effetto “orda” è stato ottenuto attraverso un montaggio tendenzioso di immagini slegate dal loro contesto; quindi le vittime di una truffa da parte di un’azienda privatizzata sono state fatte passare per dei barbari aggressori.
Qualcosa del genere era già stato allestito qualche mese fa con le presunte “rivolte” di Pianura, Chiaiano e Marano contro le discariche: si omettevano le cariche immotivate della polizia e poi si ponevano in evidenza i dettagli di alcuni gesti o grida di esasperazione da parte della folla. Anche altre “rivolte” sono state montate in questo modo, accreditando la falsa immagine di poliziotti e carabinieri picchiati dalla folla mentre andavano ad eseguire degli arresti di camorristi.
La “camorra” è infatti la spiegazione mitologica che viene invocata ogni volta per mettere in ombra gli aspetti non realistici di tutte le emergenze di ordine pubblico imposte dai media. Sempre la camorra, secondo Bertolaso - Commissario per l’emergenza rifiuti in Campania - , sarebbe dietro le difficoltà a liberare dall’immondizia la provincia di Napoli, che nonostante i proclami trionfalistici di Berlusconi, si trova ancora in piena “emergenza”.
Persino la raccolta differenziata, di cui Berlusconi si è presentato come il profeta, è divenuta più aleatoria, e si trova attualmente al di sotto degli standard precedenti al suo arrivo a Napoli, quando almeno consentiva di riciclare il quattordici per cento dei rifiuti. Anche questo dettaglio, per ora oscurato dai media, potrà essere però agevolmente addossato all’inciviltà dei Napoletani ed all’azione della “camorra”, cioè l’alibi propagandistico che serve a coprire quelle aree di criminalità organizzata che dipendono direttamente dalla protezione del potere militare, politico e poliziesco, e che spesso incorrono nelle stesse faide che avvengono anche all’interno delle istituzioni “legali”.
L’occupazione, la militarizzazione e lo sfruttamento coloniale di un territorio presuppongono la criminalizzazione preventiva di tutta la sua popolazione, ma il sistema delle basi militare americane, con i relativi traffici illeciti, ha ereditato una lunga tradizione storica di razzismo antimeridionale. Come tutti i razzismi, anche quello antimeridionale tende a dissimularsi dietro argomentazioni etniche e culturali, ma le sue origini sono specificamente biologiche, poiché risalgono alle teorie razziali di Cesare Lombroso e di alcuni suoi discepoli, teorie che individuavano nel Settentrione e nel Meridione d’Italia due differenti razze che potevano essere delineate attraverso misure antropometriche, a cui corrispondevano anche specifiche caratteristiche psicologiche. L’eco di queste teorie razziali sugli Italiani meridionali è riscontrabile anche in alcuni passi del “Mein Kampf” di Hitler.
In una pagina del “Cuore” di Edmondo De Amicis questa presunta dicotomia razziale viene illustrata nell’episodio del ragazzo di Reggio Calabria che entra nella classe del protagonista. Anche se l’episodio sembra voler rappresentare un esempio di accoglienza fraterna in nome dell’unità nazionale, è invece la distanza razziale l’aspetto che risulta evidenziato nella narrazione: un ragazzo molto bruno di pelle, con i capelli neri, gli occhi neri e le “sopracciglia folte raggiunte sulla fronte”.
Come tutti i razzismi, anche quello antimeridionale rivendica un carattere progressivo ed efficientistico, perciò costituisce un ottimo veicolante propagandistico per operazioni reazionarie ed affaristiche. In questi giorni si è potuto assistere allo spettacolo della trasformazione, o rivelazione, della Lega Nord da partito della rivolta antifiscale a partito delle nuove tasse locali a vantaggio del business delle esattorie private. È innegabile che la Lega Nord abbia potuto costruire la sua popolarità, e persino la sua credibilità presso ambienti di sinistra, proprio attraverso l’antimeridionalismo, che è trasversale agli schieramenti ed alle idee politiche.
Anche il ministro dell’Istruzione Gelmini ha puntato sulla carta propagandistica dell’antimeridionalismo, che è un modo facile e sicuro di attirare consenso. Nella sua politica scolastica, la Gelmini da un lato continua nella linea pseudo-rigoristica di Fioroni, dall’altro scredita l’istituzione con la polemica contro la meridionalizzazione dell’insegnamento, e questa combinazione propagandistica è riuscita sinora a mettere sullo sfondo il suo vero scopo affaristico, cioè di consentire l’ingresso dei privati nella scuola pubblica attraverso lo strumento ambiguo delle fondazioni. Dato che è irrealistico supporre che i privati mettano davvero i loro soldi nella scuola, è evidente che il vero scopo consiste nell’ennesimo travaso di fondi pubblici nelle tasche dei privati.
Il luogo comune vuole dunque che il Sud sia la roccaforte della reazione, e questa idea coinvolge anche illustri intellettuali meridionali. Il napoletano Amadeo Bordiga, uno dei fondatori del Partito Comunista, nel 1919 individuava in Francesco Saverio Nitti - allora Presidente del Consiglio e originario della Basilicata - il “Noske italiano”, e nella Regia Guardia di Pubblica Sicurezza, composta da agenti di origine lucana e pugliese, il suo strumento di repressione antioperaia.
In realtà la vera reazione, il fascismo, venne poi dal Centro-Nord, mentre il Meridione non contribuì minimamente alla nascita del fascismo stesso. La Regia Guardia di Pubblica Sicurezza - conosciuta più semplicemente come Guardia Regia - venne sciolta per aver osato sparare sui fascisti, e i suoi agenti furono licenziati in massa; l’argomentazione usata per far accettare questo provvedimento fu, manco a dirlo, di carattere razziale: la Guardia Regia venne presentata come un corpo di polizia non all’altezza dei suoi compiti a causa delle scarse doti fisiche degli agenti, dovute alle loro origini meridionali.
L’antimeridionalismo del fascismo costituisce uno degli aspetti che la storiografia ufficiale ha maggiormente oscurato, fino a cancellarne la memoria, così pure la persistente opposizione al regime fascista da parte delle regioni meridionali, nelle quali fu per anni difficilissimo trovare personale politico del luogo disposto ad assumersi la carica di Podestà; tanto che il regime fascista, a differenza che nel Settentrione, ricorse all’accorpamento di numerosi Comuni, così che, ancor oggi la stragrande maggioranza dei Municipi italiani è collocata nel Centro-Nord. L’antifascismo meridionale decadde solo con il passaggio alla generazione successiva a quella della presa del potere da parte di Mussolini, e con questo passaggio un’intera memoria storica fu perduta.
Qui non si tratta di rovesciare il luogo comune, presentando un mitico Meridione rivoluzionario al posto dell’altrettanto mitico Meridione reazionario, bensì di comprendere che l’ideologia antimeridionalistica non è funzionale soltanto all’oppressione coloniale del Sud, ma dell’intero Paese. Ad esempio, nonostante la farsa del “salvataggio” messa su da Berlusconi a scopi di mero saccheggio del denaro pubblico a favore di privati, l’Alitalia, e quindi l’aeroporto di Malpensa, rischiano ancora di passare ad Air France, con la conseguente smobilitazione che ne seguirebbe; questa operazione di smobilitazione è dovuta all’intralcio che Malpensa rappresenta per le basi americane nel Nord Italia. Quindi la colonizzazione e militarizzazione del territorio, con tutte le conseguenze anche in termini di rifiuti tossici, non costituiscono un problema della sola Campania.
11 settembre 2008
La dichiarazione del presidente del Venezuela Chavez sugli “Yankees de mierda” non è solo significativa di per sé, ma anche perché è giunta a sostegno della decisione del presidente della Bolivia Morales di espellere l’ambasciatore statunitense, impegnato a fomentare la secessione di alcune regioni boliviane, ritenute “interessanti” dalle Corporation statunitensi per le loro risorse minerarie. Il presidente brasiliano Lula ha espresso anch’egli sostegno e solidarietà al presidente boliviano, pur non spingendosi come Chavez, ad espellere a sua volta l’ambasciatore statunitense.
Non era mai accaduto che tre Paesi latino-americani prendessero contemporaneamente delle posizioni così ferme contro l’ingerenza coloniale degli Stati Uniti. Dall’altra parte del mondo, il tentativo di isolare la Russia dopo la guerra in Georgia, ha addirittura sortito l’effetto di riavvicinare diplomaticamente la Turchia, il “baluardo della NATO”, a Mosca, così che ne deriva di fatto una convergenza tra i maggiori Paesi della Regione: Russia, Turchia e persino l’Iran.
Oggi l’isolamento sembra colpire perciò più gli Stati Uniti che i suoi nemici, anche se l’informazione “occidentale” continua ad arrogarsi il ruolo del giudice che ammonisce e condanna. Gli articoli di un Bernard-Henri Lévy non sono significativi come espressione di un’analisi o di una strategia, ma come messaggi di uffici-stampa delle multinazionali, che indicano come l’affarismo americano non sia capace di accettare limiti o prudenze.
Sarebbe infatti riduttivo interpretare questa situazione di isolamento degli Stati Uniti come l’effetto di un loro declino, a fronte dell’emergere di nuove potenze economiche. In realtà gli USA risultano in “declino” da molto più tempo di quanto generalmente non si consideri, a confermare l’aforisma di Georges Clemanceau, secondo cui gli Stati Uniti sono l’unica nazione passata direttamente dalla barbarie alla decadenza senza mai passare per una fase di civiltà. L’incapacità, sia economica che militare, degli Stati Uniti di stabilire un vero dominio planetario fu evidente già dopo le due guerre mondiali, perciò le categorie di “impero” e di “superpotenza” hanno finito sempre per fuorviare e forzare le analisi.
Gli Stati Uniti hanno però la capacità di destabilizzare in permanenza l’assetto mondiale, sia attraverso l’aggressione diretta che attraverso la complicità con i settori più reazionari di ciascun Paese.
Ciò che in questa fase sta determinando il crescente isolamento degli Stati Uniti, ed il diffondersi di posizioni di avversione sempre più decise, è la presa d’atto dell’impossibilità di addivenire a qualsiasi accordo e qualsiasi compromesso con le amministrazioni statunitensi. Man mano che l’intrattabilità degli Stati Uniti è divenuta una consapevolezza internazionale, i gruppi dirigenti di molti Paesi sono giunti alla determinazione di passare ad una politica più apertamente antiamericana.
Se dalle prossime elezioni americane - talmente finte da rendere inadeguata la nozione di brogli -, dovesse risultare vincitore Mc Cain, questa consapevolezza si rafforzerebbe ulteriormente e, di conseguenza, anche l’isolamento statunitense. Se invece dalle pseudo-elezioni americane venisse fuori una presidenza Obama, le speranze di un diverso rapporto con gli USA si riaccenderebbero ovunque.
Non servirebbe a nulla far presente che le posizioni reali di Obama sono altrettanto colonialistiche, aggressive e subordinate agli interessi affaristici delle Corporation di quelle di Mc Cain: gli scettici sarebbero travolti da un‘ondata di entusiasmo filoamericano generalizzato, che romperebbe, per un significativo lasso di tempo, il pessimismo di cui gli Usa sono oggi circondati.
Ma gli Stati Uniti sono effettivamente in grado di puntare sulla mistificazione Obama? In altre parole, le oligarchie statunitensi sarebbero disposte a controllare le loro convinzioni razziali per far salire alla ribalta un presidente di colore?
Il fatto che Obama sia un “meticcio”, un “sanguemisto”, aggrava il problema, poiché per le oligarchie affaristiche la purezza razziale, e la supremazia razziale anglosassone, costituiscono il perno della loro falsa coscienza; un perno senza il quale sarebbero costrette a vedersi per quello che realmente sono, cioè delle cosche criminali favorite da particolari circostanze storiche e geografiche. Se si tratta di razzismo, il punto di riferimento rimane il “Mein Kampf” di Adolf Hitler, il quale individuava la chiave del successo nord-americano, a fronte del “fallimento” latino-americano, proprio nella politica di purezza razziale delle oligarchie anglosassoni. In realtà, anche in questo caso, Hitler non faceva altro che riprendere acriticamente la propaganda razzistica proveniente dagli Stati Uniti.
Quando si parla dell’assassinio di John Kennedy si tirano in ballo i più diversi moventi, ma non si prende mai atto del più ovvio, e cioè il fatto che fosse un irlandese. Kennedy è stato un dei presidenti più reazionari ed aggressivi che gli Stati Uniti abbiano mai esibito, e se Oswald fosse stato davvero quello che per cui venne presentato, cioè un simpatizzante della rivoluzione cubana, avrebbe avuto validi moventi per un attentato. Kennedy aveva condotto il mondo sull’orlo di una catastrofe nucleare solo per stabilire che gli Stati Uniti possono minacciare chi gli pare, ma non sono disposti a subire altrettanto. Kennedy arrivò persino a rifiutare l’accordo propostogli dall‘Unione Sovietica di un ritiro contestuale dei missili sovietici da Cuba e di quelli americani dalla Turchia, e ciò per ribadire che i missili sono cattivi solo se non sono americani.
L’impossibilità che sia stato davvero Oswald ad uccidere Kennedy, non deriva dalle considerazioni tecniche improbabili in cui l’attentato è maturato, poiché lo stesso Oswald potrebbe essere stato in parte fortunato, ed in parte un tiratore abbastanza esperto da controllare i difetti del suo obsoleto fucile Carcano. L’assurdità della vicenda consiste nel fatto che non si lascia un sospetto attentatore del presidente nelle mani di una polizia locale, ma lo si prende subito in consegna per accertare che non abbia dei complici che possano attentare anche alla vita del presidente successivo. Per quanto Johnson potesse essere soddisfatto che Kennedy gli avesse lasciato il posto di presidente, non avrebbe mai accettato che il presunto attentatore sfuggisse al suo controllo, per non rischiare di fare anche lui la stessa fine del suo ex capo. Dunque, Johnson ed il suo staff sapevano che quello non era il vero attentatore e, se lo sapevano, vuol dire che essi avevano a che fare con l’assassinio di Kennedy.
Del resto Kennedy aveva ormai fatto la sua parte, e poteva quindi essere messo da parte per rimuovere lo scandalo di un irlandese cattolico a capo di una potenza WASP.
Come “nuovo Kennedy”, anche Obama potrebbe svolgere il ruolo di suscitatore di false speranze nel mondo, per poi lasciare dopo un po’ di tempo il suo posto al suo vice Biden, grazie ad un qualche provvidenziale attentato. Ma questa messinscena comporterebbe comunque il temporaneo orrore di una presidenza razzialmente impura, e bisognerà vedere se le oligarchie statunitensi avranno la lucidità per attuarla e gestirla.
18 settembre 2008
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