LA SIRIA AGGREDITA DAGLI ZELOTI DEL FILOAMERICANISMO
L'atteggiamento tenuto dalla Russia in queste ultime settimane sembra, per il momento, aver allontanato la prospettiva di un attacco della NATO contro la Siria. La risoluzione appena approvata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU per l'invio di una commissione d'inchiesta in Siria, può infatti essere considerata un successo dell'azione diplomatica russa. Si tratta di un successo specialmente se si considera che lo scorso anno il governo della Libia aveva richiesto inutilmente la presenza di osservatori ONU sul terreno, così che a far testo furono i servizi dell'emittente Al Jazeera, che ha sede in Qatar, cioè in un Paese legato ad un accordo di collaborazione con la NATO. La risoluzione attuale riconosce invece che esistono in Siria due parti armate in conflitto, e quindi si offre una sponda a quegli osservatori che non siano disposti ad avallare semplicemente la fiaba occidentale, che descrive il dittatore mentre reprime la sua inerme popolazione assetata di democrazia.
Già dal dicembre scorso vi erano stati segnali che indicavano che le forze armate russe stavano facendo pressione sul proprio governo per indurlo a non replicare il copione di passiva complicità tenuto in occasione dell'aggressione alla Libia. La Siria non confina con la Russia, ma vi è pericolosamente vicina, quindi l'integrità della Russia è direttamente minacciata dalla NATO. Purtroppo Putin ci ha abituati a clamorosi cedimenti sin dal 1999, quando, appena chiamato a capo del governo dal presidente Eltsin, abbandonò al suo destino la Serbia, ritirando quella presenza militare russa che, per quanto esigua, costituiva un argine all'occupazione del territorio serbo da parte della NATO. A causa di quell'atteggiamento di Putin, la NATO fu in grado di impadronirsi della Serbia, e di sbarazzarsi di Milosevic, senza aver mai conseguito una vittoria militare sul terreno.
La posizione russa non dà quindi al momento alcuna garanzia di linearità e continuità, perciò la guerra costituisce una minaccia ancora incombente. D'altra parte in quest'ultimo anno non sono mancati altri clamorosi sbandamenti nella politica di vari Paesi. All'inizio dell'aggressione NATO contro la Libia, era sembrato che il governo turco intendesse defilarsi o addirittura assumere un atteggiamento contrario. Ancora un anno fa la Turchia appariva come l'unico Stato della regione intenzionato a fronteggiare l'aggressività di Israele; mentre oggi la Turchia aggredisce la Siria per conto degli Stati Uniti ed in collaborazione con Israele. La Turchia risulta infatti come il principale aggressore nei confronti della Siria, poiché è dal territorio turco che si infiltrano le truppe dell'Esercito Libero Siriano, cioè mercenari del Qatar e degli Emirati Arabi Uniti (altro Paese coordinato con la NATO), finanziati anche dall'Arabia Saudita. Da anni circolano notizie sulla presenza negli Emirati Arabi Uniti di contractor dell'agenzia XeServices (ex Blackwater).[1]
La linea del Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha segnato un aumento dell'aggressività e dell'espansionismo coloniale statunitense. Haiti, Libia e Sudan del Sud sono stati già annessi all'impero coloniale statunitense, ed ora si trovano sotto tiro la già massacrata Somalia, il resto del Sudan, la Siria e l'Iran. Va notato che ciò è stato ottenuto dalla Clinton mettendo da parte la linea del cosiddetto unilateralismo di Bush. La Clinton ha seguito invece la tattica del lasciar fare ai filoamericani.
In Libia l'iniziativa dell'aggressione è stata addirittura presa da Sarkozy, che oggi vede la multinazionale francese Total sotto inchiesta da parte di un'agenzia federale statunitense - la SEC -, per aver collaborato col regime di Gheddafi. La Total è sotto inchiesta insieme con l'ENI, che si è trovato sloggiato dal suo ruolo preminente in Libia anche per opera delle forze armate italiane, che hanno collaborato all'aggressione contro la Libia. Il fatto che la SEC non abbia nessun titolo legale per compiere inchieste del genere sembra un dettaglio irrilevante, infatti il nuovo vertice dell'ENI si è dichiarato pronto a collaborare con le indagini che lo riguardano. [2]
La repentina messa in soffitta degli slogan del "pericolo islamico" e dello "scontro di civiltà" ha determinato per gli USA dei vantaggi immediati sia in campo strettamente militare che sul piano politico generale. Il risultato militare più evidente è stato quello di sdoganare e riciclare la galassia delle milizie pseudo-islamiche. Negli Emirati Arabi stazionano da più di trenta anni una serie di campi di addestramento per "miliziani islamici", che erano stati usati dagli Stati Uniti per contrastare l'invasione russa dell'Afghanistan. Si tratta di miliziani "reclutati" (o prelevati) presso le loro famiglie in giovanissima età e sottoposti ad un addestramento militare, ma anche ideologico, che li abitua a considerare come nemico non gli USA, ma i regimi arabi laici. Questi regimi vengono fatti odiare non perché sono corrotti e dispotici, ma per la loro unica caratteristica positiva, cioè di rappresentare una prospettiva diversa rispetto al legame tribale.
Si tratta di quell'area di milizie pseudo-islamiche che viene etichettata sotto la sigla di comodo di "Al Qaeda", e che negli anni di Bush era stata pretestuosamente spacciata come la nuova minaccia per l'Occidente che avrebbe sostituito quella sovietica. In Libia, in Sudan ed in Siria queste milizie stanno svolgendo un ruolo decisivo per la colonizzazione USA, in quanto fanno da battistrada e da copertura per le milizie mercenarie vere e proprie, assicurando una copertura ideologica ed un alibi missionario a tutta l'operazione.
In effetti il confine tra la milizia "islamica" e la truppa mercenaria non è poi così netto come si potrebbe pensare. L'integralismo islamico, confezionato nei decenni scorsi dalla psicoguerra della CIA, non consiste infatti in un mitico "fanatismo", e neppure in un richiamo identitario ad una presunta tradizione. Si tratta semplicemente del discredito gettato su ogni forma di cittadinanza o di socialità evoluta, perciò alla fine non rimane altro che la fedeltà al denaro dei reclutatori, in questo caso gli emiri e la famiglia reale saudita. Proprio l'esperienza storica statunitense dimostra che il fondamentalismo religioso si risolve praticamente in religione del denaro.
Le milizie "islamiche" non sono altro che gang, ed il loro integralismo religioso non è altro che autorazzismo. Come ogni forma di razzismo, anche il filoamericanismo non è un "pregiudizio", ma rappresenta la falsa coscienza di forme di gangsterismo; ed il razzismo è sempre una strada a due sensi, perciò per i colonizzati diventa la persuasione della propria irrimediabile inferiorità.
Attorno all'immaginaria minaccia islamica paventata dalla presidenza Bush, l'apparato ideologico "Neocon" aveva confezionato altri slogan come la "esportazione della democrazia", la "guerra preventiva", ecc., che non potevano evitare di causare delle frizioni con l'area del filoamericanismo ambiguo, spesso connotato di un alone di "sinistra" o, addirittura, di pacifismo. Era accaduto così che il filoamericanismo ambiguo venisse etichettato dai "Neocon" come antiamericanismo; e nel periodo della presidenza Bush ciò ha creato l'illusione di un esplodere dell'antiamericanismo, che in realtà non si è mai verificato.
Nel momento in cui il filoamericanismo era rappresentato da un Magdi Allam o da un Giuliano Ferrara, era inevitabile che il filoamericanismo stesso ne venisse gravemente screditato; ma questo discredito non c'entrava nulla con l'antiamericanismo, che, come soggetto politico, non esiste. Lo scontro ideologico non è tra filoamericanismo ed antiamericanismo, ma tra le varie sfumature del filoamericanismo.
Oggi il Dipartimento di Stato USA ha sostituito l'esportazione forzata della democrazia con una fiaba più suggestiva, cioè con l'immagine mediatica di una serie di spontanee rivolte per la democrazia represse ferocemente dai dittatori. Se l'unilateralismo di Bush toglieva spazio di manovra ai filoamericani, l'approccio multilaterale della Clinton lascia invece campo libero al protagonismo ed allo zelo dei filoamericani. Al Jazeera ha svolto un ruolo davvero creativo in questo campo, ed il Qatar è diventato l'avanguardia militare ed ideologica del colonialismo statunitense. Il suo nuovo protagonismo ha suscitato invidie ed emulazioni, tanto che persino il presidente turco Erdogan - sino a due anni fa enfant terrible all'interno della NATO - si è messo ora ad imitare l'emiro del Qatar.
La disinvoltura con cui l'area del filoamericanismo di "sinistra" ha sposato le fiabe mediatiche confezionate dall'emiro del Qatar, indica appunto che l'espansionismo statunitense ha bisogno di "multilateralismo", cioè di far leva sulle infinite risorse degli zeloti del filoamericanismo. Si può sostenere nei fatti una guerra coloniale anche dichiarandosi contrari alla guerra. Se si avalla la fiaba ufficiale del dittatore che sta sterminando il proprio popolo, allora ogni dichiarazione contraria alla guerra diventa pura enunciazione retorica, un alibi utile ad alimentare un finto dibattito attorno a delle aggressioni militari che l'opinione pubblica viene indotta a considerare non solo inevitabili, ma anche giuste.
[1] http://www.repubblica.it/ultimora/esteri/eau-nyt-800-mercenari-di-blackwater-contro-dissidenti/news-dettaglio/3969601
[2] http://borsaitaliana.it/borsa/notizie/mf-dow-jones/italia-dettaglio.html?newsId=977743&lang=it
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