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MANUALE DEL PICCOLO COLONIALISTA (6)
Di comidad (del 01/03/2007 @ 00:00:00, in Manuale del piccolo colonialista, linkato 1444 volte)

Il colonialismo è una tecnica di dominio che si riproduce con precise costanti nel corso della Storia. Queste prime voci costituiscono l'avvio della stesura di un manuale a riguardo. Chi fosse interessato, può anche fornire il suo contributo. Comidad

6 - Droga e umanesimo

Uno degli strumenti più importanti cui l'Inghilterra fece ricorso per mantenere il suo dominio in India, fu, insieme all'alcolismo, l'oppiomania. Il papavero d'origine mediterranea fu introdotto in India come in Cina dagli Arabi. Ma furono gli Europei a dare un'ampiezza senza precedenti al commercio dell'oppio, che utilizzeranno come mezzo per finanziare i loro acquisti di spezie, di tessuti di cotone e seta, e ne faranno uno strumento di dominio decisivo. E' qui che si può parlare davvero per la prima volta di "denaro della droga" nel senso che il finanziamento di una politica imperiale è deliberatamente ricavato dalla droga, puntando sulla tossicomania dell'altro.

L'esportazione del narcotico indiano fu legalizzata dal trattato di T'ien-tsin. L'oppio della valle del Gange rappresentava almeno i due terzi del totale delle esportazioni indiane della droga, che era fabbricata, a partire dal prodotto consegnato dai contadini, in manifatture autorizzate e supervisionate dal governo. Gandhi diceva in proposito che: "Prima degli Inglesi non c'era in India nessun governo disposto a incoraggiare il male rappresentato dall'uso dell'oppio e ad organizzarne l'esportazione a fini fiscali come hanno fatto gli Inglesi."

Nel 1880, l'alto commissario della Birmania indirizzava al governo britannico un rapporto ufficiale in cui si poteva leggere: "L'uso abituale di queste droghe abbatte le forze fisiche e morali, demolisce i nervi, emacia il corpo, diminuisce la sua forza e la sua resistenza, rende le persone pigre, negligenti e poco pulite, annichilisce l'amor proprio costituisce una delle fonti più orribili di miseria, d'indigenza e di criminalità, popola le prigioni di ospiti molli e fiacchi, in breve vittime della dissenteria e del colera, impedisce l'estensione auspicabile dell'agricoltura e il progresso morale dell'imposta fondiaria, blocca l'aumento naturale della popolazione e indebolisce la costituzione della generazione successiva."

Ciononostante una commissione ufficiale invia nel 1895 a Londra un rapporto molto più ottimistico; ecco i passaggi principali: "Il consumo dell'oppio non è affatto un vizio nelle Indie [...]. Si fa ampiamente ricorso a quel prodotto a fini non terapeutici così come a fini semi-terapeutici, in alcuni casi con buoni risultati e nella maggior parte dei casi senza conseguenze nocive [...]. Non è necessario permettere in India la coltivazione del papavero così come la fabbricazione e l'uso dell'oppio soltanto a scopi medicinali. Un’esperienza tradizionale ha insegnato al popolo indiano a far uso di questo prodotto solo con circospezione e l'abuso che se ne fa è un tratto della vita del popolo indiano sul quale non è il caso di soffermarsi. La maggior parte degli oppiomani indiani non è asservita alla sua abitudine. Queste persone prendono le piccole dosi di cui hanno bisogno sul momento e possono rinunciare alla loro razione, passata l'appetenza.
L'oppio è il più comune e il più apprezzato tra i rimedi empirici che hanno a disposizione. Lo prendono per prevenire la stanchezza o attenuarla, come mezzo profilattico della malaria o ancora per ridurre la quantità di zucchero nel diabete, e, in modo più generale, è impiegato ad ogni età come sedativo. L'uso dell'oppio a piccole dosi è uno dei mezzi principali per trattare le malattie infantili [!]. Proibire la vendita dell'oppio senza prescrizione medica sarebbe una misura ridicola e decisamente disumana nei confronti di diversi milioni di esseri umani.[!]"

Questo rapporto è davvero esemplare sul funzionamento dell'ideologia coloniale. Il discorso dell'inferiorità razziale degli Indiani passa attraverso schemi ricorrenti nel colonialismo: il "rispetto" di presunte tradizioni del popolo colonizzato (cfr. "L'invenzione della tradizione" in mpc), il "rispetto" dell'identità culturale dei colonizzati, atteggiamento protettivo e paternalistico del colonizzatore, il "rispetto" di una medicina empirica e popolare che sottolinea il primitivismo dei colonizzati e, più in generale, l'umanesimo come base giustificativa dell'imposizione della droga a milioni di persone.
Com'è ovvio, il governo inglese sceglierà di continuare a drogare milioni d'Indiani proprio accentuando il discorso della diversità culturale; in altri termini, se la droga fa male agli Inglesi, fa invece molto bene agli Indiani.
Questi argomenti permetteranno di non tener conto di ciò che era già noto. In realtà, già nel 1892, cinquemila medici avevano dichiarato in Inghilterra che fumare o mangiare oppio era nocivo per il corpo e disastroso per la mente e che bisognava considerare l'oppio in India come un veleno e trattarlo lì come in patria. Con tutta la diffidenza che si deve avere verso una dichiarazione ufficiale dei medici, questo elemento toglie ogni alibi al colonialismo inglese, le cui scelte furono consapevolmente criminali.

Una commissione della Società delle Nazioni aveva stabilito in meno di 6 kg ogni 10.000 abitanti (0,6 gr per abitante), la quantità annuale necessaria per uso terapeutico. Ora, a Calcutta intorno al 1900, la media del consumo era di 144 kg ogni 10.000 abitanti, ovvero l'assunzione di quantità enormi per ogni oppiofago.

Secondo testimonianze dell'epoca (Liggins), erano gli stessi funzionari inglesi a distribuire gratuitamente l'oppio agli Indiani proprio per creare un mercato, e quando i sostenitori di Gandhi organizzarono una campagna contro l'alcol e l'oppio riuscendo, con la loro azione di propaganda, a far scendere il consumo del 50% nella provincia di Assam, il governo intervenne immediatamente per arrestare quarantaquattro dei sessantatre oratori che percorrevano il paese.

Comidad (marzo 2007)