IL RAZZISMO DI SOPRAVVALUTAZIONE: I CASI DI NAPOLI E DELLA "LOBBY EBRAICA"
Di recente l'Osservatorio sulla Camorra è stato ricostituito a Napoli. L'iniziativa è stata promossa dal "Corriere del Mezzogiorno", cioè dal "Corriere della Sera", il che la dice tutta sul ruolo che questo Osservatorio svolgerà nel sistema della disinformazione.
Non è un caso che l'Osservatorio si ricostituisca sull'onda del successo di pubblico del libro "Gomorra" di Roberto Saviano. Il mito da infondere e coltivare nell'opinione pubblica è infatti quello della camorra imprenditrice, altrimenti detta "sistema". La tesi di Saviano consiste nell'affermare il carattere "avanzato" della Camorra rispetto alla Mafia. Mentre quest'ultima si attarderebbe nel ruolo di "Antistato", la Camorra vedrebbe se stessa essenzialmente in ruolo affaristico ed imprenditoriale.
In realtà l'equazione tra Mafia e Antistato non ha alcun fondamento storico ed è nata in funzione propagandistica negli anni '80, quando occorreva accreditare l'idea di un legame ideologico tra Mafia e terrorismo, in quanto entrambi ostili allo Stato. Ad hoc è stato creato anche un "terrorismo mafioso" che ha manifestato la sua credibilità quando si è scelto come bersaglio nientemeno che Maurizio Costanzo.
In questa circostanza, ancora una volta, l'area d'opinione della sinistra si è rivelata vulnerabile e manipolabile. Il libro di Saviano è stato accolto trionfalmente senza alcun senso critico, allo stesso modo in cui è stata accettata senza riserve la notizia delle presunte minacce camorristiche allo scrittore. Internet è stata invasa da centinaia di messaggi di solidarietà a Saviano, e soltanto in rari casi si è notata la logica richiesta di precisare e circostanziare in cosa consistessero tali minacce, che di fatto hanno determinato un'eccezionale promozione del libro.
L'abile mistificazione di Saviano consiste nel presentare come novità quella che è un'ovvietà. Ogni criminale organizzato tende a vedere se stesso come un uomo d'affari, e la cosa ha un fondamento, allo stesso modo in cui ogni uomo d'affari, in definitiva, è un criminale. Durante il proibizionismo in America, il più grosso trafficante d'alcol non fu Al Capone, ma un uomo d'affari "regolare", Joseph Kennedy, il padre di John e Bob.
I confini tra affarismo, criminalità e colonialismo commerciale non sono affatto definiti, e probabilmente tali confini non ci sono.
Ciò che ha creato confusione è questo slogan del cosiddetto "imperialismo americano", che ha determinato anche una serie di improprie analogie con l'Impero Romano. Nella definizione teorica, l'Impero è stato poi trasformato in un'entità sfuggente, una categoria dello spirito, aldilà della comprensione e della critica.
In realtà l'imperialismo romano era un colonialismo fiscale, basato sulla riscossione regolare di tributi, da qui il suo interesse ad una relativa stabilità. Il colonialismo americano è invece a carattere commerciale, consiste nel trasformarti a forza in un cliente, quindi crea instabilità. Non è molto diverso da ciò che si vede nei film western, a patto di saperli leggere. Arrivano le eroiche giacche blu a costruire il forte e dietro di loro c'è l'agente del governo "corrotto", che invece di proteggere gli Indiani gli vende whisky adulterato e fucili.
A Napoli il "forte" è la base NATO, gli Indiani sono i Napoletani, mentre il whisky adulterato oggi consiste in eroina afgana e cocaina colombiana, ma, più o meno, il quadro è quello.
Il binomio "whisky e fucili" ovvero droga e armi, fu anche alla base del successo del colonialismo britannico verso la Cina, costretta nell'800 con due "Guerre dell'Oppio", ad aprire il suo mercato all'oppio che gli Inglesi facevano coltivare in India. La Cina andò incontro ad un processo di dissoluzione sociale, non solo per i milioni di drogati, ma anche perché il Paese si spaccò in aree di influenza, controllate da bande criminali che realizzavano i loro profitti con la distribuzione di oppio e si facevano guerra comprando le armi britanniche.
Anche se su scala diversa, ciò somiglia a quanto accade oggi a Napoli, eppure quasi nessuno sembra accorgersene. A Napoli si è stabilito da decenni un politologo inglese, Percy Allum, che si è occupato dell'analisi del "Potere a Napoli", diventando una sorta di guru per l'opinione di sinistra. Allum ha affermato una volta di essersi un po' napoletanizzato e di aver ceduto all'ideologia del "tengo famiglia". Sarà per il bene della sua famiglia che, in quarant'anni di studio del Potere a Napoli, Allum non si è mai accorto del Potere su Napoli, cioè della occupazione militare che la città subisce. Possibile che questa occupazione non abbia alcuna influenza sulle vicende del Potere locale?
I Gava, i De Mita e i Bassolino vengono circondati perciò dello stesso alone mitologico che irradia dai camorristi: sono sì degli eroi negativi, ma comunque eroi, in quanto rappresentano se stessi e solo se stessi nella saga della lotta per il Potere in città.
L'equivoco del cosiddetto "imperialismo americano" è anche alla base della mitica lobby ebraica che costringerebbe i poveri Stati Uniti ad appoggiare Israele. In una logica imperiale infatti non avrebbe nessun senso l'appoggio degli Stati Uniti all'aggressività di Israele, ma in una logica di colonialismo commerciale ce l'ha, eccome. È proprio grazie alla minaccia israeliana che gli Stati Uniti possono vendere armi ai Paesi arabi dell'area. Tra i clienti degli USA ci sono l'Arabia Saudita, l'Egitto, ma ci sono stati anche l'Iraq di Saddam Hussein e persino la Siria. La destabilizzazione è funzionale al colonialismo commerciale, che può vendere armi ed impedire la nascita di economie stabili in grado di fare concorrenza.
La sopravvalutazione razzistica del peso ebraico impedisce anche di vedere i sistemi di terrore con cui le stesse comunità ebraiche vengono costrette a sostenere Israele. Sul sito sionista americano Masada 2000 è stata pubblicata una lista siglata come S.H.I.T. - la "lista della merda" -, in cui sono elencati i nomi di oltre settecento Ebrei americani che "odiano se stessi e tradiscono Israele" (in inglese questa formula dà appunto l'acronimo S.H.I.T.). Tra i nomi ci sono, ovviamente, quelli di Noam Chomsky e di Woody Allen.
In questo contesto di colonialismo commerciale, anche il mito razzistico napoletano e il mito razzistico ebraico sono oggetti di vendita nel campo d'affari della comunicazione.
Comidad, 14 dicembre 2006
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