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GLI ECCESSI NARRATIVI DEL LOBBYING
Di comidad (del 30/09/2021 @ 00:15:06, in Commentario 2021, linkato 7025 volte)
Il dio cristiano prometteva la vita eterna, mentre il dio vaccino si è ridotto a promettere la dose eterna. La vicenda della vaccinolatria si è svolta all’opposto del crescendo rossiniano, una sorta di “decrescendo vacciniano”: se ti vaccini hai l'immunità; no, non hai l'immunità ma se ti vaccini non ti ammali, ma se ti ammali non vai in terapia intensiva, ma se vai in terapia intensiva non muori, ma se muori hai la soddisfazione che i morti non vaccinati sono di più, ma se poi i morti vaccinati sono di più è colpa del paradosso di Simpson. Non c’è da stupirsi del fatto che i lobbisti televisivi del business vaccinale diventino sempre più nevrastenici.
Una identica sindrome del decrescendo sembra aver colto il Green Pass, la cui promessa di garantire ambienti sicuri è già sfumata. Anche la storiella del Green Pass come strumento per costringere alla vaccinazione ormai fa acqua da tutte le parti. Mentre Romano Prodi presenta il lasciapassare come un capolavoro del “genio italiano”, altri cominciano a spiegarlo con il genio narrativo del lobbying digitale.
Il lobbying della digitalizzazione ha invaso le stanze delle istituzioni europee. Le multinazionali del settore, da Microsoft a IBM, hanno speso, a livello ufficiale, circa 100 milioni di euro per allestire le reti di lobbying, ma la spesa sommersa dovrebbe essere molta di più. I lobbisti da tempo sono i veri redattori delle leggi e “allevano” politici e funzionari che pendono dalle loro labbra per sapere cosa pensare.
I lobbisti di professione vendono i propri servizi, che prevedono la manipolazione dei media, dei politici e dei funzionari. Già il nome di queste agenzie di lobbying annuncia che la loro narrativa per promuovere i prodotti non avrà freni. Ce n'è una che si autoproclama “laboratorio di utopia”.
Una delle maggiori risorse del lobbying è quello del “non profit”, un paradiso fiscale tenuto al riparo dalle tasse grazie a ipocrisie pseudo-legali che dissimulano i conflitti di interesse. Associazioni come la non profit “The Future Society” promuovono la digitalizzazione spacciando il lobbying come progettualità sociale, un alibi mitologico per ammantare di ordine il caos degli affari ed il parassitismo privato sul denaro pubblico.

Il paradosso è che queste ONG che promuovono la digitalizzazione sono riconosciute a tutti gli effetti come organizzazioni di lobbying. La finzione sta nel fatto di considerarlo un lobbying disinteressato, finalizzato al progresso umano e sociale.
L’associazione “The Future Society” a sua volta rientra nell'orbita di ONG non profit più grandi, di cui una ha un nome particolarmente magniloquente: World Government Summit, cioè Vertice del Governo Mondiale, un'organizzazione che tiene i suoi forum a Dubai. La retorica del governo mondiale crea anche un alone di cospirazione globalista, che serve a distrarre l’opinione pubblica dagli affari, con l’effetto anche di screditare preventivamente ogni denuncia dei conflitti di interesse etichettandoli come complottismo. Politici, funzionari governativi, ma anche uomini della cultura e dello spettacolo, vengono invitati ai lavori per alimentare nei soggetti da manipolare l’euforia e l’illusione di essere accolti nel mondo delle persone che contano.

A Davos, in Svizzera, si riunisce un'altra organizzazione, anch’essa inesorabilmente non profit: The World Economic Forum, fondata, per il solito bene dell’umanità, dall’economista Klaus Schwab. Davos è diventata una vetrina per l'esibizione dei “leader” mondiali, con tanto di spreco di denaro pubblico per garantire la sicurezza dei partecipanti al forum.
Klaus Schwab si è dimostrato un notevole affabulatore. Ha infatti scritto un libro per narrarci della “quarta rivoluzione industriale” che sarebbe in corso. In Italia il libro è stato pubblicato con la prefazione di quel fine intellettuale che è John Elkann. In questo testo abbiamo un saggio di narrativa tipica del lobbying: la storiografia preventiva, l’epopea di una rivoluzione/palingenesi che si deve ancora consumare.
Peccato che la montagna della produzione mitologica sulla quarta rivoluzione industriale stia partorendo topolini come il Green Pass. I vaccinati dovrebbero sentirsi parte di uno status superiore per il fatto che i no-vax vengono discriminati e impediti a respirare la stessa aria dei redenti. Intanto però i vaccinati sono costretti a girare anche loro con un lasciapassare interno, come ai tempi del cardinale Richelieu. Questi sarebbero il progresso e il futuro. E poi il tracciamento operato dal Green Pass è troppo sfacciato, mentre il senso dell’economia delle app avrebbe dovuto essere quello di favorire l'auto-tracciamento dei consumatori, scaricando una app dopo l’altra, infilandosi spontaneamente nella rete dell’offerta sempre più personalizzata di servizi, in base alle informazioni tracciate con le app precedentemente scaricate.

Strano che nell’epoca in cui la Banca Centrale Europea inonda la finanza di liquidità, non si sia trovato un modo più sostanzioso per premiare i vaccinati, magari con uno sgravio sull’IRPEF. Il problema per le oligarchie è che bisogna conciliare le piogge di liquidità monetaria con la deflazione, cioè con la compressione dei redditi da lavoro, altrimenti i poveri se ne potrebbero approfittare e salterebbero le gerarchie sociali. L'iper-produzione mitologica del lobbying è del tutto funzionale a questa dicotomia nella distribuzione del reddito. La legge inesorabile del “capitalismo” (cioè dell’assistenzialismo per ricchi) è che più scende il livello dei redditi da lavoro, più deve aumentare il livello delle cazzate con cui il potere lo giustifica: più scende la lancetta del redditometro, più sale la lancetta del cazzatometro.