Il giornalista Marco Travaglio viene spesso dileggiato a causa della sua ostinata difesa dell'esperienza dei governi Conte contro la corrente mitologia mediatica sull'attuale governo Draghi. La piaggeria e il servilismo dei media nei confronti di Mario Draghi si spiegano facilmente se si considera il suo spaventoso curriculum. Come cariche istituzionali Draghi ha ricoperto i ruoli di dirigente della Banca Mondiale, direttore generale del Tesoro, governatore della Banca d’Italia, presidente della Banca Centrale Europea. Neanche come lobbista Draghi ha scherzato, dato che oltre la sua carriera in Goldman Sachs, ora è membro della superlobby finanziaria che si fa chiamare Gruppo dei Trenta.
D’altra parte Travaglio ha pienamente ragione: Draghi sta campando di rendita sul lavoro di Giuseppe Conte; e tutti i disastri in cui è stata trascinata l’Italia in quest’ultimo anno e mezzo, dal lockdown al Recovery Fund, sino alla campagna vaccinale, sono tutti farina del sacco non del superlobbista internazionale, bensì dell’avvocaticchio di provincia. Quelli che sono disastri per la grande maggioranza del popolo italiano, ovviamente sono stati altrettanti trionfi per le lobby della finanza, del digitale e della farmaceutica. Che il superlobbying europeo si avvantaggiasse del lavoro di Conte e poi liquidasse il poveruomo come un incapace, fa parte della normale ingratitudine umana, che non riconosce mai i “meriti” degli umili.
Ristabilire la verità dei fatti, in questo caso non ha però un mero significato di puntualizzazione storica, ma ha un'importanza politica. Occorre capire come sia stato possibile che un Presidente del Consiglio espresso da un movimento di critica dell’establishment come i 5 Stelle, abbia poi allestito una delle più grandi operazioni di autocolonialismo della storia umana. Conte non soltanto ha condotto l’Italia a sottoscrivere una micidiale riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, ma ha addirittura ingabbiato l’Italia, in cambio di pochi soldi spalmati nel tempo, in un altro
meccanismo intrusivo e poliziesco di condizionalità come il Recovery Fund, al cui confronto il MES è un gioco da ragazzi.
Dopo le elezioni del 2018 il presidente Mattarella cercò di imporre un governo presieduto da un “tecnico”, cioè il lobbista del Fondo Monetario Internazionale Carlo Cottarelli. Quando quel tentativo fallì e si formò il governo Conte, in molti tirarono un sospiro di sollievo per aver scampato il pericolo di un governo direttamente presieduto da un uomo del FMI. Ma si poteva purtroppo intuire la deriva di Conte già dalle parole con le quali presentò il suo primo governo alle Camere. In quella occasione Conte affermò di essere intenzionato a “negoziare con i partner europei”. Conte cioè esibì il tipico comportamento della stragrande maggioranza degli avvocati, quello di inchinarsi preventivamente ai rapporti di forza, che siano reali o presunti, per cercare un “dialogo”. La Commissione Europea infatti colse al volo la “disponibilità al negoziato” avviando contro l’Italia una procedura assolutamente generica per deficit eccessivo. Già il governo si era comportato in modo ingenuo dichiarando preventivamente un deficit, mentre invece avrebbe potuto tranquillamente sforare il bilancio in corso d’anno. Ma, in ogni caso, la Commissione Europea non ha mai chiarito cosa sia un “deficit eccessivo”, e quindi non si è capito neppure perché fosse eccessivo il 2,4%, e non il 2,04% stabilito alla fine del negoziato.
Il principale diritto di chi venga chiamato in giudizio, per questioni civili o penali o amministrative o disciplinari, sarebbe quello di poter avere una contestazione precisa, il classico “ma di che cazzo stiamo parlando?”, tradotto ovviamente nel linguaggio più pacato e rispettoso. In base a quale norma si decide che il tale deficit è eccessivo e il talaltro no? Al contrario, se si corre a “negoziare” si risparmia alla controparte questo onere della dimostrazione e lo si carica su se stessi.
Per fare un esempio riferibile ad un'esperienza comune a molti, basti pensare a come si svolgono le persecuzioni sui luoghi di lavoro. I dirigenti avviano procedure disciplinari contro i dipendenti con contestazioni quasi sempre fumose, prive di richiami a norme e circostanze precise. Il dirigente conta sul fatto che il dipendente si impicchi da solo avvitandosi nella spirale del dimostrare di essere un bravo ragazzo, ed è un errore quasi inevitabile quando ci si fa assistere da sindacalisti o avvocati. Al contrario, incalzare cortesemente per iscritto il dirigente invitandolo a precisare le accuse, equivale ad una vera e propria guerra psicologica nei suoi confronti, perché è un modo di rinfacciargli la sua inettitudine pratica. Ci si accorge infatti che i dirigenti non sono capaci di formulare una contestazione concreta senza contraddirsi o rendersi ridicoli, perciò si scopre che contavano sul fatto di essere imbeccati dalle parziali ammissioni delle loro vittime. Altro errore delle vittime è quello di mettersi a lanciare accuse ad altri, un comportamento tanto più sbagliato quanto più queste accuse sono vere, perché è un modo sicuro di incorrere in altre sanzioni disciplinari. Mai eccedere nella difesa ma concentrarsi solo sull’accusa per evidenziarne l'inconsistenza.
Bakunin diceva che introiettando tutti quei luoghi comuni su cui si forma la cosiddetta opinione pubblica, un individuo diventa di fatto una cospirazione contro se stesso. Il potere in effetti non è semplice rapporto di forza. Il potere è tale perché supera i limiti del rapporto di forza ottenendo la collaborazione dei subalterni, che diventano i suoi suggeritori e facilitatori attraverso la pratica negoziale, che diventa un togliere le castagne dal fuoco alla controparte. Il potere parassita i suoi “oppositori”. Allo stesso modo in cui il capitalismo si basa sulla consuetudine per la quale sono i poveri a versare la loro elemosina ai ricchi, anche il sistema di potere si avvale del sostegno, più o meno consapevole, che i deboli assicurano ai potenti. Al contrario, il rapporto “corretto” con il potere non è quello di cercare di dimostrarsi buoni e bravi, bensì è quello esattoriale, andare a verificare di volta in volta la performance reale del potere rispetto all’ideale di sé che esso esibisce.
A distanza di tre anni si può osservare che un lobbista ottuso come Cottarelli difficilmente sarebbe stato in grado di garantire al colonialismo euro-deflattivo un trionfo comparabile con quello che gli ha procurato invece lo zelo negoziale di Conte. Chiunque avesse un minimo di buonsenso non poteva seriamente aspettarsi che i 5 Stelle fossero in grado di scalfire l’establishment deflazionistico italo-europeo; ma che i 5 Stelle e Conte riuscissero addirittura a fare a favore della lobby della deflazione più di Monti, Cottarelli, Padoan, Mattarella e Draghi messi assieme, questo era veramente difficile da immaginare. Senza
una “sponda negoziale” il potere non potrebbe mai realizzare certi risultati.