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IL NESSO DIMENTICATO TRA CAPITALISMO E PAUPERISMO
Di comidad (del 22/10/2020 @ 00:01:18, in Commentario 2020, linkato 6879 volte)
I media mainstream si sono premurati di farci sapere che l’emergenza Covid è stata, ed è, una vera pacchia per le multinazionali del web. Ad esempio, la multinazionale della distribuzione Amazon si è avvantaggiata della messa fuori gioco del commercio tradizionale accumulando venticinque miliardi di dollari di profitti in più, un incremento che supera il PIL di tanti piccoli Stati. Come sempre, questo tipo di notizie sui ricchi che diventano sempre più ricchi, mentre i poveri sprofondano, viene fornito con un’evidente ambiguità.
Siamo in una fase storica in cui il senso critico nei confronti del potere è quasi scomparso, isolato in alcune “nicchie” screditate che i media usano per additarle al ludibrio dell’opinione pubblica come esempi di irrazionalità da cui tenersi alla larga. La ridicolizzazione del dissenso è solo il preliminare minaccioso della sua criminalizzazione, perciò il dissenso viene etichettato come negazionismo, complottismo e quindi, per proprietà transitiva, come antisemitismo e nazismo. Il dissenso è accettato finché finge di essere tale, si attiene a obiezioni marginali e non mette in questione la narrazione ufficiale. Le critiche più bene accette sono quelle sull’inefficienza e sull’inettitudine, basta che non si parli dei veri interessi in gioco. Mezzo secolo fa un episodio come la strage di Piazza Fontana suscitò invece dubbi e sospetti e fu percepito da gran parte dell’opinione pubblica come un attacco alle classi subalterne nel quale avevano agito sia soggetti interni che forze imperialistiche.
D’altra parte il clima anti-establishment del quinquennio 1968-1972 rappresentò appunto un’eccezione. Già nel 1973 passarono senza difficoltà due finte emergenze, cioè il “colera” di Napoli e le fake news sul blocco delle forniture di petrolio da parte dei Paesi arabi. Questa seconda “emergenza” giustificò il primo grande esperimento sociale di grave limitazione alla libera circolazione delle persone, in base alla solita retorica moralistica dei “sacrifici dolorosi ma necessari”.
Il vittimismo padronale accredita la fiaba di un capitalismo perennemente assediato da masse ribelli, avide e insaziabili, mentre la realtà è che l’opposizione politica e sociale è quasi sempre rimasta allo stadio episodico e transitorio. Anche i dati più stridenti possono essere assorbiti nella narrazione ufficiale, perciò arrivano le notizie sulle fortune delle multinazionali del digitale in epoca di Covid, senza che ciò susciti dubbi sulla natura di quest’emergenza e senza che quasi nessuno faccia due più due. Anzi, tutto ciò può diventare persino il veicolo di un latente messaggio “educativo” sull’ineluttabile, darwiniana, giustizia naturale: nei periodi difficili, i deboli devono soccombere mentre i forti si rafforzano.
La storia reale del capitalismo dice però il contrario. L’accumulazione e la concentrazione del capitale sono avvenute tramite processi di pauperizzazione forzata di gran parte della popolazione, in modo da eliminare la concorrenza e procurarsi forza-lavoro a bassissimo costo. A dispetto della retorica darwiniana, senza il sostegno della mano pubblica, quei processi di pauperizzazione delle masse e di concentrazione del capitale non avrebbero mai potuto realizzarsi, quindi la competizione di mercato non c’entra nulla. Adam Smith si era inventato la “mano invisibile del mercato” per distrarre dalla mano visibilissima dei poteri pubblici che derubano i poveri per assistere i ricchi. Sino al XVIII secolo molti “economisti” ammettevano tranquillamente che la povertà è assolutamente necessaria allo sviluppo del capitale; infatti nella storia del capitalismo i periodi di stagnazione e deflazione (le cosiddette “crisi”) prevalgono sulle fasi di sviluppo.

Il concetto di economia può rappresentare un’utile astrazione in funzione dell’analisi, ma rimane comunque un’astrazione. I veri soggetti in campo sono le lobby con i loro business. Il lobbying spesso non ha neppure bisogno di concertare nulla poiché sono gli stessi interessi affaristici a fare da punto di aggregazione. In questa fase infatti non si riscontra neppure una particolare conflittualità o concorrenza tra le multinazionali occidentali del digitale e le loro omologhe orientali, dato che sono tutte impegnate ad espandersi a spese degli operatori buttati forzosamente fuori dal mercato tramite i lockdown e tutte le altre pretestuose limitazioni alla mobilità delle persone che li hanno seguiti.
La criminalizzazione del dissenso, il vittimismo padronale, il binomio emergenzialismo-sacrifici, la deflazione, la pauperizzazione dei lavoratori e del ceto medio, l’assistenzialismo statale per i ricchi, sono tutti schemi comportamentali ricorrenti che rappresentano la normalità del capitalismo, anche se la narrativa ufficiale riesce a spacciare le poche eccezioni contrarie come se fossero la regola.

Alla normalità e quotidianità del capitalismo appartengono anche fenomeni come la commistione di interessi pubblici e privati (ipocritamente chiamata “conflitto di interessi”) e la cosiddetta “porta girevole” tra incarichi pubblici e incarichi nel privato. Il lobbying è il “movimento reale” (per dirla alla Marx) che supera non solo l’astrazione dell’economia ma anche quella dello Stato. Le lobby sono infatti trasversali al pubblico e al privato. Spesso l’indignazione e la denuncia per i casi di “porta girevole” tra pubblico e privato, come nel recentissimo caso di Pier Carlo Padoan, rappresentano anch’esse un modo ambiguo per far apparire come scandalo o anomalia ciò che invece è perfettamente consono alla logica del capitalismo, cioè la simbiosi tra apparati pubblici e interessi privati. C’è persino chi invoca nuove leggi contro la “porta girevole”, come se queste leggi non esistessero già, solo che non vengono applicate. Negli USA lobbying e porta girevole sono stati legalizzati, in Europa invece non ancora.
Il punto è che il  lobbying non fagocita solo il potere politico ma anche la magistratura, altrimenti nel caso di Padoan ci si sarebbe già accorti che il Codice Penale, all’articolo 324, prevede il reato di interesse privato in atti di ufficio. Padoan, da ministro dell’Economia ha elargito miliardi pubblici per il salvataggio di Monte dei Paschi di Siena, ed ora l’ex ministro è approdato al consiglio di amministrazione di Unicredit, cioè la stessa banca a cui è stato offerto di rilevare MPS. Qui siamo ben oltre il semplice conflitto di interessi, ma per il momento a Padoan non è pervenuto neanche un avviso di garanzia.