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BANCHE CENTRALI: MOSTRI GIURIDICI GIUSTIFICATI DALLA TEOLOGIA
Di comidad (del 04/06/2020 @ 00:35:41, in Commentario 2020, linkato 6258 volte)
Le “Considerazioni Finali” del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, hanno ottenuto l’effetto di sconcertare persino i commentatori più critici e smaliziati, che hanno dovuto confrontarsi con troppe incongruenze. Visco ha presentato come un dato positivo l’attuale equilibrio della bilancia commerciale, come se ciò indicasse una vitalità dell’esportazione. In realtà il grosso delle importazioni non riguarda i beni di consumo, bensì le materie prime necessarie alla produzione, perciò un equilibrio della bilancia commerciale nel caso italiano rappresenta un chiaro indizio di deindustrializzazione. Una ripresa produttiva non potrebbe che passare per un deficit commerciale; uno squilibrio che non assumerebbe aspetti drammatici a causa degli attuali prezzi bassi delle materie prime, ma che comunque dovrebbe verificarsi per segnalare un risveglio delle imprese.
Ipocritamente Visco dichiara di voler scongiurare prospettive di deflazione, cioè di caduta dei prezzi, ma tutto il suo discorso va nel senso opposto. La sua idea di rifinanziare un’economia allo sfacelo a colpi di debito pubblico e privato, non configura uno sviluppo ma appunto una strozzatura da debiti, che rimarrebbero poi inalterati in futuro nel loro valore a causa della mancanza di inflazione.
Non mancano altre considerazioni ambigue da parte del Governatore, come quelle sul “capitale umano” da incentivare grazie all’istruzione. Come cittadino Visco Ignazio ha tutto il diritto di discettare su ciò che preferisce, ma come banchiere centrale dovrebbe attenersi alle sue competenze istituzionali, perciò ogni invasione di campo risulta sospetta. Visco indica infatti l’urgenza della preparazione e formazione degli insegnanti, come a dire che adesso non sono preparati, quindi si alimenta la delegittimazione della Scuola. Prima Visco parla di “capitale umano” ma subito dopo lo svaluta, facendo quindi aggiotaggio sociale, un altro fattore di deflazione.
Visco quindi non si esprime da tutore dell’interesse generale e neppure del generico interesse di classe, bensì esclusivamente da lobbista della finanza. Da parte di molti analisti è già stata posta in evidenza la mostruosità giuridica della Banca Centrale, un istituto di diritto pubblico che però non ha nessuna collocazione nel quadro istituzionale, tanto che la Costituzione italiana neppure la nomina.
Fondate verso la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, le Banche Centrali rappresentarono una debacle dello Stato liberale, che rinunciava unilateralmente ad una delle sue prerogative fondamentali, il controllo della moneta. Fu un grande successo del lobbismo finanziario, che ha determinato appunto la creazione di una grande zona grigia ai confini del diritto.
Negli anni ’90 la Commissione Bicamerale, voluta da Massimo D’Alema, tracciò una proposta di revisione costituzionale, nella quale si introduceva la Banca Centrale nella Costituzione italiana, proclamandone l’autonomia. Tutta quella proposta di revisione costituzionale decadde per le vicende dello scontro politico tra D’Alema e il Buffone di Arcore, per cui la Banca d’Italia rimane a tutt’oggi un potere di governo extracostituzionale.
Del resto anche il Paese in cui la Banca Centrale ha il maggior peso, la Germania, non ha conferito a questa istituzione un chiaro inquadramento costituzionale. Nel testo della Costituzione tedesca aggiornato al 2016 si fa ancora riferimento alla vecchia Banca Federale, poi sostituita nel 1957 da Bundesbank con un’apposita legge e, comunque, non si fa accenno ad una sua autonomia. Non si capisce quindi con quali basi giuridiche la Corte Costituzionale tedesca possa pontificare in campo finanziario. Ecco un’ennesima riprova che sul piano pratico le carte costituzionali non valgono neppure la carta su cui sono scritte, dato che veri e propri strapoteri vengono introdotti da leggine ad hoc del tutto decontestualizzate dall’ordinamento. Il vero potere non ha basi legali ma si insinua nelle contraddizioni delle leggi. Ogni potere è un abuso di potere.

Al deficit costituzionale del diritto tedesco supplisce però la teologia tedesca, infatti negli anni ’70 Eugenio Scalfari, ad imitazione di quanto già accadeva in Germania, lanciò un vero e proprio culto religioso del Governatore della Banca d’Italia, che allora era Guido Carli. Si è data troppa enfasi alla circostanza che Guido Carli pubblicasse articoli di commento sul settimanale “l’Espresso” con lo pseudonimo di Bancor; mentre il fatto più significativo era che il settimanale scalfariano pubblicava le relazioni del Governatore come se fossero i testi sacri di una divinità laica, a cui si demandava la tutela nei confronti di una politica sprecona e corrotta. Il feticismo delle Banche Centrali entrava allora a pieno titolo nel politicorretto. Il dato curioso è che i politicorretti sono anche feticisti della Costituzione ma sembrano non accorgersi che uno dei loro principali idoli, il banchiere centrale, non è citato in quel testo.
Alcuni però interpretano l’articolo 47 della Costituzione, in cui si afferma che la Repubblica “tutela il risparmio”, come una profezia che annuncia l’avvento del nuovo messia, il banchiere centrale. Sennonché le Banche Centrali c’entrano poco o nulla con la tutela del risparmio, semmai la loro funzione è di difendere il valore della moneta. Nella mistificazione corrente i due concetti, tutela del risparmio e difesa del valore della moneta, sono confusi e identificati, ma sono cose diverse. Per difendere il valore della moneta occorre spesso creare disoccupazione ed anche deindustrializzare per abbattere sia la domanda di beni di consumo, sia la domanda di materie prime; quindi la difesa del valore della moneta si identifica con la pauperizzazione. Dov’è allora la tutela del risparmio se ti costringo a mangiarti i tuoi risparmi per sopravvivere?

In realtà la tutela del risparmio sarebbe un compito del Tesoro, che dovrebbe emettere titoli di debito pubblico indicizzati all’inflazione ad uso esclusivo dei propri contribuenti. Sarebbe infatti interesse dello Stato preservare i cittadini dalla povertà per fare in modo che continuino a produrre reddito ed a consumare, in modo da garantire all'erario il gettito delle imposte sia dirette, sia indirette. Questo idillio presupporrebbe però l’esistenza di un attore che invece non c’è: lo Stato. Quella finzione giuridica che si chiama “Stato” è infatti una sponda delle lobby che si insinuano nelle lacune e nelle pieghe oscure del diritto. Se esistesse lo Stato come ingenuamente lo si concepisce, non sarebbero mai nati quei governi paralleli ed extracostituzionali che sono le Banche Centrali.
L’espressione “autonomia della Banca d’Italia” si è infatti sempre configurata come subdola, dato che non si tratta affatto di semplice autonomia, bensì di stabilire un predominio sulla politica. Che la politica sia sprecona e corrotta, non c’è dubbio; non si spiega però il motivo per cui banchieri centrali rappresenterebbero una specie eletta, immune dai vizi umani e soprattutto dalle ovvie commistioni con la finanza internazionale, che in effetti è l’unica ad essere realmente interessata alla difesa del valore delle monete. Siamo appunto alla superstizione religiosa che copre le falle del diritto e fa da alibi al lobbying mascherato.