Il quotidiano “il manifesto” ha promosso
un patetico appello a favore del governo Conte con tanto di raccolta di firme. L’iniziativa è stata presentata dai media come una mobilitazione degli “intellettuali di sinistra”, ma si tratta in effetti della solita rassegna di luoghi comuni di quella forma, sofisticata quanto ingenua, di autorazzismo che è il politicorretto. La tesi di fondo dell’appello è che il governo abbia agito con “prudenza e buonsenso” nell’ambito di una situazione di difficoltà dovuta in parte all’emergenza, in parte a carenze storiche della Sanità e in parte all’arroganza di alcune amministrazioni regionali.
Secondo gli estensori e i firmatari dell’appello, “prudenza e buonsenso” consisterebbero quindi in un comportamento ideale e astratto e non in una presa d’atto del contesto reale in cui ci si muove. Il governo avrebbe dovuto essere a conoscenza delle carenze della Sanità e delle spinte secessionistiche lombarde, eppure ha lasciato spazio all’esibizionismo velleitario e criminale della Regione Lombardia, consentendo un’ospedalizzazione di massa che non poteva che sortire esiti tragici. Lo stesso governo poi si è lasciato imporre dall’Organizzazione Mondiale della Sanità una nozione di emergenza del tutto vaga e pretestuosa, come se prima del Covid non esistessero al mondo le malattie infettive.
Se gli estensori dell’appello avessero detto che siamo una colonia e che perciò qualsiasi governo si sarebbe fatto mettere sotto dall’OMS, la “difesa” del governo Conte avrebbe avuto un senso; ma presentare come “prudenza e buonsenso” il farsi mettere in mezzo, appare un po’ forzato. Una critica ingiusta mossa al governo è stata invece quella di aver minimizzato il rischio del Covid per troppo tempo; ma in effetti non si è mai trattato di minimizzare i rischi di una nuova patologia, semmai di considerare i rischi, ben maggiori, di un approccio emergenziale, che avrebbe prevedibilmente seminato il caos. Anche il paragone con l’influenza è stato malignamente frainteso dai media nel senso di una banalizzazione, come se le vittime della normale influenza non fossero migliaia ogni anno. Del resto è opinione diffusa tra i medici che l’intrusione della Protezione Civile abbia contribuito solo a fare casino; e non soltanto per l’episodio della fornitura agli ospedali delle mascherine sbagliate. A proposito di mascherine, tra qualche mese si dovranno anche fare i conti delle vittime determinate dal loro uso, in conseguenza dell’aver costretto centinaia di migliaia di soggetti allergici e costipati cronici a sopportare un costante impedimento alla respirazione.
Inchiodato alla nozione vaga di emergenza imposta dall’OMS, il governo ora non riesce più ad uscirne, nemmeno quando ormai i reparti di terapia intensiva si sono svuotati, dato che non può esistere un mondo senza “contagio”. Due mesi fa il governo è stato spinto alla scelta folle del lockdown dalle Regioni che costantemente lo scavalcavano e lo ponevano di fronte al fatto compiuto. La giunta lombarda, con altri presidenti di Regione al seguito, minacciò il governo di attuare il lockdown nella sua forma estrema di propria iniziativa, se il governo non lo avesse proclamato a livello centrale. A sostegno delle Regioni si pronunciarono anche Salvini e la Meloni; ma fu ancora più determinante l’allarmismo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
A distanza di due mesi, Conte si ritrova con il cerino acceso in mano, poiché le Regioni si stanno adesso pronunciando per la riapertura delle attività produttive e commerciali. Sino a qualche giorno fa solo il presidente della Regione Campania sembrava ancora adeguarsi alla linea del lockdown ma poi ha seguito la nuova corrente anche lui. In mano al governo rimane così soltanto l’arma spuntata della diffida.
A far cambiare idea alle Regioni non sono state tanto le pressioni che provenivano dal basso, quanto piuttosto il fatto che
è venuta a saltare la copertura dell’OMS che, in una conferenza stampa, si è esibita nel più sfacciato dei dietrofront. “OMS” significa lobby dei vaccini ma anche di altri business collaterali, come le mascherine e i guanti: il business della paura dell’untore. La multinazionale cinese del petrolchimico Sinopec ha saputo investire per tempo nell’affare. Ma certo non è un business sufficiente a risollevare le sorti del petrolio.
Le lobby rappresentate dall’OMS si sono infatti scontrate con la lobby statunitense del petrolio di scisto. Diventati i primi produttori mondiali di petrolio, gli USA non possono permettersi le conseguenze recessive della pandemia, che farebbe crollare definitivamente i prezzi del petrolio. Le pressioni dei lobbisti del petrolio di scisto sull’OMS devono essere andate ben oltre il semplice taglio dei fondi all’organizzazione. Molti commentatori si ostinano ancora a considerare Trump il soggetto che avrebbe gestito questo scontro con l’OMS; l’evidenza però è che il cialtrone della Casa Bianca rimbalza come una pallina da flipper sulla sponda di tutte le lobby, perciò continua a flirtare anche con la lobby dei vaccini.
Il dietrofront dell’OMS sui lockdown ha comunque immediatamente favorito una ripresa dei prezzi del petrolio, che si sono riavvicinati ai trenta dollari al barile. Per rendere remunerativo il costoso petrolio di scisto, al prezzo del petrolio mancano ancora una quarantina di dollari, perciò, per tutti i Paesi produttori di petrolio che potrebbero fare concorrenza agli USA, si annunciano tempi duri di provocazioni e aggressioni.
Nella sua ritrattazione, l’OMS ha perso ogni ritegno, arrivando addirittura ad indicare
la Svezia come modello da seguire nella lotta al Covid, cioè proprio quella Svezia che aveva rifiutato il lockdown e che, per questo, era stata esposta al pubblico ludibrio dai nostri media. Il nostro governo magari si aspettava un riconoscimento internazionale per i sacrifici sostenuti, invece gli è piovuto addosso un vero e proprio sberleffo: bravi gli Svedesi alti, biondi e ariani che non hanno creduto all’OMS e polli gli Italiani che ci sono cascati. Il “modello svedese” era improponibile in ogni caso, data la drastica differenza di densità di popolazione tra la Svezia e gli altri Stati europei, perciò lo sberleffo dell’OMS è risultato tanto più clamoroso, con l’effetto di isolare ancora di più l’Italia nell’affrontare le disastrose conseguenze economiche del lockdown.
Da notare l’entusiasmo con cui i politicorretti hanno affrontato il lockdown, come un’occasione per il popolo italiano di dimostrare al mondo la propria maturità e riscuoterne così la benevola approvazione; con il risultato di ottenere invece l’effetto opposto, cioè di rafforzare i pregiudizi nei nostri confronti. A seconda delle gerarchie internazionali, gli stessi identici comportamenti possono essere classificati come esempio di civiltà o, al contrario, come indizio di subdola furbizia. Si tratta quindi dell’ennesima disfatta della linea del politicorretto: la “responsabilità”, la “credibilità internazionale”, cioè una versione in chiave pseudo-politica del “se faccio il bravo bambino, tutti mi vorranno bene”.
Il gesto dell’OMS ha avallato il clima di psicoguerra di cui oggi è fatta bersaglio l’Italia. Ha fatto il giro del mondo
un video olandese in cui il primo ministro Rutte rassicurava alcuni netturbini sulla sua determinazione di non aiutare l’Italia. Il video è chiaramente un “reality” preconfezionato per far credere a qualcosa di spontaneo, in modo che Rutte possa presentarsi come esecutore della volontà del suo popolo. Morale della favola: più fai il “responsabile”, più consenti all’altro di fare l’irresponsabile, sino a legittimare il suo sbracamento.
Il bello è che l’UE ha riscosso il premio Nobel per la Pace nel 2012, nel pieno del massacro operato nei confronti del popolo greco. Tornano alla mente a riguardo le parole con cui il primo ministro francese Georges Clemenceau nel 1919 parafrasava Carl von Clausewitz: la pace non è altro che la guerra condotta con altri mezzi. Si può tradurre l’apparente paradosso in linguaggio strategico: c’è la guerra aperta ad alta intensità e poi c’è la guerra a bassa intensità, a titolo mistificatorio chiamata “pace”; una guerra a bassa intensità che si combatte imponendo trattati e lanciando psyops, operazioni di guerra psicologica.
Sarebbe comunque sbagliato pensare alla guerra come ad un semplice scontro tra Stati nazionali: la guerra è anche un fenomeno trasversale alle nazioni, che coinvolge le lobby. La lobby della deflazione (cioè degli interessi della finanza che aborre l’inflazione perché vuole inalterato nel tempo il valore dei suoi crediti) è spesso identificata con la sola Germania. Da rilevare invece l’asse tra Unicredit e Deutsche Bank, che hanno attuato di concerto una misura tipicamente deflazionistica come l’imposizione di
tassi negativi sui depositi.
Ringraziamo i compagni Mario C. Passatempo e Claudio Mazzolani per la collaborazione.