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QUANDO IL BUSINESS DELLA PANDEMIA ERA ANCORA UN SOGNO NEL CASSETTO
Di comidad (del 02/04/2020 @ 00:00:08, in Commentario 2020, linkato 6109 volte)
In queste settimane nelle quali si è registrato un esperimento sociale privo di qualsiasi precedente storico, molti commentatori hanno sottolineato il fatto che i media hanno offerto il loro “meglio” per diffondere paura, mettendo sistematicamente in ombra gli stessi dati ufficiali pur di raggiungere lo scopo di terrorizzare. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, i deceduti per Covid-19 che non avessero patologie pregresse, sarebbero in Italia soltanto dodici.
È vero, ma tale capacità di spaventare non è dovuta solo al potere di suggestione e mistificazione dei mezzi di comunicazione; infatti l’alternativa alla credulità nei confronti dell’emergenza-virus, è persino più spaventevole dell’emergenza sanitaria stessa. Si tratterebbe di constatare che si è alla completa mercé di un potere, anzi di uno strapotere, del tutto arbitrario che non esita a manipolare brutalmente la vita delle persone pur di fare il proprio tornaconto.
Nonostante tutto, e pur in questo contesto di crescente intimidazione mediatica e poliziesca, non tutti sono sufficientemente allenati a rinunciare al buonsenso e all’evidenza, perciò nei radi incontri a distanza consentiti dalle attese o dalle file, c’è ogni tanto una persona che lancia qualche frase prudente per sondare il terreno, in modo da capire se sia il solo a dubitare. Tra l’altro, per molti anziani risulta ostico credere ad un potere che si accora tanto per la loro sorte, vista la disinvoltura con la quale negli ultimi decenni sono state colpite la Previdenza e la Sanità, un fattore che aveva determinato un pesante calo della vita media, da molto prima che si parlasse di pandemie.

Come diceva quel tizio migliaia di anni fa, già il sapere di non sapere rappresenterebbe un buon punto di partenza, però ciò non toglie che qualche mollichina da seguire, qua e là, ci sia. Scavando negli anni passati, si scopre che nel 2015 già si stava preparando un clima emergenziale da virus Corona. Da tre anni prima, nel 2012, l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva registrato delle sindromi respiratorie in Medio Oriente; nel 2015 si segnalava una presunta esplosione di casi di contagio in Corea del Sud. Nel 2015 sembrava quindi che l’OMS fosse a un passo dal proclamare la pandemia su scala planetaria.
Nel gennaio del 2015 il “filantropo” Bill Gates aveva lanciato un allarme, secondo il quale bisognava prepararsi ad una guerra contro una pandemia mondiale (ma che uomo preveggente!). La dichiarazione era abile perché combinava il fascismo col politicamente corretto, la retorica bellicista con la retorica umanitaria.
Da bravo lobbista, Bill Gates considerava i vantaggi di un’emergenza pandemica in termini di business: non solo i miliardi e miliardi di dosi di vaccino da vendere, ma anche i profitti enormi per l’alta finanza, poiché la brusca recessione economica dovuta alla pandemia avrebbe determinato un’ancora più acuta dipendenza debitoria degli Stati e delle famiglie nei confronti delle multinazionali del credito (come si vede, business ed economia non sono la stessa cosa). Per non parlare poi della posizione monopolistica a livello commerciale che le quarantene concedono alle multinazionali digitali della distribuzione, come Amazon.
Nel 2015 tutto sembrava bello e pronto per far scattare il business della pandemia, ma qualcosa non funzionò. Il fatto è che non basta avere gli ingredienti giusti per fare il pasticcio, ci vuole anche qualcuno che te lo metta in forno. Il lobbismo industriale e finanziario può anche allestire i propri mega-business, ma se non trova l’intreccio con gli interessi militari di qualche grande potenza, non va da nessuna parte. Del resto lo sa benissimo proprio Bill Gates, che avrebbe potuto partecipare a tutti i riti delle sette sataniche di cui farebbe parte secondo le dicerie, ma se non fosse stato prescelto dal Pentagono per commercializzare a livello civile le tecnologie militari di internet, a quest’ora farebbe al massimo il fattorino.

Si è diffusa la tesi secondo la quale l’epidemia cinese sarebbe stata provocata dagli USA. La voce ha trovato una conferma da parte dello stesso governo cinese. Tecnicamente sarebbe possibile, poiché le armi virologiche esistono e non certo da oggi. Questa tesi comporterebbe però l’accreditare l’effettiva pericolosità di tale virus, solo che di prove a riguardo non ne sono state fornite. Un’arma virologica che possa definirsi tale, non può essere un virus opportunista che si limita ad ammazzare quasi soltanto persone anziane e già malate. Si tratta di una vera arma solo se colpisce anche, e soprattutto, le persone giovani e valide.
A ben guardare però gli Americani c’entrano (gli Americani c’entrano sempre). L’attuale schema di aggressione degli USA nei confronti dei giganti asiatici (Russia e Cina) è quello della destabilizzazione interna, cioè di cercare di smembrarli in Stati più piccoli: di un gigante fare parecchi nani. Si tratta di una guerra atipica, di una guerra a bassa intensità, ma pur sempre di guerra. Per non trasformare il concetto di guerra in una mera astrazione o in una vaga metafora, occorre definire come “guerra” tutto ciò che concerne il conflitto per il controllo del territorio. Nel momento in cui si favorisce, organizza e finanzia una rivolta interna a un dato Paese per provocare una secessione territoriale, si sta facendo un atto di guerra.
Il fatto che la rivolta di Hong Kong fosse una “rivoluzione colorata” organizzata dal Dipartimento di Stato USA e dalle sue ONG, non vuol dire che quella rivolta non toccasse storici nervi scoperti dell’impero cinese. Come tutte le costruzioni nazionali, la Cina è un artificio, perciò in Cina c’è sempre stata la contraddizione tra un nord più autarchico e proiettato verso la terra, e un sud-est a vocazione marittima e commerciale. Nel nord e nel sud-est della Cina si parlano persino lingue diverse. Se gli USA fossero riusciti a staccare dalla Cina la città di Hong Kong e l’area cantonese, probabilmente la prossima loro meta sarebbe stata la secessione della Manciuria, e così via. Negli anni passati i dirigenti cinesi si erano troppo concentrati sul Tibet, perdendo di vista che i veri punti deboli dell’impero cinese erano altri.

La pandemia universale tanto desiderata dall’OMS e da Bill Gates sarebbe rimasta forse un sogno nel cassetto, un sogno proibito, per tanto tempo, magari per sempre. Le esigenze di controllo del territorio da parte del governo cinese hanno fornito però all’OMS l’assist, la sponda, l’avallo di cui aveva bisogno: niente di meglio di una bella epidemia per costringere tutti i cittadini di Hong Kong a stare in casa e stroncare così le rivolte.
L’altro indispensabile assist per l’OMS è arrivato dal secessionismo lombardo e dai suoi storici agganci in Germania. Per i media italiani l’argomento è tabù, mentre in Germania si discute tranquillamente di tutte le iniziative per favorire i separatismi di quelle aree, dalla Lombardia alle Fiandre, che sono già integrate nelle filiere produttive tedesche. Questo atteggiamento delle oligarchie tedesche appare quantomeno sconsiderato, dato che mette in pericolo in prospettiva persino la stessa unità della Germania. Il separatismo bavarese infatti sta già approfittando di queste acquisizioni coloniali per promuovere una secessione della Germania meridionale. Ma tant’è.

Alla lobby dei vaccini dell’OMS questi risvolti geopolitici interessano poco e quello che conta è di aver trovato l’ultimo tassello del puzzle pandemico. Per quanto sia importante la Cina, senza la “testa di ponte” lombarda del Covid-19 in terra europea, all’OMS non sarebbe stato possibile proclamare la pandemia mondiale.
Nel caso italiano l’emergenza-pandemia non è servita come in Cina a mantenere l’integrità del territorio, bensì, al contrario, a operare un travaso di poteri alla Regione Lombardia, a colpi di fatti compiuti, giustificati dall’emergenza sanitaria. Il vero test era però nei confronti del governo italiano e delle burocrazie dello Stato centrale, per capire quanto e come avrebbero reagito ad un’iniziativa autonomista così radicale. Le reazioni sono state timide, esitanti e subito rientrate. Alla fine è stata sempre la Regione Lombardia a dettare la linea al governo per tutto ciò che concerne l’emergenza sanitaria. Per il separatismo lombardo la strada appare spianata.