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LA BAVARIAN CONNECTION SPIEGA IL TRADIMENTO DI SALVINI
Di comidad (del 15/08/2019 @ 00:11:04, in Commentario 2019, linkato 8042 volte)
Matteo Salvini come politico ha manifestato un profilo da elettoralista puro, di inseguitore degli umori dell’opinione pubblica. In questo senso la sua scelta di affossare adesso il governo Conte, contraddirebbe tale profilo. Anzitutto Salvini non può essere certo che la crisi di governo sbocchi in elezioni anticipate, poiché i 5 Stelle potrebbero avvitarsi nell’istinto di sopravvivenza, così da arrivare ad allearsi anche con il diavolo Renzi.
Anche se Salvini ottenesse le elezioni anticipate, rischierebbe di arrivarci troppo spostato al centro. Attualmente i sondaggi gli attribuirebbero circa un 40%. Sinora Salvini ha occupato il centro della scena mediatica, avendo però tutti i media contro, intenti a farlo passare per fascista e dittatore in pectore. Salvini ha potuto così costruirsi un alone anti-establishment, che è quello che gli ha consentito di sfondare elettoralmente. La rottura con i 5 Stelle gli sta ora procurando qualche simpatia e consenso nella stampa mainstream ed ogni leccata dei giornalisti potrebbe erodere il suo carisma di presunto avversario del sistema. Persino il casus belli scelto da Salvini per far cadere il governo, cioè l’appoggio alla banda del buco in Val di Susa, fa troppo Forza Italia, quindi non è uno dei pretesti più adatti a fargli mantenere l’immagine di nemico dell’establishment. È vero che nella banda del buco è coinvolta gran parte dell’imprenditoria lombarda che fa riferimento alla Lega, ma si sarebbe potuto comunque puntare su tattiche dilatorie. Del resto la questione del buco in Val di Susa va avanti da quasi trenta anni. Nel 2013 il ministro dello Sviluppo Economico dell’epoca, Corrado Passera, pronunciò il fatidico “ormai è fatta”; invece si è andati avanti ancora per altri sei anni a forellini di assaggio.
C’è anche l’incognita Mattarella da considerare, con l’allarmismo sulla necessità di “disinnescare l’aumento dell’IVA”, perciò potrebbe arrivare un governo tecnico ad imporre i soliti tagli (ma non i soldi per la banda del buco, quelli non si possono tagliare). A Salvini in passato non si è mai potuto negare un discreto talento di animatore: magari aveva tutti contro, ma tutti esattamente a fare il suo gioco. Stavolta invece Salvini appare spiazzato, smarrendo anche la sua tattica consueta, cioè atteggiarsi a vittima dei “tipi furbi ed arroganti” di turno, come la Carola Rackete, Richard Gere e i magistrati. Stavolta invece il ruolo della vittima lo lascia lucrare a Di Maio, che può permettersi di dargli del traditore e persino di costringerlo ad inseguirlo sull’irrilevante proposta della riduzione del numero dei parlamentari.
È evidente perciò che Salvini è stato spinto e, in un certo senso, sacrificato, dalla cupola della Lega: i Maroni, gli Zaia e i Giorgetti, dato che ci sono altre priorità, tali da prevalere anche sulle prospettive elettorali. Nel 2016 il parlamento europeo infatti ha dato il via definitivo alla costituzione della Macroregione Alpina, che riguarda la cosiddetta “Padania”, parte della Francia e dell’Austria e, soprattutto, la Regione più ricca d’Europa, la Baviera.
Chi pensa che l’Italia sia un Paese allo sbando, aspetti di saperne di più sulla Germania. Nel maggio del 2018 il parlamento bavarese ha approvato una legge regionale che conferisce non solo poteri straordinari alla polizia, ma anche la possibilità di dotarsi di armamenti sofisticati. Se si considera che l’esercito nazionale tedesco è piuttosto inconsistente, ciò crea il paradosso di una polizia locale che compete in armamento con le forze armate ufficiali. Il fatto ha suscitato l’ironica curiosità di un organo d’informazione online delle forze di occupazione americane in Germania.

Invece di ridimensionare le destabilizzanti velleità bavaresi, il governo di Berlino non solo ha tollerato il separatismo strisciante della Baviera, ma le ha anche consentito di crearsi un piccolo impero coloniale con la Macroregione Alpina. Il Nord Italia aspira ad integrarsi finalmente in quel paradiso dei ricchi o, almeno, questa è l’illusione. Sulle pagine del giornale della Lega nel 2016 c’era la foto di un Salvini giulivo che festeggiava l’evento dell’ufficializzazione della Macroregione. Di conseguenza l’anno dopo sono stati indetti in Lombardia e Veneto i referendum per l’autonomia differenziata, cioè proprio quella mina vagante che avrebbe poi affondato il governo Conte, che allora non era neppure ancora nato.
Salvini perciò, nello stesso momento in cui recitava la parte del sovranista nemico dell’euro, arraffandosi i voti dei tanti italiani no-euro, faceva anche il separatista strisciante, cioè coltivava i suoi deliri filo-bavaresi attraverso il macroregionalismo a tutela UE. Del resto tutto il leghismo non è altro che un clone sfacciato dell’autonomismo bavarese, un plagio persino nei dettagli più meschini e grotteschi come le “ronde”. A dimostrazione che i magistrati non fanno indagini ma campano di “imbeccate”, c’è l’assurda inchiesta sui fondi russi a Salvini, mentre non si è mai detto nulla sui più che probabili finanziamenti bavaresi alla Lega. Altrimenti come farebbe la Lega a sopravvivere, visto che deve anche quarantanove milioni allo Stato?
Salvini ha retto il doppio gioco per anni grazie alle omissioni ed alle mistificazioni dei media. Ma oggi la Macroregione sembrerebbe diventata realtà e la simulazione dello scontro frontale con l’UE non può andare avanti, poiché è appunto la UE a garantire tutta l’iniziativa autonomista della Baviera e dei suoi satelliti. Tra l’altro in questo periodo la Lombardia ha la presidenza di turno della Macroregione, un motivo in più per evitare imbarazzi.
Certo, Salvini avrebbe potuto essere più fortunato. Nel 2016 dalla stessa Germania provenivano larvati annunci di una prossima fine della moneta unica. A lanciarli era addirittura l’ex capo economista della BCE, il tedesco Otmar Issing.
Se l’euro non fosse sopravvissuto sino al 2019, Salvini avrebbe potuto salvare capra e cavoli, conciliare Borghi e Giorgetti, incassare il risultato di aver previsto la fine dell’euro e, al tempo stesso, continuare a trattare con l’UE per la Macroregione tanto cara ai separatisti striscianti della vecchia (e vera) Lega, che non ha più il Nord nel Logo, ma c’è l’ha tatuato sul cuore.

Salvini ha di che recriminare sull’insipienza tedesca che rischia di far scoprire il suo doppio gioco. Ormai l’euro sta mettendo nei guai la stessa Germania, che si tiene una leader bollita come la Merkel e non riesce a prendere serie iniziative, attardandosi in buffonate pure e semplici come la Framania e in buffonate destabilizzanti come la Macroregione Alpina. La Germania continua ad incassare dispetti dagli USA (la multa a Deutsche Bank, lo scandalo Volkswagen, i dazi) e aspetta dal padrone americano istruzioni che non arrivano, perché neppure gli USA hanno un’idea precisa, se non quella di spremere il limone tedesco.
L’acquisto della multinazionale americana Monsanto da parte della tedesca Bayer era stato presentato da alcuni commentatori come un cartello satanico, ma anche i satanassi finiscono sulla graticola. La Bayer ha appena dovuto subire la terza sentenza di condanna, con relativi risarcimenti, per gli inquinamenti provocati dalla Monsanto. Gli stessi inquinamenti che per decenni i giudici americani avevano fatto finta di non vedere, mentre ora vedono, dato che è arrivato il pollo forestiero da spennare. Non che le disgrazie della Bayer ci commuovano più di tanto, ma è incredibile che il governo tedesco e la UE abbiano avallato l’acquisizione della Monsanto senza farsi venire qualche sospetto o prendere prima informazioni. Se ad una multinazionale italiana fosse capitato un bidone del genere, i media italiani avrebbero crocifisso a testa in giù il governo in carica.
Il quotidiano “Il Foglio” fornisce un resoconto patetico della vicenda Bayer-Monsanto, come se il problema fosse quello dei malvagi ambientalisti che non sanno riconoscere le virtù salvifiche dei pesticidi. È il solito quadretto secondo cui il conflitto sarebbe solo tra le multinazionali da una parte ed i comunisti e ambientalisti dall’altra parte. In realtà oggi la guerra si combatte anche ai vertici.