Non è di per sé sbagliato affermare che il voto a 5 Stelle e Lega abbia avuto un carattere anti-establishment. Il problema è che un establishment è tale perché dispone anche di una potenza ideologica e quindi condiziona persino le opposizioni. Oggi l’establishment è la finanza e infatti la finanziarizzazione ha assunto il ruolo di senso comune.
Come proposta “alternativa” all’idea del cosiddetto “reddito di cittadinanza” lanciata dai 5 Stelle, la Lega ha parlato di un
“prestito d’onore” ai disoccupati, da restituire “comodamente” in venti anni. Si tratta di un’ulteriore spinta all’indebitamento delle masse ed alla finanziarizzazione dei rapporti sociali, cioè la sostituzione dei salari con i prestiti. All’inizio il debito sarebbe nei confronti dello Stato, ma nulla impedisce che un domani un governo in difficoltà finanziarie venda i propri crediti ad agenzie finanziarie private.
“Reddito di cittadinanza” in realtà è uno slogan ingannevole, poiché, per come è stata formulata la proposta dai 5 Stelle, si tratterebbe di un sussidio di disoccupazione un po’ allargato. La proposta economica più “sostanziosa” dei 5 Stelle rimane perciò il
microcredito alle piccole imprese. Microcrediti a microimprese che, in quanto strutturalmente sottofinanziate, potrebbero farsi solo concorrenza al ribasso, con ovvi effetti negativi non solo sulla quantità e qualità dell’occupazione ma anche sul tessuto industriale preesistente.
“Prestiti d’onore”, “microcredito alle piccole imprese” e magari anche “microcredito ai poveri”: il tutto “suona bene” ad un orecchio non sospettoso. Il “suonabenismo” costituisce appunto il segnale di un controllo ideologico delle coscienze.
Uno dei luoghi comuni sulla finanza è che alimenti se stessa con pura ricchezza virtuale senza preoccuparsi della ricchezza materiale: l’economia di carta contro l’economia reale. Se si analizza meglio ci si accorge però che lo scopo della finanza è comunque di appropriarsi di ricchezza materiale. I poveri ne hanno poca ciascuno ma miliardi di poveri fanno comunque un bel patrimonio da saccheggiare.
La “società dei consumi” è diventata un mito passatista che si rivela mirato all’indebitamento di massa. I “consumi” diventano esche per l’indebitamento. Il business del prodotto più pubblicizzato, l’automobile, attualmente non consiste più nella vendita in sé della vettura, bensì nel contratto finanziario che assume l’acquirente all’atto della vendita. Gli interessi che gravano su questi contratti finanziari possono pesare dal 6% al 10%.
Il consumatore diventa quindi un debitore.
Anche tutte le “riforme” della Scuola degli ultimi venticinque anni hanno mirato a sostituire alla formazione in funzione produttiva una formazione in funzione finanziaria, cioè a trasformare i giovani da lavoratori salariati/stipendiati in futuri disoccupati/precari che possano fare da “target” per le offerte di prestiti. Attraverso i contorcimenti dell’attuale terminologia didattica, oggi la parola “debito” suona alle orecchie degli studenti come qualcosa di innocuo.
La farsa della cosiddetta “alternanza Scuola-lavoro” non ha in sé alcuna funzione formativa, ma solo di delegittimazione dell’istituzione scolastica, oltre che di far piovere fondi statali sulle imprese. A ciò si aggiunga la cosiddetta
“educazione finanziaria” , cioè la pubblicità in ambito scolastico di prodotti finanziari da parte delle banche. Si tratta di un’operazione di puro lobbying bancario, per di più interamente a carico del contribuente, poiché le banche sono pagate dallo Stato per andare nelle scuole a pubblicizzarvi i propri prodotti finanziari.
Per favorire una psicologia da futuro indebitato si fa respirare allo studente un clima di irresponsabilità e di impunità; il tutto alimentato da campagne mediatiche che istigano studenti e genitori alle violenze contro i docenti (come se questi non fossero già i peggiori carnefici di se stessi).
L’attuale giovane generazione italiana costituisce un target interessante per la finanza poiché, a causa della denatalità, oggi pochi giovani vanno ad ereditare i beni delle più affollate generazioni che li hanno preceduti. In Italia la piccola proprietà immobiliare costituisce un fenomeno che riguarda non solo il ceto medio ma anche una parte dei ceti popolari.
Molti ragazzi possono quindi ereditare dai nonni piccoli immobili, preziosi, titoli. Esattamente ciò che può servire a ripianare in parte i debiti incautamente contratti. La beffa sta nel fatto che si faccia tanta retorica sulle giovani generazioni che portano il peso del debito pubblico e poi si cerchi di fare di tutto per indebitare i giovani a livello privato.