\\ Home Page : Articolo : Stampa
BEATI I POVERI PERCHÉ SARANNO FINANZIARIZZATI
Di comidad (del 08/02/2018 @ 00:50:38, in Commentario 2018, linkato 4447 volte)
Tempi durissimi per i ricchi. Non passa un solo giorno senza che le fila dei difensori dei poveri non si ingrossino.
Michel Martone si era già fatto notare quando, come vice della mai troppo lodata ministra Elsa Cuornero dell’indimenticabile governo Monti, si era espresso con contributi illuminanti. Il nodo degli studi universitari e del mercato del lavoro era stato da lui sciolto con un aforisma folgorante: "Se a 28 anni non sei laureato, sei uno sfigato".
In un recente talk show televisivo, il prof. Martone ha zittito la rappresentante di Liberi e Uguali per la proposta di abolire le tasse universitarie: “Volete favorire i ricchi, perché i poveri già non pagano con le borse di studio”. Secondo Martone bisogna sganciarsi dal pantano europeo dove le tasse universitarie sono ancora lievi. Nei paesi anglosassoni le tasse universitarie si pagano, eccome. Michel dice che questo aiuta lo studente a responsabilizzarsi e, nel caso che non ce la facesse, può pagare in comode rate.
La “comodità” delle rate ha in effetti un riscontro statistico molto preciso. Secondo dati aggiornati al 2017, mentre nel 1990 un laureato americano doveva utilizzare circa il 28% del suo reddito annuale per ripagare i debiti contratti per svolgere gli studi universitari, ora deve utilizzare oltre il 74% del suo reddito annuale. Ecco perché la bolla americana del debito studentesco è diventata impagabile. Ciò non impedisce a quelli come Martone di auspicare il formarsi di un’analoga bolla anche in Italia. Questo sì che è altruismo.
I soccorritori dei poveri infatti non si lasciano scoraggiare da questi inconvenienti. C’è a riguardo un’altra buona notizia per Liberi e Uguali: il Fondo Monetario Internazionale annuncia sul proprio sito di essersi fatto promotore mondiale della lotta alle disuguaglianze. Qual è, secondo il FMI, uno dei principali strumenti per favorire l’uguaglianza? La “inclusione finanziaria”, cioè costringere i poveri a “banchizzarsi”, quindi ad aprire linee di credito con istituzioni finanziarie.
Per portare alle masse dei diseredati il vangelo dell’inclusione finanziaria, il FMI è riuscito a convincere il governo del Paese che ha il maggior numero di poveri, l’India, a trasformarsi in un grande laboratorio per la finanziarizzazione delle masse povere. Nel 2016 il governo indiano ha proclamato la “demonetizzazione” dell’economia, cioè la quasi completa digitalizzazione del denaro, addirittura un 86% del contante eliminato. I risultati per l’economia? Un disastro. E i promessi effetti positivi per la lotta alla corruzione e all’evasione fiscale? Tutte balle.

Lo stesso FMI riconosce che vi sono state una crisi di liquidità ed una caduta del PIL. Ma poco importa, perché secondo il FMI la digitalizzazione del denaro rimane una grande “opportunità” di inclusione finanziaria per i poveri. Insomma, non conta quanta nuova miseria crei, l’importante è “aiutare” i poveri.
La notizia della demonetizzazione dell’economia indiana avrebbe dovuto costituire un vero e proprio “scoop” per i media occidentali, andare sulle prime pagine dei quotidiani, nelle aperture dei telegiornali: badate, a questo mondo più si è poveri e più si è “banchizzati”. Si sarebbe potuto usare lo storico evento per colpevolizzarci: mentre voi Italiani lavativi fate le bizze sul denaro digitale, gli Indiani si allineano coraggiosamente alla modernità. Invece niente di tutto questo, al più qualche trafiletto nelle pagine interne. All’opinione pubblica deve essere occultato il legame tra povertà e “inclusione finanziaria”. La “ggente” deve continuare ad identificare la finanza solo con Wall Street, le Borse, gli indici azionari e i magnati, non con la condizione di umili studenti e miseri contadini indiani, in modo che chi cerca faticosamente di informare su tutto questo venga preso per scemo.
Uno dei “magnati”, il finanziere ungherese/americano George Soros, viene spesso accusato dalle destre di voler sostituire le popolazioni “bianche” con immigrati di colore e di voler contaminare la religione cristiana con i suoi prediletti musulmani. Soros è un finanziere ma anche un agente provocatore della NATO, un agente che ha, tra le sue tante funzioni, quella di distrattore e di “sponda” alla propaganda razzistica della destra.
In realtà la migrazione non è uno scopo in sé, ma un tassello della finanziarizzazione delle masse povere che vanno “salvate” dal loro analfabetismo finanziario, anche a costo di ridurle alla miseria più nera ed alla schiavitù per debiti. Il “debt bondage” non è un genere sadomaso ma una condizione che riguarda ormai centinaia di milioni di persone. Del “debt bondage” fingono oggi di preoccuparsi anche le agenzie dell’ONU per i “diritti umani”. L’ipocrisia è evidente perché non vi è ideologia più funzionale alla rapina finanziaria di quella dei “diritti umani”. Con il loro acritico ottimismo antropologico i “diritti umani” rendono credibili non solo le guerre “umanitarie”, ma persino questa fiaba della “lotta alla povertà ed alla disuguaglianza” da parte di banche e di finanzieri “filantropi”.

Sta di fatto che nessuno è più “banchizzato” di un migrante, fruitore privilegiato di “servizi” finanziari come il microcredito e le rimesse degli stessi migranti. Le rimesse rappresentano una massa di denaro digitalizzato di centinaia di miliardi di dollari. Parola della Banca mondiale. Sul sito della Banca Mondiale c’è anche un video divulgativo nel quale un economista-poetastro indiano scioglie pelosi inni di lode al ruolo delle rimesse nell’economia globale.
Sulle rimesse dei migranti le banche lucrano commissioni esose e allestiscono operazioni di finanza derivata. Non mancano comunque le vere e proprie frodi da parte delle banche, che possono giocare a proprio vantaggio sul cambio tra le valute.
Ma il magnate Soros si adopera per evangelizzare i poveri alla finanza anche in loco. Ad esempio, la sua Open Society Foundation sostiene iniziative di microcredito in Paesi africani come il Kenia per sollevare i contadini dalla loro ignoranza finanziaria.