Tre settimane fa Macron è piombato a Roma a rassicurare Gentiloni. Non è vero che voi Italiani non contate un cece: Germania e Francia comandano, ma con l’Italia c’è un rapporto diverso, un feeling particolare. Se lo dice lui. Tanta tenerezza da parte di Macron perché Gentiloni spedisce un battaglione di paracadutisti in Niger, un Paese disastrato dal quale la Francia ricava oltre il 30% del suo fabbisogno di uranio, oltre che diamanti e altro. Un Paese abituato a fare una politica estera e coloniale al di sopra dei propri mezzi militari e finanziari, la Francia, va a parassitare le risorse militari e finanziarie di un altro Paese, l’Italia, che in politica estera non conosce la parolina “no” e che in politica interna è invece abituato alle prevaricazioni sul parlamento in nome della presunta “popolarità” del Presidente del Consiglio di turno. Se poi risultasse vera la notizia di stampa secondo cui
il governo nigerino non sarebbe stato neppure consultato da Macron prima di coinvolgere l’Italia, allora Gentiloni si sarebbe andato a cacciare in una rete di imbarazzi diplomatici.
Stavolta però persino la stampa ufficiale, anzi ufficialissima (come “Il Sole - 24 ore”), riconosce che è ben arduo scovare un qualche interesse italiano in questa nuova
avventura militare in Africa. Il quotidiano confindustriale non può fare a meno di notare che, tra tutti gli alibi per questa avventura militare, il contenimento della spinta migratoria risulta il più inconsistente, dato che il governo italiano, che finanzia la Guardia Costiera libica, potrebbe anche costringerla a svolgere il compito di affidare alle organizzazioni ONU i migranti recuperati in mare dalla flotta italiana.
Il settimanale “l’Espresso” si allinea a questo scetticismo rilevando che il numero di soldati inviati da Gentiloni in Niger è assolutamente incongruo per qualsiasi missione riguardante il blocco delle vie migratorie. Ma la questione dei flussi migratori in realtà non c’entra nulla con questa avventura militare. Macron, in tutte le sue esternazioni, non ha mai mancato di ribadire che l’Africa è “cosa nostra”. Il problema è che per le forze armate francesi le cose si mettono al peggio in Mali. Dal 2013 il governo francese aveva annunciato varie volte una vittoria definitiva in Mali, ma, all’atto della sua elezione, Macron, durante una sortita in Africa, aveva di fatto ammesso che
le cose non vanno per niente bene.
Bisogna quindi liberare truppe da altri teatri come il Niger, che diventa a sua volta instabile per la stessa pressione coloniale francese. Insieme con altri tredici Paesi africani, il Niger è infatti costretto ad adottare come valuta il franco CFA, una specie di euro africano garantito dal Tesoro francese. Dei Paesi sottosviluppati sono perciò costretti ad adottare una valuta “forte”, vincolata all’euro, che deprime le loro esportazioni. Non mancano ovviamente
in Africa tentativi di opposizione a questa imposizione coloniale.
Sempre per la serie “aiutiamoli a casa loro”, al poverissimo Niger non si fa mancare neppure l’assistenza provvida della microfinanza, che destabilizza il tessuto economico tradizionale, indebita gli agricoltori del Paese e spesso li costringe alla migrazione nella speranza di ripagare il debito. Non c’è Paese tanto povero da non avere a disposizione il suo “portale” per
la microfinanza e il Niger non può fare eccezione.
Per prevenire e screditare ogni possibile intervento del governo nigerino sull’economia, la Banca Mondiale è corsa in soccorso del colonialismo francese pubblicando un rapporto allarmistico sulla corruzione in Niger, come a dire che i “boveri negri” hanno ancora disperato bisogno di tutela occidentale.
Il rapporto è a tinte così fosche che la stessa sede locale della Banca Mondiale ha dovuto prenderne le distanze.
Mantenere il Niger nell’assoluta povertà ha i suoi vantaggi perché è la pauperizzazione con i suoi vari pretesti (crisi, austerità, rigore nei conti, ecc.) a favorire la finanziarizzazione dei rapporti sociali, cioè l’indebitamento delle masse povere. Ma la pauperizzazione ha anche i suoi svantaggi per il colonialismo francese, poiché espone le colonie alla pressione di altre intromissioni finanziarie e di altre destabilizzazioni da parte di concorrenti come
la Cina, sempre più presente in Niger con le sue multinazionali.
Sta di fatto che oggi la Francia nutre le sue aspirazioni coloniali in Africa con mezzi militari sempre più scarsi e con continui tagli al bilancio della Difesa. Se ne può concludere che
l’impero coloniale francese in Africa è a rischio di asfissia.
Nei prossimi mesi Macron sarà forse costretto a scegliere tra la vocazione coloniale della Francia e la sua permanenza nell’euro. Se rimane nell’euro Macron dovrà probabilmente accontentarsi della colonia italiana.