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L’EURO COME TECNICA DELLA VIOLENZA IMPERIALISTICA
Di comidad (del 12/01/2017 @ 00:10:23, in Commentario 2017, linkato 6079 volte)
L’accordo tra il gruppo liberal-democratico del parlamento europeo ed il Movimento 5 Stelle alla fine è saltato; ma rimane comunque significativo che il tentativo sia stato fatto, che cioè Grillo abbia cercato, con il supporto della consueta farsa della “democrazia sul web”, di far rientrare il suo movimento nei canoni della “rispettabilità” politica. Non è affatto una sorpresa dato che molti commentatori avevano rilevato da tempo il carattere del tutto mistificatorio dell’euroscetticismo del M5S.
La pubblicazione del “codice di comportamento” del M5S ha suscitato scontati commenti su presunte “svolte garantiste” o su “norme salva-Raggi”, ma anche in questo caso l’adesione del grillismo agli schemi della “rispettabilità” politica rimane immutata, poiché esso continua a considerare la condanna nel giudizio di primo grado come discriminante per eventuali dimissioni. Per un movimento che si era presentato come sfida all’establishment, risulta davvero ben strana questa sudditanza morale nei confronti della magistratura, come se questa non facesse parte a sua volta dell’establishment. Per un vero movimento di opposizione sarebbe stato più logico non vincolarsi a questioni di condanna di primo grado o di condanna definitiva, ma valutare caso per caso, proprio perché nessuna sentenza può ritenersi di per sé immune dal sospetto di essere originata da manovre di lobbying.
L’affanno e l’auto-discredito crescenti del M5S sono l’effetto di contraddizioni che erano palesi da anni e che sono scoppiate non appena i successi elettorali hanno avvicinato il movimento ad una possibilità di accedere al governo. La pretesa di risolvere le questioni con un presunto “onestismo” ha rappresentato per molti militanti del movimento la benda sugli occhi per evitare di prendere atto della violenza del contesto coloniale. A riguardo vi è nel 1976 il precedente del PCI di Enrico Berlinguer, che si arrese allo strapotere imperialistico della NATO adottando slogan diversivi come la “questione morale” ed il “governo degli onesti”: lo stesso mito di quella che si potrebbe chiamare “ortocrazia”, oggi invocata anche dal M5S.

Viene da supporre che lo stesso Grillo sia in realtà costretto a muoversi sotto la pressione di minacce alla sua persona, con la conseguenza di procedere per dichiarazioni stentoree e passetti ambigui. La proposta del M5S di sottoporre la questione della moneta unica ad un referendum consultivo restituisce appieno la dimensione di un’opposizione che non si oppone, che fa finta di non accorgersi che un eventuale referendum del genere si svolgerebbe sotto il ricatto di tempeste finanziarie e sotto l’attacco ad un debito pubblico al quale nei prossimi mesi verrà a mancare anche il peloso ombrello del Super-Buffone di Francoforte, in arte Mario Draghi.
Da un punto di vista tecnico il venir meno della tutela di Draghi non dovrebbe preoccupare i nostri governi, in quanto non vi è nessun bisogno di collocare i nuovi titoli del debito pubblico sul “mercato” alla mercé degli speculatori. Un governo italiano potrebbe semplicemente emettere titoli a tasso zero ed usarli per pagare i debiti della Pubblica Amministrazione. Da un punto di vista formale si tratterebbe di “prestiti forzosi”, ma in effetti si potrebbe considerarli come una vera e propria emissione della tanto agognata “moneta sovrana”.

Sennonché non si vive in un mondo ideale fatto di astratte scelte tecnico-economiche, bensì nel mondo materiale della concreta tecnica della violenza imperialistica, cioè della violenza nella sua accezione più diretta e brutale. Nel febbraio del 2003 il quotidiano britannico “The Guardian” ci informava dei vantaggi finanziari che il governo iracheno di Saddam Hussein stava riscuotendo facendosi pagare il petrolio in euro, accumulando anche crediti sulle banche francesi. Del resto tanti Paesi europei avevano desiderato di far parte dell’Eurozona proprio illudendosi di poter comprare petrolio ed altre materie prime in euro e non più in dollari.
Ma nel marzo del 2003 l’Iraq veniva invaso dagli Stati Uniti e l’inganno si svelava: gli USA avevano imposto la moneta unica europea in funzione del rafforzamento della disciplina della NATO in Europa e non perché avessero intenzione di tollerare la nascita di una valuta di riserva che facesse concorrenza al dollaro. La Francia, dapprima illusa e poi umiliata nelle sue ambizioni di leadership finanziaria, ha esibito dopo Chirac soltanto presidenti da pochade, i vari Sarkozy e Hollande, umili zerbini degli USA. Dopo Monti, Letta e Renzi, anche Gentiloni è corso in Francia ad inaugurare l’ennesimo “asse” con Hollande in funzione anti-austerity, ed i giornali fanno persino finta di crederci, come se ormai non si sapesse che Hollande in Europa, e non solo in Europa, è solo un passacarte. Delusa nelle aspirazioni globali, l’oligarchia francese se la prende con l’Italia, trasformata in una colonia finanziaria come le ex (?) colonie africane. Gentiloni ovviamente non ha perso occasione per ringraziare ufficialmente la Francia di questa colonizzazione (pardon, di questi “investimenti”).

A contrastare l’euro rimarrebbe la Lega di Salvini. Ma non è che la Lega adotta una battaglia giusta solo per usarla come veicolo per tutt’altri messaggi? Le ambiguità della Lega riguardano soprattutto il tema dell’immigrazione, ancora rappresentata come un fenomeno dovuto ad una sorta di “troppobuonismo” dei governi, mentre invece la mobilità internazionale della forza-lavoro costituisce una diretta conseguenza della mobilità internazionale dei capitali.
Poco più di un anno fa Matteo Salvini fu anche protagonista di una provocazione contro la Nigeria, da lui accusata di avergli negato il visto di entrata per una missione per “aiutare gli Africani a casa loro”, ovviamente portando investimenti. In realtà la Nigeria è una colonia come l’Italia e, come l’Italia, non soffre per la presunta mancanza di investimenti esteri, semmai per il contrario. Per aiutare gli Africani a casa loro e noi a casa nostra, occorrerebbe intanto bloccare quella “libera circolazione dei capitali” (alias imperialismo) di cui anche l’euro è un’espressione.
Anche la demagogia anti-immigrazione si risolve quindi in un espediente per non prendere atto della violenza del contesto coloniale. Viste le premesse, la “strategia” della Lega si riduce ad aspettarsi il regalo dal Babbo Natale Trump, o meglio, dalla lobby che lo ha spinto alla presidenza, sperando che sia davvero una lobby anti-globalizzazione.