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DOPO RENZI IL PROSSIMO FANTOCCIO COLONIALE
Di comidad (del 23/06/2016 @ 00:03:57, in Commentario 2016, linkato 2168 volte)
Corrado Augias, un giornalista del tipo “sì, sono servile però con stile”, ha dichiarato che si può anche essere contro la riforma costituzionale fatta approvare da Renzi, ma riconoscendo gli alti intenti che l’avrebbero ispirata. Il problema è che se si concede la buonafede si finisce per concedere praticamente tutto, compreso il fatto compiuto. Un’altra trappola insita in questa situazione riguarda appunto il fatto compiuto che si cerca di imporre. Esso riguarda non solo e non tanto la pseudo-riforma costituzionale, con i suoi pasticci e i suoi inganni, come un senato venduto alla pubblica opinione come “abolito”, mentre invece sopravvive per innescare un estenuante conflitto di competenze con la Camera. Il vero fatto compiuto riguarda la delegittimazione operata nei confronti dell’assetto istituzionale, per cui si può respingere questa o quella riforma, ma sempre in nome di un’altra riforma. Una Costituzione deve necessariamente prevedere le procedure per farsi riformare, ma sta di fatto che ogni progetto di riforma costituzionale raggiunge un unico obiettivo certo: la delegittimazione e la destabilizzazione del quadro istituzionale vigente.
Adesso anche Renzi è stato destabilizzato dai rovinosi risultati elettorali del 19 giugno. Anche per Renzi, come già per il Buffone di Arcore, si potrà però costruire, a proposito della sua rovina, la fiaba sulle tristi conseguenze della sua “amicizia con Putin”. Mentre Renzi andava in Russia a sottoscrivere accordi miliardari per le grandi multinazionali italiane, l’Unione Europea riconfermava le sanzioni economiche contro la stessa Russia. In tal modo la UE riconfermava soprattutto di essere una macchina da guerra della NATO in funzione anti-russa.
Ora anche Renzi potrà fregiarsi dell’alone di martire dell’indipendenza economica italiana grazie alle sue frequentazioni con Putin, ed infatti si è già guadagnato l’onorificenza della solita invettiva irresponsabile e guerrafondaia da parte del giornalista contor-sionista Furio Colombo. La realtà dei fatti si presenta però meno iconografica. Gli affari sono affari e tutti in Europa cercano di continuare a farne con Putin, ma si tratta di inevitabili deroghe ad una linea che non viene scalfita nel suo aspetto principale: un’Europa in depressione cronica diventa un ostacolo insormontabile al decollo economico della Russia; e le sanzioni, pur con le loro falle e le loro deroghe, comportano un costo aggiuntivo per tutto il commercio russo.

Il mondo degli affari è caos, ed è nel militarismo che gli affari trovano quel punto di sintesi che si chiama imperialismo, anche se solo per creare altro caos; e non è solo questione di traffico di armi, poiché l’economia e la finanza diventano integralmente strumenti e occasioni di guerra. Si sa che i banchieri, in quanto grandi creditori, amano la deflazione, la quale non solo mantiene intatto il valore dei loro crediti ma costringe anche le masse ad indebitarsi a causa dei bassi salari; ma la lobby della deflazione ha potuto sbaragliare ogni possibile resistenza perché il militarismo NATO ha adottato la deflazione come arma da guerra per limitare lo sviluppo economico dei Paesi emergenti.
A proposito di deflazione, è dal 2003, con il famoso “Piano Hartz”, che i governi tedeschi di ogni colore politico hanno avviato una corsa al ribasso sul costo del lavoro in Germania. Gli altri Paesi europei subiscono e si adeguano senza adottare ritorsioni contro queste plateali violazioni dei trattati. Come mai? È la cronaca a darci una risposta. Oggi la Germania può persino permettersi di abbassare ulteriormente il suo costo del lavoro “accogliendo” un milione di lavoratori immigrati, già istruiti e qualificati a spese di un Paese povero come la Siria. E chi è oggi a destabilizzare la Siria? È proprio la NATO, come ci viene gentilmente chiarito dallo stesso Furio Colombo, che si lamenta del fatto che i nostri governi dimostrino scarso entusiasmo nel partecipare a questa aggressione.
Renzi - come già prima di lui il Buffone, Prodi, Monti e lo stesso Letta - non poteva sottrarsi del tutto alle pressioni di ENI, ENEL, Finmeccanica e Impregilo, che avevano al seguito anche l’esercito delle piccole e medie imprese italiane, comprese quelle del settore agro-alimentare di lusso, che per l’export italiano in Russia conta molto più della moda. Ma, come i suoi predecessori, al di là delle chiacchiere mediatiche, neppure Renzi ha mai tentato di scalfire la militarizzazione della politica economica della UE, imposta dal colonialismo NATO. E non si poteva pretendere tanto da quelli che erano appunto dei fantocci coloniali.

Renzi è stato messo lì per la sua palese inconsistenza umana e politica e, nell’arco di un triennio, è andato a riscuotere il proprio discredito. Stavolta nessun aiuto gli è arrivato dall’alto, nessun broglio informatico ha gonfiato i suoi numeri elettorali, nessun provvidenziale e salvifico attentato è piovuto dal cielo per criminalizzare i suoi avversari, come invece è accaduto nel Regno Unito, che tende sempre più ad adottare la formula all’italiana del dissenso equiparato al terrorismo.
Renzi sta bruciando la sua parabola per lasciare però il posto a successori altrettanto inconsistenti, così come li vuole il colonialismo. Il “partito degli onesti”, il Movimento 5 Stelle, trova il suo limite insormontabile nella sua stessa connotazione ideologica, che lo condanna ad una irrimediabile vulnerabilità di fronte alle inchieste giudiziarie. Al primo, inevitabile scandalo, fondato o meno, a Roma come a Torino, si riprodurrà la sindrome di Quarto in Campania, dove il Movimento 5 Stelle è stato costretto dalla propria stessa retorica legalitaria, a delegittimare frettolosamente la propria candidata.
È chiaro quasi a tutti, tranne che a molti opinionisti ufficiali, che il Movimento 5 Stelle in queste elezioni amministrative non ha riscosso una fiducia alla propria politica ma ha fatto semplicemente il pieno di voti anti-renziani; tanto è vero che a Napoli un sindaco deludente come De Magistris, che con i 5 Stelle non ha nulla a che vedere, si è avvantaggiato proprio delle sue esplicite prese di posizione contrarie alla calata coloniale a Bagnoli del Presidente del Consiglio in carica. Ma questa ovvia osservazione ripropone intatto il problema, dato che se da un lato la personalizzazione dello scontro alimenta l’euforia elettorale, dall’altro lato le persone - o meglio, i fantocci - sono facilmente sostituibili.