La strage del 2 dicembre a San Bernardino in California ed il clamore mediatico sulla scontata, quanto inconsistente, "rivendicazione" di marca ISIS, hanno riproposto la questione del false flag. Qualcuno ha osservato che l'obiettivo di San Bernardino appare troppo caratterizzato e preciso
(un centro per disabili, gestito come un business), e non basta certo una presunta frasetta su Facebook di uno dei presunti attentatori per contrastare questo dato.
La mistificazione potrebbe aver riguardato l'intera organizzazione della strage, oppure potrebbe essere consistita nel far passare come un attentato una delle tante uccisioni di massa della cronaca statunitense; oppure nell'aver creato falsi collegamenti tra eventi diversi. In questi ultimi due casi si tratterebbe di un false flag a posteriori, ciò che si potrebbe anche definire un depistaggio. Rimangono infatti irrisolte anche molte incongruenze della versione ufficiale. Prima si è parlato di tre "attentatori" poi di due, i quali sarebbero stati eliminati dalla polizia lontano dal luogo della strage; perciò anche il legame tra le due sparatorie non è affidato a elementi oggettivi, ma interamente alle dichiarazioni ufficiali. Sta di fatto che sulla dinamica dell'attentato al centro disabili, ed anche sulle circostanze della successiva sparatoria con la polizia, è calato il black-out informativo, e i media si sono interamente dedicati alla caricatura dei particolari biografici dei due presunti attentatori.
A questo punto però la domanda non è più se ci sia qualcosa di falso, ma se sia rimasto in giro ancora qualcosa di vero. La stessa città di San Bernardino in California era immersa in questo contesto di falsificazione già da prima della strage. Nel 2012 le agenzie di stampa titolavano con tono allarmistico sulla bancarotta della città di San Bernardino, la quale dichiarava un deficit di quarantasei milioni di dollari e debiti per un miliardo di dollari. I
contenziosi giudiziari del municipio di San Bernardino con i suoi creditori sono peraltro tuttora in corso.
San Bernardino era la terza città della California a trovarsi in default, ma, dal 2011, i giornali ci avevano fatto sapere che l'intero Stato della California si trovava ad un passo dal baratro finanziario. Macché. Nel 2013 il quotidiano "Il Sole-24 ore" titolava trionfalmente che lo Stato della California, che solo due anni prima era dato per spacciato, in base alle dichiarazioni del nuovo governatore democratico, si avviava invece verso
il pareggio di bilancio, almeno secondo le "proiezioni" finanziarie.
Quale sarebbe poi il motivo di questa improvvisa resurrezione finanziaria? I soliti "tagli"? Ci sarebbe anche una novità, cioè gli introiti fiscali sulla cannabis, appena legalizzata in California ad opera del precedente governatore repubblicano, l'attore Arnold Schwarzenegger. Peccato che i Greci non ci abbiano pensato. A dare voce a questa
"notizia"-fiaba, confezionata apposta per far da esca ai palati "progressisti", provvedeva anche il quotidiano "il Manifesto".
Prima non si è data alcuna spiegazione del fatto che uno degli Stati a più alta produttività industriale e agricola del mondo fosse a rischio di insolvenza, e poi si è cercato di far credere che una tassa sulla cannabis abbia risolto tutto. Se questa è la qualità dell'informazione sulla situazione finanziaria della California, non si può certo pretendere che per gli attentati avvenga qualcosa di diverso.
Il codice penale prevede del resto uno specifico reato, l'aggiotaggio, cioè un particolare tipo di frode che consiste nel diffondere notizie false, o talmente esagerate, da determinare una grave alterazione dei prezzi. Il codice penale, si sa, è alquanto "complottista", poiché prevede anche reati come l'associazione a delinquere: sembra una descrizione del potere.
Le notizie sulla condizione delle finanze dello Stato della California forse erano false tre anni fa, oppure potrebbero essere false adesso, o persino risultare false sia allora che adesso. Il problema è che l'interesse a mentire era, ed è, potenzialmente enorme, dato che tutto ciò ha inciso sui tassi di interesse delle obbligazioni emesse sia dallo Stato della California che dai singoli municipi. Ciò che vale per la finanza, vale anche per la politica, tanto più che l'una non può esistere senza l'altra.
L'intreccio fraudolento tra politica e finanza è riscontrabile anche nel più famoso false flag della storia americana,
il Boston Tea Party del 1773, allorché un gruppo di coloni americani, travestiti da indiani Mohawk, assalì nel porto di Boston alcune navi della Compagnia britannica delle Indie Orientali, gettando in mare il carico di tè. A posteriori il Boston Tea party è stato fatto passare come un mero episodio di rivolta fiscale ed il travestimento da indiani come una casuale mascherata. In realtà nel 1773 i Mohawk avevano uno status ufficiale e legalizzato di alleati della Corona britannica, e si occupavano di commercio di pellicce e di pesca, perciò una loro presenza nel porto di Boston sarebbe stata del tutto plausibile, dando quindi credibilità al false flag; anche se poi le autorità britanniche non ci cascarono. Inoltre la Compagnia delle Indie Orientali era in quel periodo in piena tempesta finanziaria, e l'attentato di Boston andò ad incidere proprio su quel contesto.