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VOLKSWAGEN E SAVIANO: COME L'IMPERIALISMO RIDIMENSIONA I SUDDITI
Di comidad (del 01/10/2015 @ 00:35:49, in Commentario 2015, linkato 1929 volte)
Un intervento diretto della Russia in Siria a sostegno del regime di Assad sarebbe uno di quei fatti in grado di cambiare sostanzialmente lo scenario mondiale. Per il momento però non è dato di conoscere l'effettiva entità del coinvolgimento russo, ed anche le dichiarazioni lanciate lunedì da Putin all'Assemblea dell'ONU non hanno sciolto i dubbi a riguardo. Dato che Putin non è lo "zar" che dipingono i media occidentali, ma solo un mediatore tra la multinazionale Gazprom e le forze armate, resta l'incognita di quanto le forze armate russe riescano ad imporre il proprio punto di vista. Rimane comunque il risultato diplomatico di aver costretto Obama a scoprirsi davanti all'Assemblea dell'ONU e ad ammettere che il suo vero obiettivo in Siria rimane l'abbattimento del "tiranno" Assad.
In attesa di capire qualcosa di più sull'attuale grado di resistenza russa all'imperialismo USA, occorre nel frattempo accontentarsi di osservare come continua a procedere il meccanismo imperialistico. Il caso della Volkswagen, "scoperta" a frodare sulle emissioni inquinanti dalle autorità statunitensi, è stato oggetto di molti commenti riduttivi, gli uni centrati sul vezzo germanico di predicare bene e razzolare male, gli altri tendenti a sospettare una volontà statunitense di umiliare la Germania, la quale, secondo alcuni, sarebbe troppo arrogante e riottosa ad uniformarsi ai diktat di Washington.
In realtà l'imperialismo non ha una mente unica ed una strategia centralizzata, ma è un meccanismo che procede in base agli interessi delle lobby multinazionali. Se si considerano i commenti giornalistici sino allo scorso anno, nulla faceva supporre che la Volkswagen fosse nel mirino dell'imperialismo USA. Nel 2014 un quotidiano del tutto allineato agli interessi della finanza internazionale, come "La Repubblica", celebrava in modo sperticato i record di bilancio dell'azienda tedesca plaudendo al suo modello industriale.
Nulla di strano se si considera che le grandi aziende automobilistiche tedesche hanno imposto al consumo di massa i modelli di lusso, favorendo il meccanismo del finanziamento ai consumi. Puoi comprare un bel macchinone tedesco, ma ti devi indebitare; e questo indebitamento crescente dei consumatori verso l'estero va anche a pesare sulle bilance dei pagamenti dei Paesi più poveri dell'Unione Europea. La finanza multinazionale, attraverso il Fondo Monetario Internazionale, ti rimprovera di "vivere al di sopra dei tuoi mezzi", ma poi ti spinge a fare proprio questo, cioè ad indebitarti per potere accedere ai consumi.
Il meccanismo si complica perché non c'è solo il colonialismo delle lobby finanziarie, ma anche di quelle commerciali. Il successo del modello industrial-finanziario dell'industria tedesca ha creato troppi problemi alle aziende statunitensi, ed ecco che si scatena una misura protezionistica mascherata da ambientalismo e da provvedimento moralizzatore. Questa è la "schizofrenia" dell'imperialismo. Una lobby ti tira su, ma un'altra ti spinge giù. I servi vanno bene quando fanno il tuo interesse in determinate aree, ma non quando sconfinano.
Soltanto la meticolosa complicità dei media nei confronti del pretestuoso moralismo statunitense fa sì che la gran parte dell'opinione pubblica non si renda conto dell'assurdità di circoscrivere lo scandalo delle emissioni inquinanti camuffate esclusivamente alla Volkswagen. Se persino l'industria automobilistica tecnologicamente più avanzata del mondo deve ricorrere a certi trucchetti, è l'intero sistema che ne risulta delegittimato; perciò i vari modelli "Euro 4", "Euro 5", "Euro 6", ecc., si rivelano dei truffaldini espedienti per costringerti a cambiare automobile.
Qualcosa di analogo è accaduto a Roberto Saviano. Anche lui è stato utilissimo per creare il mito di un crimine organizzato come mera espressione di degenerazione sociale nei Paesi sudditi, quindi senza responsabilità della NATO e delle multinazionali. Saviano andava benissimo quando scagionava gli USA da ogni sospetto di compromissione col traffico di stupefacenti, ed accusava, senza alcuna prova, l'ETA basca e le FARC colombiane di fare traffico di cocaina in combutta con la mafia.
Saviano andava altrettanto bene quando "depotenziava" tutte le notizie in grado di smentire il carattere localistico di faide come quella di Scampia del 2004. In un articolo su "il Manifesto" Saviano ammetteva tranquillamente che la forza di fuoco della faida era composta da killer kosovari; ma poi non ricordava che il Kosovo è una colonia della NATO, e risolveva il tutto ricorrendo alla mitizzazione delle capacità del boss Di Lauro di crearsi relazioni internazionali.
Saviano però non va più bene quando sconfina con i suoi best-seller internazionali, e va a pestare i piedi alla lobby editoriale statunitense, ed ecco che allora gli si fa la morale con le accuse di plagio; un tipo di accusa in base alla quale si potrebbe inchiodare non solo una mezza calza come Saviano, ma anche un genio come Shakespeare, il quale riprese pari pari il "Romeo e Giulietta" da una novella di Matteo Bandello. Persino Bandello aveva ripreso a sua volta la storia di Romeo e Giulietta da un'altra novella di Luigi da Porto, il quale, tanto per cambiare, aveva rielaborato una novella ancora più antica, di Masuccio Salernitano.
Una lobby ti può creare, ma un'altra lobby ti può distruggere o, quantomeno, ridimensionare; ma ciò che fa il potere di una lobby è il suo retroterra imperialistico. Il protezionismo mascherato infatti è un privilegio esclusivo dei Paesi al vertice della gerarchia imperialistica. Ancora nel 2007 l'Unione Europea osava alzare qualche timida vocina di protesta contro il protezionismo commerciale degli USA che si dissimulava dietro le esigenze di sicurezza. Con i controlli sui container infatti è possibile tenere le merci bloccate per mesi e danneggiare irrimediabilmente gli interessi degli importatori indesiderati. Il bello è che i container sono un'invenzione proprio degli USA, che hanno tratto vantaggio dalla difficoltà di controllarli per fare contrabbando ai danni dei Paesi colonizzati. Chi impone le regole, le può anche piegare a proprio uso e consumo.