IL PARADISO CAPITALISTICO ERA SOLO PER IL KGB
I giornali ci hanno informato della soddisfazione dei governi europei
per il fatto che nelle ultime elezioni in Serbia, la vittoria sia
andata al partito filo-occidentale favorevole all'ingresso nella UE. In
realtà c'è da credere che dietro questa soddisfazione
ufficiale, in gran parte del ceto politico europeo stia crescendo la
preoccupazione per l'ambiguo atteggiamento della Russia in tutta la
vicenda serba. Il presidente russo Putin da un lato ha trasformato in
questi anni la Serbia in una colonia commerciale della Gazprom - la
compagnia commerciale russa -, dall'altro lato non ha mosso un dito
perché alle elezioni serbe si affermassero i nazionalisti
filo-russi. Per Putin quindi la Serbia deve essere una colonia
commerciale, ma non un satellite politico, ed il motivo lo ha spiegato
ampiamente proprio lui a proposito dell'Ucraina, dicendo che se questa
fosse un Paese meno ostile il governo russo sarebbe costretto anche a
farle pagare di meno il gas.
In questa banale frase di Putin vi è tutta la verità
storica sulla cosiddetta "fine del comunismo" e sulla "caduta del Muro
di Berlino". Ci è stato narrato che il comunismo è
crollato a causa della sua inefficienza economica e dello scontento
popolare. Oggi scopriamo che dopo quindici anni di capitalismo, tutti i
Paesi dell'ex blocco sovietico hanno meno produttività, meno
infrastrutture e più miseria rispetto all'epoca del vituperato
"socialismo reale", cioè dell'economia di Stato, che, nonostante
i suoi disastri, non era per niente peggiore in termini di efficienza e
benessere rispetto alla organizzazione privatistica dell'economia.
Anche il mito dell'arretratezza tecnologica dell'Unione Sovietica - su
cui John Le Carré aveva fondato il suo romanzo "La Casa Russia"
- si è rivelato un falso, perché aerei e sommergili russi
erano, e sono ancora, molto più sofisticati di quelli americani.
Cosa è cambiato realmente rispetto a quindici o venti anni fa?
È cambiato che oggi il gruppo dirigente russo - la cosiddetta
Nomenklatura - da semplice ceto privilegiato, si è trasformato
in una classe di super-ricchi. Ecco il vero movente, la vera causa
scatenante della crisi del "socialismo reale": non era la pressione
delle masse, ma l'insoddisfazione del gruppo al potere, che vedeva
sfuggirsi dalle mani tutti i possibili guadagni della vendita del
petrolio e del gas.
Quindi le minacce alla proprietà pubblica non derivano dalla sua
inefficienza, ma dal problema posto in molte occasioni da Bakunin, e
cioè che il privilegio è un corruttore insaziabile,
perciò ogni condizione di privilegio parziale tende a cercare di
diventare assoluta.
Dal 1973, anno in cui il prezzo del petrolio ha cominciato a salire
senza posa, per i nomenklaturisti deve essere stata una vera tortura
pensare a tutto il petrolio ed il gas che la Russia cedeva quasi
gratis ai Paesi satelliti. Ciò spiega anche perché negli
anni '70 il KGB abbia cessato la sua guerra ideologico/propagandistica,
lasciando che si affermasse il mito del paradiso capitalistico a
scapito del paradiso sovietico. In realtà gli agenti del KGB,
convertitisi alla religione dell'affarismo, il paradiso capitalistico
avevano già cominciato a prepararselo per sé stessi.
Il "socialismo reale" è caduto per motivi interni alla classe
dirigente e non per la pressione popolare, ed anche il tentativo di
Michail Gorbaciov di contemperare l'affarismo con la continuità
del socialismo reale, è fallito per lo stesso motivo. Quando nel
1991, durante la prima Guerra del Golfo, il prezzo del petrolio
è schizzato nuovamente alle stelle, i nomenklaturisti russi non
ne hanno potuto più di aspettare e sono corsi ad arricchirsi,
liquidando Gorbaciov e l'impalcatura del comunismo.
Per i suoi interessi affaristici, il gruppo dirigente sovietico non ha
oggi più nessun interesse a contrastare il colonialismo
statunitense sull'Europa, perché un'Europa ostile è
costretta a pagare di più il gas russo. L'Europa si è
giovata per mezzo secolo del contrappeso sovietico, mentre ora deve
subire contemporaneamente lo schiacciamento tra due colonialismi,
ostili tra loro, ma convergenti nello spremere l'Europa il più
possibile. Per la destra europea che sperava di trovare in Putin la sua
salvezza, ciò costituisce una bella delusione.
7 febbraio 2008
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