IL FMI PERDE L'ACQUA E L'ATOMO, MA NON IL VIZIO
I risultati dei referendum hanno messo in ulteriore difficoltà non soltanto il governo Berlusconi, ma anche la rappresentazione di esso offerta da una parte consistente della stampa di "opposizione". Il quotidiano "La Repubblica" dovrà, ad esempio, una buona volta spiegarci come possa essere definito "populista" un regime che ha lanciato provvedimenti di assoluta impopolarità come la privatizzazione dell'acqua ed il ritorno all'energia nucleare.
Nell'occasione il governo si è trovato contro persino le lobby degli artigiani e dei commercianti, cioè quel cosiddetto "popolo delle partite IVA" che viene presentato di solito come la base di massa della sedicente "economia di mercato"; una base che, sempre secondo i media, sarebbe particolarmente bramosa di ulteriori "liberalizzazioni", cioè privatizzazioni. In realtà lo stesso "popolo delle partite IVA", che pure aveva gradito la depenalizzazione del falso in bilancio, con la conseguente possibilità di evadere il fisco, non poteva certo piegarsi con entusiasmo a pagare un balzello alle multinazionali francesi dell'acqua, la Vivendi e la Ondeo. Allo stesso modo, le lobby della piccola-media impresa organizzata, che si vedono lesinare i soldi da Tremonti, hanno colto l'occasione per manifestare il proprio disappunto per il fatto che trenta miliardi di euro venissero elargiti disinvoltamente dal governo alle multinazionali francesi del nucleare, la EDF e l'Areva; e ciò con la interessata benedizione degli enti ex "nazionali", l'Enel e l'ENI.
Il presidente dell'ENI, Scaroni, dopo che la Total e la BP lo hanno buttato fuori dalla Libia, non ha trovato di meglio sul piano della comunicazione che mettersi a fare l'imitazione di Marchionne, prendendosela con il presunto assenteismo dei Meridionali. Ci si sarebbe aspettato che l'ENI reagisse al golpe in Libia anche sul piano dell'informazione, magari facendo riemergere dall'oblio le passate benemerenze di Gheddafi, tra cui l'apporto determinante alla lotta contro l'Aparheid in Sudafrica e l'amicizia con Nelson Mandela; invece niente.(1)
Il problema è che anche Scaroni si era venduto alle multinazionali francesi dell'atomo. Le centrali nucleari sono bidoni da rifilare ai Paesi del terzo mondo, attraverso i consueti giri di corruzione e mazzette, e l'adesione dell'ENI al progetto del ritorno al nucleare dimostra che ormai le multinazionali "italiane" non sono più tali.(2)
Ora che l'ipotesi del ritorno al nucleare è - almeno per un po' - tramontata, Scaroni fa il superiore, e può accampare un alibi poiché, almeno ufficialmente, l'ENI non risultava coinvolta nell'affare; anzi, con l'attuale disponibilità e sovrabbondanza di gas, non ne ha proprio bisogno. Né l'ENI, né l'Enel, hanno infatti subìto contraccolpi in borsa a causa del risultato referendario, cosa che indica che il nucleare costituiva semmai un peso morto per entrambe le aziende, ma, a quanto pare, non un peso morto per i loro gruppi dirigenti. Intanto Scaroni non rinuncia a continuare a fare apologia del nucleare, e scioglie inni al "coraggio" del governo giapponese che persiste nel portare avanti il business dell'atomo; segno che se parecchie tangenti nucleari sono, per il momento, sfumate, hanno però lasciato una nube carica di nostalgia nella mente del presidente dell'ENI.(3)
Nichi Vendola ha dichiarato che il risultato referendario costituisce una sconfitta delle lobby. In realtà, se è vero che i comitati referendari hanno fatto un lavoro eccezionale ed hanno conseguito una vittoria, nemmeno essi probabilmente ignorano che il risultato positivo è anche l'effetto di un conflitto interno al sistema del lobbying, tra le multinazionali da un lato e, dall'altro, il padronato più legato al territorio. L'atteggiamento della Chiesa Cattolica nel referendum indica certamente che vi è stata la necessità per la gerarchia vaticana di assecondare l'attivismo del cattolicesimo di base nella campagna contro il nucleare e per l'acqua pubblica; ma può costituire anche l'indizio che l'affarismo vaticano vuol cominciare ad aprirsi a sua volta uno spazio contrattuale di fronte all'invadenza delle multinazionali. Non va dimenticato infatti che la privatizzazione della gestione idrica comportava anche l'accaparramento di notevoli patrimoni immobiliari pubblici; e il Vaticano è ancora una potenza nel settore immobiliare.
L'elettoralismo non consiste tanto nel semplice fatto di andare a votare, ma funziona come una vera e propria ideologia, anzi una mitologia, che consiste nell'adesione alla fede nel fantasma del cosiddetto "elettorato". Non a caso, coloro che si convertono all'elettoralismo non si limitano a votare, ma ritengono di accompagnare il gesto con una sorta di manifesto/professione di fede nel mito dell'elettorato.
Anche se non si può negare il ruolo svolto dalla rete nella campagna referendaria, anche qui è bene guardarsi dalle mitologie. A febbraio il giornalista statunitense David Rieff , a proposito delle rivolte nel mondo arabo, pur riconoscendo la caduta di due "dittatori", esprimeva qualche perplessità quanto alla “…valanga di tecno-chiacchiere ciber-utopiche sul potenziale di emancipazione di Bluetooth e di Twitter, secondo cui i tiranni sarebbero impotenti di fronte alle nuove tecnologie”. Rieff faceva anche qualche altra osservazione interessante: “ Se le tecnologie dell’informazione non fossero l’idolo dei nostri tempi, nessuna persona sensata potrebbe mai credere che la rivoluzione nordafricana sia avvenuta grazie ai social network. Come osserva Evgeny Morozov nel bellissimo libro The net delusion, siamo di fronte alla stessa idea utopistica che fece prevedere a Marx la liberazione degli indiani dal sistema delle caste grazie alla rivoluzione delle comunicazioni prodotta dalle ferrovie dell’impero britannico”. Naturalmente l’articolo ("La rivoluzione di Twitter non riempie la pancia") ha ricevuto molte critiche; qualcuno faceva notare, nientemeno, che persino sui barconi dei migranti si usava la videocamera del portatile. Insomma, anche i miti della tecnologia contribuiscono a soppiantare l'analisi sui gruppi di interesse e sul ruolo degli affari.
Il presunto feeling di Berlusconi con le masse, era appunto un mito mediatico che copriva l'appoggio del voto organizzato dal lobbying. Il fatto che oggi una parte del lobbying abbia appoggiato strumentalmente la parte giusta, non vuol dire che il processo di colonizzazione non possa riuscire a ricostituire certi blocchi di interessi e di complicità in loco.
Il ministro Ronchi aveva presentato a suo tempo il decreto di privatizzazione della gestione delle risorse idriche come un atto dovuto alle direttive della Unione Europea. Una volta tanto, però, l'Unione Europea non c'entrava, dato che le specifiche direttive nel senso della privatizzazione dell'acqua provenivano semmai da quella agenzia dell'ONU addetta alla perpetuazione del colonialismo, che è il Fondo Monetario Internazionale. Del FMI l'attuale governo è stato un esecutore d'ordini, particolarmente ligio sì, ma non esclusivo, dato che uno dei due quesiti referendari contro la privatizzazione dell'acqua riguardava una legge voluta dal governo Prodi.
Il FMI, ed alcune delle multinazionali da esso assistite - la Vivendi, la Ondeo, l'EDF e l'Areva - hanno incassato una battuta d'arresto nei loro piani di rapina; ma la questione rimane aperta, dato che, in tutta la vicenda referendaria i veri manovratori del business idrico e del business nucleare hanno ottenuto di rimanere abbastanza nell'ombra, poiché ora la gran parte dei commenti riguarda le sorti del Fantoccio di Arcore.
Il FMI svolge dal 1945 la sua funzione istituzionale di ente assistenziale a beneficio delle multinazionali, ma l'opinione pubblica oggi conosce il FMI solo per vicende di sesso e di hacker informatici. Il ruolo di questa agenzia ONU nel non abbastanza famigerato programma di Sviluppo del Settore Privato (acronimo inglese: PSD), rimane ancora sullo sfondo del dibattito, consentendo ulteriori controffensive alle multinazionali.
Sempre a proposito di acronimi, si è diffuso negli ultimi tempi il mito mediatico dei cosiddetti BRIC, cioè i Paesi "emergenti", le nuove potenze economiche: Brasile, Russia, India e Cina. Questi Paesi sono soci del FMI, e già si annunciava un loro ruolo preminente nell'organizzazione, salvo poi scoprire che erano tagliati fuori dalla lotta alla successione dopo la defenestrazione, per mezzo di scandalo sessuale, dell'ex direttore, Dominique Strauss-Kahn.(4)
Anche la sopravvalutazione del ruolo dei cosiddetti "Paesi emergenti" fa parte di quegli espedienti propagandistici che consentono alle multinazionali ed al FMI di perseguire una tattica di "understatement", cioè un basso profilo mediatico, utile a scaricare le responsabilità della devastazione coloniale sui fantocci di turno.
(1) http://archiviostorico.corriere.it/1997/ottobre/23/Mandela_Gheddafi_tra_fulmini_Clinton_co_0_9710232148.shtml
(2) http://www.greenbiz.it/panorama/italia/1795-nucleare-anche-eni-continua-sulla-strada-del-si-nonostante-fukushima
(3) http://notizie.virgilio.it/notizie/economia/2011/6_giugno/15/nucleare_scaroni_italia_a_tutto_gas_costi_rinnovabili_alti_2,30089125.html
(4) http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-06-05/bric-crescono-molto-contano-081410.shtml?uuid=Aa8G7HdD
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