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IL COLPO DI STATO NATALIZIO DI MARCHIONNE/PHILIP MORRIS
Di comidad (del 30/12/2010 @ 01:29:59, in Commentario 2010, linkato 6424 volte)
Meno male che ci sono rimasti i pacchi bomba, altrimenti il governo non avrebbe più nulla con cui trastullarsi e di cui chiacchierare. Poco prima di natale infatti Sergio Marchionne, "director" di Philip Morris ed anche Amministratore Delegato della FIAT, ha siglato un "accordo", insieme con le organizzazioni sindacali alle sue dipendenze, per attuare una nuova disciplina delle relazioni industriali in Italia, il tutto su base extra-legale, anzi illegale: in pratica un colpo di stato. L'estromissione della FIOM dalla rappresentanza sindacale rappresenta l'effetto più vistoso del cosiddetto accordo, ma le conseguenze più rilevanti riguardano la totale delegittimazione sia del governo come istituzione, sia del ruolo dell'associazionismo imprenditoriale, a cominciare da Confindustria.
Grazie al precedente di questo "accordo" di Mirafiori, in futuro potrebbe persino considerarsi depenalizzato il racket delle estorsioni sulle piccole/medie imprese, dato che, senza contratto collettivo e senza criteri di rappresentatività sindacale, nulla più impedirà che le organizzazioni criminali possano agire sotto la copertura di sigle sindacali di comodo per ricattare i piccoli/medi imprenditori, i quali saranno così ancora più facile preda delle sirene che gli prospettano l'approdo nel "paradiso" delle delocalizzazioni.
Nel mondo della piccola/media impresa italiana già la gran parte dei lavoratori si trova praticamente senza garanzie e senza diritti, con imprese che nascono e muoiono in brevi archi di tempo, spesso lasciando i dipendenti con mesi di salario non percepiti. Non si trattava quindi di colpire diritti del lavoro che ormai non esistono più, ma di cancellare il quadro delle relazioni industriali della piccola/media impresa, per attuare più agevolmente le delocalizzazioni, cioè la rapina coloniale del patrimonio di impianti e tecnologie, oltre che di immobili, che la piccola/media impresa italiana detiene.
Che il business delle delocalizzazioni nell'Europa dell'Est sia gestito proprio dalla cordata guidata dalla multinazionale Philip Morris, di cui Marchionne è "director", costituisce ovviamente una pura coincidenza. Quel propagandista ufficiale degli interessi delle multinazionali che è il senatore del PD Pietro "Inchino", ci aveva spiegato che i lavoratori di Pomigliano dovevano scegliere fra Marchionne e la camorra, ma non ci aveva detto che Marchionne e camorra erano la stessa cosa. Del resto i rapporti stabili ed organici della Philip Morris con le organizzazioni malavitose sono documentati, ed agli atti del Parlamento italiano, nella Relazione della Commissione Antimafia del marzo 2001.
http://www.publicintegrity.org/investigations/tobacco/assets/pdf/Antimafia%20Tobacco%20final%20report%20Mantovano%20March%2001.pdf
Il "paradiso" delle delocalizzazioni quindi è tale solo per la Philip Morris, dato che per i piccoli/medi imprenditori si tratta di trovarsi completamente legati mani e piedi al carro controllato da questa multinazionale del crimine organizzato.
Il ministro del Welfare (?) Sacconi si è trovato ovviamente scavalcato e delegittimato dal cosiddetto accordo di Mirafiori, dato che doveva presentare lui un DDL sulla questione. Dopo alcuni giorni di imbarazzato silenzio, Sacconi si è accodato al plauso di Berlusconi all'accordo, aggiungendosi anche lui alla claque entusiastica che accompagna Marchionne nelle sue gesta. Insomma, Sacconi si è adeguato in pieno al punto di vista delle multinazionali.
Ma Berlusconi è giustificato dal fatto di essere fuori di testa, mentre Sacconi ha dovuto fare sfacciatamente finta di ignorare che il Prodotto Interno Lordo in Italia non lo fa la FIAT, ma le imprese piccole e medie, che ora si trovano polverizzate nei loro rispettivi territori a dover affrontare pericoli ignoti. Chi governa sulle relazioni industriali, governa anche sul PIL, quindi sull'economia e, in definitiva, sul Paese. Il vero governo oggi in Italia è Marchionne, o meglio, la Philip Morris.
La Philip Morris già dominava su Roma, tramite il "sindaco" Gianni Alemanno, il quale, all'epoca in cui era stato ministro dell'Agricoltura, aveva svolto il ruolo di uomo di fiducia della multinazionale, al punto che la Coldiretti è stata vincolata, per pochi spiccioli, ad una serie di accordi-capestro con la stessa Philip Morris; accordi che sono diventati anche il pretesto per il governo per elargire favori alla multinazionale sul prezzo delle sigarette.
http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:jATDnkbdAhwJ:yesmoke.eu/it/blog/gianni-alemanno-coglione/+alemanno+philip+morris&cd=1&hl=it&ct=clnk&gl=it http://www.affaritaliani.it/roma/aurelio_regina_grande_tessitore_di_roma_personaggio250510.html
Dopo l'agricoltura italiana e dopo la Capitale, adesso l'ultimo regalo di natale per Philip Morris è stato il controllo sulla piccola/media impresa italiana. Il solito Pietro "Inchino" ci aveva anche raccontato che le multinazionali non vengono ad "investire" in Italia per colpa dei troppi diritti del lavoro. Invece le multinazionali come la Philip Morris si sono già insediate in Italia da parecchi anni, ovviamente non per "investire" (cosa che non fanno mai da nessuna parte), ma per rapinare.
Per dimostrare di avere ancora uno scopo nella vita, Sacconi è andato a prendersela con i genitori italiani, colpevoli secondo lui di voler far laureare i figli, invece di fargli imparare un mestiere. Anche Sacconi vorrebbe "liquidare il '68", come la Gelmini; ma in realtà l'Università semi-gratuita e di massa era già stata congedata silenziosamente venti anni fa, quindi questi sono i soliti slogan che dimostrano che l'intero governo ufficiale è diventato solo una sorta di sotto-ministero della Provocazione/Confusione, un'agenzia che ha l'esclusivo compito di produrre fumo mediatico, mentre il governo vero, quello delle multinazionali, pensa ad organizzare il business.
In silenzio invece è rimasto per lungo tempo il Partito Democratico, che aveva accondisceso al diktat di Marchionne a Pomigliano, a patto che non costituisse un "modello", ed invece l'accordo-Mirafiori ha superato di gran lunga il cosiddetto "modello". Il segretario del PD, Bersani, non è completamente ottenebrato come i Veltroni e i Fassino, e probabilmente si rende conto delle conseguenze che l'accordo di Mirafiori comporterà per le sue dilette piccole/medie imprese, se non altro perché glielo ha in parte spiegato il sociologo Luciano Gallino sulle colonne de "La Repubblica".
http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:bMkEmVXfz-0J:www.repubblica.it/economia/2010/12/24/news/commento_gallino-10558506/+luciano+gallino+accordo+mirafiori+marchionne&cd=1&hl=it&ct=clnk&gl=it
Bersani ha paventato un effetto a valanga e la prospettiva di una disarticolazione di tutto il sistema delle relazioni industriali in Italia, ma poi non ha trovato di meglio che invocare la solita "riforma". Una "riforma" per rispondere ad un colpo di Stato? Bah!
L'aspetto paradossale della vicenda è che oggi la FIOM si trova oggettivamente a svolgere un ruolo nazionale di difesa del sistema industriale italiano nel suo complesso contro la rapina coloniale; e ciò senza che la Confindustria, e neppure la Confapi, se ne dimostrino consapevoli, guidate come sono sempre e soltanto dall'odio di classe contro il lavoro. Sarebbe quindi ingenuo da parte di Cremaschi e della Camusso continuare a fare appello alla dignità, al senso di responsabilità nazionale, al rispetto della legalità da parte delle associazioni imprenditoriali, dato che quelli sono tutti concetti che il padronato non può neanche sapere dove stiano. La destra intende il concetto di "ordine" in senso del tutto pre-legale e addirittura pre-civile: "ordine" solo nel senso che i padroni devono fare i padroni ed i servi devono rimanere servi.