PER PRIVATIZZARE BISOGNA MISTIFICARE
Venerdì 11 dicembre il quotidiano berlusconiano “Il Giornale” ha pubblicato un articolo redazionale di denuncia sulla questione del signoraggio bancario, “rivelando” ai propri lettori ciò che da tempo circola su internet, e cioè che il potere sulla moneta è in mani private, che le banche centrali come la Federal Reserve statunitense, e la stessa Banca d’Italia, non sono banche pubbliche, ma private. Che il quotidiano di più provata fedeltà berlusconiana affrontasse un tema del genere, ha alimentato un mito diffuso negli ultimi mesi, cioè l’immagine di un Berlusconi in lotta con i poteri forti a livello internazionale, che ne avrebbero decretato la fine anche per la sua amicizia con Putin, da cui sarebbe sortito l’accordo per la costruzione del gasdotto “South Stream”, che rompe le scatole all’analogo progetto del gasdotto “Nabucco”, voluto dagli Stati Uniti.
Questa mitologia berlusconiana è però smentita dai dati e dalle date. L’accordo per il “South Stream” era già stato siglato dal governo Prodi con due firme nel 2006 e nel 2007, mentre il Cancelliere tedesco Angela Merkel ha firmato a sua volta con Putin un accordo per un gasdotto “North Stream”, senza che nessuno favoleggiasse di morbose amicizie fra i due. La realtà è che l’accordo con Putin l’ha voluto l’ENI, e che le multinazionali anglo-americane non hanno fatto nulla per sabotarlo, semmai meditano di mettere le mani sull’ENI, strappando la sua maggioranza azionaria allo Stato italiano.
La privatizzazione dell’ENI non può effettivamente essere operata da Berlusconi, ma non perché non ne avrebbe voglia, ma semplicemente perché non è all’altezza di battersi con il gruppo dirigente dell’ente petrolifero italiano, che vanta legami affaristici storici con le forze armate e i servizi segreti sia civili che militari. Il motivo per cui Gianfranco Fini è entrato nelle simpatie delle multinazionali, è che la sua provenienza missina pone anche lui al centro di una serie di relazioni storiche con forze armate e servizi segreti, e ciò gli conferisce la possibilità di convincere i suoi interlocutori che il cambio di proprietà all’ENI salvaguarderebbe i loro interessi affaristici.
Berlusconi ha appena privatizzato l’acqua in Italia, obbedendo ad una direttiva del Fondo Monetario Internazionale, la superbanca privata che dieci anni fa ha fissato ufficialmente questo obiettivo da realizzare su scala planetaria, come sta in effetti avvenendo. Il Fondo Monetario è a sua volta una emanazione della Federal Reserve, la stessa contro la quale il quotidiano di Feltri ha lanciato tardivamente i suoi strali. Se Berlusconi avesse davvero voluto ribellarsi ai poteri forti internazionali, avrebbe potuto cominciare da lì, rifiutandosi di attuare la privatizzazione dell’acqua, invece ha obbedito.
Il mito del Berlusconi “ribelle” si nutre di una serie di falsi sillogismi, del tipo: la sinistra è ormai diventata destra, quindi è la destra oggi la vera sinistra; oppure: se la stampa internazionale attacca Berlusconi, allora è segno che questi sta dando fastidio agli assetti di potere mondiale.
In realtà, il fatto che la sinistra sia diventata un’altra destra, non comporta affatto che la destra non sia più tale, anzi, questa ha potuto spingere la sua follia privatizzatrice sino a confini che sarebbero stati impensabili: con la sedicente “riforma” Gelmini, i patrimoni immobiliari delle Università, e di gran parte del Demanio dello Stato, passano semplicemente in mani private, senza neanche la finzione di una svendita, e si tratta spesso di beni culturali di valore inestimabile.
Inoltre, quando la stampa internazionale attacca Berlusconi, umilia indirettamente l’Italia, che, secondo la voce consolidata, gli darebbe il suo consenso in maggioranza. La vicenda dello pseudo-attentato a Berlusconi sembra proprio una gag a beneficio dei media internazionali per farci ridere dietro il mondo intero: un Presidente del Consiglio, già bersaglio di un treppiede nel 2004, viene ora colpito sul naso da una statuetta souvenir del Duomo di Milano, e, invece di essere portato via dagli addetti alla sicurezza, esibisce la sua faccia insanguinata davanti alle telecamere; per di più, il giorno dopo tutti gli esponenti politici, invece di chiedere le dimissioni del ministro degli Interni e dei dirigenti dei servizi segreti per la loro figuraccia, si avviano compunti in processione ad esprimere solidarietà a Berlusconi, come se fosse stato davvero vittima di un attentato. Il confronto con le foto di Mussolini, che esibiva un cerotto sul naso dopo l'attentato ad opera di Violet Gibson nel 1926, viene naturale; e il ridicolo di questa situazione viene fatto ricadere su un intero popolo, che un giorno verrà chiamato a risponderne come se ne fosse tutto responsabile.
Ciò vorrà dire che la caduta di Berlusconi sarà seguita da un periodo di sacrifici ed espiazioni per il popolo italiano, cioè altre privatizzazioni, e quindi altre tasse per poterle finanziare, dato che i costi delle privatizzazioni non le pagano mai i privati.
La sortita di Feltri sul signoraggio bancario rappresenta perciò l’ennesima cortina fumogena, che può attingere ad un secolo di mistificazioni della propaganda della destra sul ruolo dei poteri finanziari. Beninteso, il signoraggio bancario è una realtà, e la denuncia del fenomeno non è nata affatto nell’ambito della destra, bensì della socialdemocrazia austriaca, tra la fine del ‘800 e l’inizio del ‘900. Anche Lenin, nel suo “Imperialismo, fase suprema del capitalismo” riprese le tesi del socialdemocratico austriaco Hilferding sul potere finanziario e sul ruolo egemone delle banche.
L’appropriazione di questo tema da parte della propaganda di destra è dovuta all’azione di Henry Ford, l’industriale americano dell’automobile, che pubblicò dal 1919 in poi una serie di articoli antisemiti, in cui si sosteneva l’esistenza di una cospirazione internazionale, che vedeva uniti in un’azione comune sia il capitale finanziario che il bolscevismo, entrambi monopolizzati dagli Ebrei.
Gli articoli di Ford vennero raccolti in un libro, “L’Ebreo internazionale”, che divenne un best-seller mondiale, e che ebbe anche l’onore di una recensione favorevole da parte del “Times” di Londra. È noto che Hitler si ispirò a Ford, di cui aveva un ritratto affisso nel suo studio. Negli anni ’30 il poeta statunitense Ezra Pound - che si era stabilito in Italia, dove aveva aderito al fascismo - diventò il principale diffusore di queste tesi, sintetizzate con lo slogan della “usurocrazia”.
Alcuni hanno notato che la vicenda di Ezra Pound risulta adombrata nel romanzo “Madre Notte” di Kurt Vonnegut, in cui si narra di uno scrittore americano, Howard Campbell Junior, infiltratosi nel partito nazista per conto dei servizi segreti statunitensi. Il personaggio di Campbell appariva già nel romanzo più famoso di Vonnegut, “Mattatoio n. 5”, anche se non vi si faceva ancora cenno alla sua natura di agente segreto infiltrato.
Sia Ford che Pound miravano allo stesso scopo: creare l’immagine di un capitalismo finanziario “cattivo”, separata e contrapposta rispetto a quella di un capitalismo produttivo “buono”, e inoltre screditare il comunismo, presentandolo come complice della parte malsana del capitalismo. Queste accuse astratte consentivano di far perdere di vista il fatto che intanto Hitler aveva stretto accordi economici con tutte le principali multinazionali statunitensi - dalla GM alla Ford, dalla IBM alla Coca Cola -, nonostante che queste dipendessero finanziariamente dai vari Rothschild e Goldman Sachs. Pound sosteneva che Italia e Germania combattevano per la libertà di non indebitarsi, quindi la guerra nazifascista si presentava come una crociata per opporsi allo strapotere della finanza internazionale.
Le tesi di Ford e Pound, e la politica economica di Hitler, consentivano di inserirsi nel giro affaristico internazionale, avvolgendosi nel contempo di un alone anticapitalistico. Lo stesso termine “capitalismo”, nella sua inafferrabile genericità, consente di queste mistificazioni, facendo smarrire l’evidenza che l’affarismo privato rappresenta - allora come oggi - un continuum, che va dalle grandi finanziarie mondiali sino alle piccole-medie imprese organizzate, dalla Goldman Sachs alla Compagnia delle Opere, tutte unite per un unico obiettivo: le privatizzazioni. La Compagnia delle Opere rappresenta un esempio plateale di questo nesso tra interessi privati e propaganda anticapitalistica astratta e fumogena: proprio nel periodo in cui la Compagnia delle Opere nasceva e cominciava a mettere le mani sugli appalti e sui servizi pubblici delle Regioni del Centro-Nord, la sua organizzazione politica di riferimento, Comunione e Liberazione, pubblicava "Il Sabato", una rivista che esibiva toni antagonistici ed anticonformistici, tanto che in molti all'epoca erano convinti che CL costituisse davvero una formazione terzomondista ed antimperialista. L'antimperialismo di CL di ieri vale quanto quello attuale di Feltri, cioè nulla, e costituisce solo la pallida imitazione degli schemi propagandistici di Ford e Pound, e dei loro seguaci degli anni '20 e '30, come Hitler e Mussolini.
Sia Mussolini che Hitler dovettero fare un largo ricorso anche a forme di economia pubblica, per contrastare gli effetti della crisi economica, e ciò finì per avallare con l'apparenza dei fatti la mistificazione propagandistica di un nazifascismo alternativo sia al capitalismo che al comunismo. Ma fu proprio Mussolini a liquidare questo mito, con un commento che pronunciò nel periodo della Repubblica Sociale, in presenza dello storico fascista Bruno Spampanato. Mussolini constatava amaramente che, con tutto il denaro che lo Stato italiano aveva dilapidato per tenere in piedi l’artificio dell’industria privata, sarebbe stato possibile dotarsi di una vera economia pubblica. L’intervento dello Stato fascista non aveva mai prospettato un modello economico alternativo, e del resto lo stesso Mussolini aveva preso il potere nel 1922 all’insegna di un programma ultraliberista.
C’è da considerare che il signoraggio bancario attuale è molto diverso da quello descritto da Hilferding e deformato dai Ford e dai Pound, poiché, nel frattempo, è stata abbandonata la convertibilità aurea della moneta, e quindi oggi davvero gli Stati si indebitano con le banche per avere da loro denaro che esse hanno creato dal nulla. Il punto però è che non ha senso affermare che il sistema bancario opprima l’impresa cosiddetta “produttiva”, poiché, dietro l’uno e l’altra, appare il medesimo comune denominatore: il saccheggio del denaro pubblico. Se è vero che l'opinione pubblica ignora che lo Stato ha ceduto la sovranità monetaria a banche private, è anche vero che la stessa opinione pubblica viene tenuta all'oscuro del fatto che le privatizzazioni non le pagano le imprese private, ma il contribuente.
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