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SOCIALISMO PER RICCHI
Di comidad (del 02/01/2009 @ 00:21:41, in Documenti, linkato 1576 volte)
Il mito del libero mercato tende, come ogni mito, a trovare conferma proprio quando le smentite sono più clamorose. Il fatto che il governo degli Stati Uniti (come quelli degli altri paesi industrializzati) corra in soccorso di istituti finanziari di chiara marca delinquenziale - 700 miliardi di dollari per salvare banche e imprese varie -, viene giustificato con un altro mito, quello dell’interesse generale.
D’altro canto il disastro economico nel quale saranno gettati milioni di lavoratori, viene imputato proprio ad un eccesso di “libero mercato”, da qui la necessità di regolare, controllare e limitare questi eccessi di libertà.
La commedia scade nella farsa, quando i profeti del libero mercato insorgono: secondo il senatore Bunning l’intervento statale sarebbe “socialismo finanziario ed antiamericano”; l’economista Roubini ha definito Bush, Paulson* e Bernanke “una troika di bolscevichi che hanno trasformato gli Stati Uniti nella Repubblica degli Stati Socialisti Uniti d’America.” Questi signori mentono perché il “socialismo per i ricchi” non è certo una novità; il corporate welfare infatti è sempre esistito, non come degenerazione ma come pilastro del capitalismo.
Qualche tempo fa, sul giornale progressista inglese “the Guardian”, nell’articolo “Perché regaliamo soldi ai ricchi” di G. Monbiot, comparivano affermazioni più puntuali: “Negli Stati Uniti il libero mercato non c’è mai stato e non ci sarà mai”, “il libero mercato è un imbroglio” “gli Stati intervengono solo a difesa dei ricchi”, “i dirigenti delle industrie…intercettano i soldi che il governo ha estratto dalle tasche di persone molto più povere di loro. I contribuenti di tutti i paesi dovrebbero quindi chiedersi: ma perché diavolo dobbiamo finanziarli?”
Queste affermazioni erano supportate da dati che dimostrano come il vero welfare sia quello per le imprese: nel 2006 il governo federale ha speso 92 miliardi di dollari in sussidi alle imprese, come Boeing, Ibm, General Electric, ma soprattutto alle aziende agricole. L’ ATP (advanced technology program), invece di favorire le aziende più avanzate, ha rimpinguato le tasche delle aziende più arretrate e con prodotti già sperimentati (cioè già vecchi) come Ibm, Dow Chemical, Caterpillar, Ford, DuPont, General Motors, Chevron.
La catena di supermercati Wal-Mart ha percepito finanziamenti pubblici per almeno un miliardo di dollari. Oltre il 90% dei suoi centri di distribuzione sono stati sovvenzionati dalle amministrazioni locali. Sono loro che concedono gratuitamente i terreni alla Wal-Mart, pagano le strade, l’acqua e le fognature necessarie per rendere utilizzabili quei terreni, in più concedono all’azienda sgravi fiscali sui beni immobili e sussidi pensati in origine per le aree depresse.
I programmi del Pentagono sono un’altra fonte di finanziamento per le imprese. Il sistema di difesa dai missili balistici, con nessuna finalità strategica, è già costato 150 miliardi di dollari, ma i responsabili del Pentagono ne chiedono altri 62.
Non è chiaro se il capitalismo sia oggi in grado di fare a meno del mito del libero mercato, ma il fatto che una testata non certo rivoluzionaria come “the Guardian” lo metta apertamente in discussione, vuol dire che esso ha bisogno di un restyling. Questo mito ha rappresentato uno strumento di propaganda decisivo; intorno ad esso è stata costruita tutta una letteratura, un linguaggio ideologico fatto di “libero scambio”, “deregulation”, “leggi del mercato”, “apertura dei mercati”, “concorrenza selvaggia”, “liberismo”, “competizione”, tutto per spiegarci che il capitalismo non sarebbe altro che un’ “aristocrazia del merito”, e non quella che oggi appare con troppa evidenza, cioè “un’oligarchia del furto”.
Il mito del libero mercato è stato decisivo anche nel processo di penetrazione colonialistica: i paesi poveri hanno dovuto e devono “aprirsi al libero mercato” per farsi invadere da quelli ricchi che, al contrario, praticano il “sostegno all’occupazione”, cioè protezionismo e finanziamento pubblico delle proprie imprese. Un altro importante vantaggio del mito del libero mercato, è quello di aver sedotto anche i critici del capitalismo e persino molti rivoluzionari, convinti di dover combattere contro un sistema il cui torto sarebbe soprattutto quello di aderire cinicamente alle famose e spietate “leggi del libero mercato”; li si è spinti a lottare, in altri termini, non contro quello che il sistema di dominio è, ma contro ciò che dice di essere.

• Ricordiamo che il piano Paulson prevedeva inizialmente uno stanziamento per tutti i salvataggi economici che ammontava a 1800 miliardi di dollari e che lo stanziamento di 700 miliardi di dollari di aiuti è stato approvato dal Congresso; Bush ha deciso in questi giorni di concedere al settore auto “prestiti” per 17,4 mld di dollari. Il neo-presidente Obama prevede un piano di salvataggio che ammonterà ad altri 850 mld di dollari.