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LA MITOLOGIA FISCALE È ALLA BASE DELL’EGEMONIA IDEOLOGICA DELLA DESTRA
Di comidad (del 07/11/2024 @ 00:01:01, in Commentario 2024, linkato 63 volte)
La questione coerenza/incoerenza è un’esca dialettica piuttosto abusata, eppure quasi sempre riesce a far abboccare i pesci (o i polli) all’amo. Un ulteriore esempio lo si è avuto con lo spot governativo contro l’evasione fiscale, che ha suscitato i prevedibili commenti sarcastici sul governo Meloni che parla di lotta agli evasori mentre vanta il record dei condoni fiscali. Non si è notato così che lo spot contiene delle informazioni false. Anzitutto consolida il mito secondo il quale le principali imposte siano quelle sul reddito, dimenticandosi di quelle sui consumi ed in particolare delle accise sui carburanti. La seconda informazione falsa riguarda l’immagine dell’evasore fiscale, associata tout court alla figura del ricco privilegiato.
In realtà l’evasione fiscale è soprattutto una pratica del lavoro autonomo, quindi del ceto medio di professionisti, artigiani e bottegai. Tra gli “evasori fiscali” si possono annoverare anche i lavoratori in nero; e questo è un dettaglio che all’occorrenza viene sottolineato con maligno compiacimento da parte di esponenti della destra quando risulta utile per imbarazzare la sinistra. Le grandi imprese multinazionali invece non hanno bisogno di evadere il fisco, poiché possono permettersi di eluderlo. Avere la sede legale nel paradiso fiscale olandese non è neppure un’esclusiva dei grandi gruppi privati come Stellantis, Mediaset o Ferrero, ma è una scelta anche di imprese a partecipazione pubblica come ENI ed ENEL. In quanto maggiore azionista di ENEL e, tramite Cassa Depositi e Prestiti, anche di ENI, il Ministero Economia e Finanze elude il suo stesso fisco. Siamo alla barzelletta.
Ma c’è anche una terza falsità nello spot governativo, che infatti ripropone la solita narrazione in stile apologo reazionario di Menenio Agrippa sul corpo sociale in cui tutte le membra devono concorrere al “bene comune”; che poi, chissà perché, coincide sempre con quello dei ricchi. Questa concezione organica del corpo sociale, che ignora l’oppressione di classe dei ricchi contro i poveri, è diventata l’ideologia concessa in appalto alla cosiddetta “sinistra”. Ancora una volta è la destra a suggerire alla sinistra cosa deve pensare e professare, gonfiando il mito del fisco come strumento redistributivo a vantaggio dei poveri (la presunta “via fiscale al socialismo”); lasciando poi alla “sinistra” stessa l’incombenza di sciogliere inni di lode alle tasse e di propinare alle masse la fiaba secondo la quale i proventi fiscali si tradurrebbero in “servizi sociali”. Al contrario, la stessa Meloni si premura di farci sapere che la manovra finanziaria del governo si concentra sul destinare risorse pubbliche alle imprese, ovviamente alle “imprese che assumono”. Si tratta dell’ennesimo falso storico. Non c’è nessun nesso consequenziale tra sussidi governativi alle imprese e aumento dei posti di lavoro, semmai la storia e la cronaca dicono l’esatto contrario.

Magari il pensiero va agli Elkann che riscuotono denaro pubblico per distribuirsi dividendi mentre chiudono le fabbriche in Italia. Ma gli Elkann fanno parte di una tradizione familiare consolidata. Dal 1977, cioè dai governi di unità nazionale, la FIAT di Gianni Agnelli ha riscosso varie decine di migliaia di miliardi di lire in sussidi governativi, e si parla di finanziamenti extra rispetto ai soliti contributi per la cassa integrazione, che seguono altre vie di finanziamento. Si spende denaro pubblico per tenere in piedi la mistificazione del capitalismo privato. Ma questo è ancora niente rispetto all’orrida cronaca.
Grazie ai miliardi elargiti nel 1977 da un governo appoggiato anche dal Partito Comunista di Berlinguer, la FIAT nel 1980 fu messa nelle condizioni di forza per inasprire lo scontro di classe e imporre i licenziamenti. In un’intervista del “Manifesto” ad un dirigente FIOM si parlava praticamente di tutto il folklore e il fumo mediatico annessi alla narrativa su quella vertenza FIAT del 1980, senza farsi sfuggire quella pagliacciata definita dai media “Marcia dei Quarantamila”. L’unico dettaglio che ci si dimentica nell’intervista è quello concreto dei finanziamenti pubblici alla FIAT, usati per licenziare e non per assumere.
Ci sono definizioni suggestive del socialismo e del comunismo, ma intanto si potrebbe anche segnalare che sarebbe il caso di smettere di spendere denaro pubblico per mantenere in piedi la costosa mistificazione del capitalismo privato. La spremitura fiscale dei contribuenti poveri non è un dettaglio secondario nel funzionamento del cosiddetto “capitalismo”, ovvero del sistema di assistenzialismo per ricchi. L’elemosina dei poveri nei confronti dei ricchi viene occultata tramite la generica retorica antifiscale annessa alle fiabe del sedicente liberismo. Nel frattempo la pressione fiscale sui contribuenti poveri viene aumentata tramite l’inasprimento delle tasse sui carburanti: è ciò che hanno fatto Margaret Thatcher, Ronald Reagan ed ora anche il loro emulo Milei in Argentina.